FAROUQ AFTAB
Farouq Aftab, il 26enne pakistano residente a Vaprio d'Adda, in provincia di Milano, espulso dall'Italia con decreto firmato dal ministro dell'Interno Angelino Alfano, aveva un passato da giocatore di cricket e aveva vestito la maglia della nazionale italiana under 19 diventandone il capitano nel 2009. Lo confermano alcuni siti specializzati che registrano tutte le presenze dei singoli giocatori del cricket, uno sport molto popolare in Pakistan.
"Lo conoscevo molto bene, ha giocato da noi fin da quando è arrivato in Italia 13 anni fa e ha fatto tutto l'iter di un normale giocatore", ha spiegato Fabio Marabini, presidente del Kingsgrove Club di Milano, la società sportiva del giovane pakistano. "Era un bravissimo ragazzo, sempre pronto ad aiutare gli altri. Andava anche a fare volontariato con i disabili ed era ben inserito con i suoi compagni e in Italia - prosegue Marabini - se solo la metà delle cose che ho letto è vera, allora vuol dire che è una persona del tutto diversa da quella che conoscevo".
La svolta nella vita di Aftab è arrivata a maggio quando il 26enne ha comunicato alla moglie 22enne che da qualche mese aveva seppellito a forza sotto un burqa la decisione di partire per la jihad. Addio a Vaprio d'Adda, addio al posto da magazziniere al Decathlon di Basiano: il giuramento che aveva fatto a gennaio ad Al Baghdadi, da solo, in casa, come consentono i precetti di Dabiq (la rivista dell'Is e principale strumento di propaganda del Daesh) non doveva più restare lettera morta.
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Solo che il 26enne pakistano e aspirante terrorista non aveva trovato su internet i legami giusti. E, su impulso del procuratore aggiunto Riccardo Romanelli e del pm Piero Basilone (che avevano raccolto un anno di indagini del Ros milanese guidato dal colonnello Paolo Storoni), è arrivato ieri pomeriggio il decreto di espulsione firmato dal ministro dell'Interno Angelino Alfano: "Aveva manifestato l'intenzione di compiere attentati", ha spiegato il titolare del Viminale mentre Farouq era già in volo per Islamabad".
Un percorso di radicalizzazione sulle orme dell'albanese Bledar Ibrahimi, espulso lo scorso marzo, un'impennata costante dalle prime allarmanti frasi captate dagli investigatori lo scorso ottobre mentre il pakistano, passando in auto davanti all'aeroporto di Orio al Serio, commentava: "Qua è facile se uno vuole attaccare un aereo, c'è solo un filo di recinzione. Bisogna fare danni, stanno ammazzando i musulmani".
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Così era passato al tentativo di indottrinare la moglie: "Ti devo insegnare a guidare, così vai ad aiutare qualche mujaheddin ad ammazzare gli sciiti, oppure ammazzi qualche militare". Si era informato sugli esplosivi e sui metal detector: "Per costruire una bomba - dice un giorno davanti a un centro commerciale - puoi comprare qui cose semplici. E con la gomma la bomba esplode". A San Silvestro, davanti a un'enoteca di Vaprio, spiega alla moglie: "Qua possiamo mettere la bomba o sparare col kalashnikov. Devono aver paura". E due giorni prima di Pasqua, ai fedeli che uscivano dalla chiesa del paese, urla: "Miscredenti! Infedeli!".