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    LA LEGA SI PREPARA A SPEDIRE SALVINI AI GIARDINETTI – IL “CAPITONE” ESCE A PEZZI DAL DOPPIO FLOP REFERENDUM-AMMINISTRATIVE: IN 22 COMUNI SUI 26 PIÙ GRANDI IL CARROCCIO È FINITO DIETRO FRATELLI D’ITALIA. LA LEGA PRENDE SCHIAFFONI DALLA MELONI ANCHE NELLE ROCCAFORTI STORICHE AL NORD, E NEI COMUNI CON PIÙ DI 15MILA ABITANTI È COSTANTEMENTE SOTTO IL 10%, SOGLIA PSICOLOGICA PER L’ALA GOVERNISTA (GIORGETTI-ZAIA-FEDRIGA) PRONTA A SFIDUCIARE IL SEGRETARIO: “SE I SONDAGGI A SETTEMBRE CI DIRANNO CHE ANCHE A LIVELLO NAZIONALE SCENDEREMO PIÙ IN BASSO DI QUELLA QUOTA, BEH, QUALCOSA SI DOVRÀ FARE”


     
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    matteo salvini dopo il doppio flop referendum amministrative 3 matteo salvini dopo il doppio flop referendum amministrative 3

    Emanuele Lauria per “la Repubblica”

     

    Cadono una alla volta, le roccaforti storiche della Lega. E naufraga il progetto di espansione al Sud con un simbolo nuovo. Matteo Salvini, man mano che va avanti lo spoglio delle amministrative, si ritrova dentro un incubo.

     

    In 22 dei 26 Comuni più grandi finisce dietro Fratelli d'Italia. I sondaggi negativi si tramutano in dati veri. Sconfortanti. La leadership della coalizione è persa.

    FLOP DI SALVINI ALLE AMMINISTRATIVE 2022 BY ELLEKAPPA FLOP DI SALVINI ALLE AMMINISTRATIVE 2022 BY ELLEKAPPA

    Il Carroccio arranca dietro Giorgia Meloni a Genova come a Verona, persino a Monza e Como. A Lodi la lista di Salvini è avanti ma la Lega perde la sindaca uscente, Sara Casanova. Non va meglio in Piemonte.

     

    Alessandria è la patria del capogruppo alla Camera Riccardo Molinari: ma lì un altro primo cittadino uscente, Gianfranco Cuttica, è costretto al ballottaggio e la lista della Lega ha cinque punti di svantaggio rispetto a FdI. Il copione non cambia in Emilia, fra Parma e Piacenza, e neppure in Toscana, fra Lucca e Pistoia. A L'Aquila i meloniani sono tredici punti sopra i "cugini".

     

    GIORGIA MELONI GIORGIA MELONI

    La vera debacle è al Sud, dove debuttava il simbolo "Prima l'Italia", embrione di un progetto di aggregazione più ampia (con moderati e civiche) dal respiro nazionale. Il risultato è stato un tonfo: a Palermo "Prima l'Italia" fino all'ultimo rischia di restare sotto il cinque per cento e di non entrare dunque in consiglio comunale. A Catanzaro la Lega sotto mentite spoglie oscilla fra il 6 e il 7 per cento, a Taranto precipita sotto il tre per cento.

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    Nessuno, nella Lega, immaginava un exploit del partito in queste amministrative. Ma nessuno, d'altra parte, si attendeva un crollo di queste dimensioni. La Lega, salvo rare eccezioni, è costantemente sotto il 10 per cento nei Comuni con più di 15 mila abitanti, in cui si è votato con il sistema proporzionale.

     

    Il 10 per cento, si badi, è la soglia sotto la quale l'ala governista del partito è pronta a far scattare l'alert, a mettere in discussione il segretario. «Difficile accada qualcosa subito - dice un autorevole esponente di quest' area - ma se i sondaggi a settembre ci diranno che anche a livello nazionale scenderemo più in basso di quella quota, beh, qualcosa si dovrà fare». Il credito di fiducia di Salvini nei confronti dei big si sta esaurendo.

    GIORGIA MELONI GIORGIA MELONI

     

    Sempre più forti, nel silenzio ufficiale del movimento, i malumori per alcune scelte del senatore milanese ritenute sciagurate, dall'oscillazione su vaccini e Green pass della scorsa estate, fino al pasticcio del mancato viaggio a Mosca. In mezzo, un'avventura referendaria finita nel peggiore dei modi.

     

    Ora il leader è in una tenaglia: da un lato Giorgia Meloni che parla da maggiore azionista della coalizione e invita gli alleati a mollare Draghi. Dall'altro il pressing appunto della componente istituzionale - Giorgetti, Zaia, Fedriga - che non sono più disposti a sopportare azioni di indebolimento del governo.

    mario draghi giancarlo giorgetti mario draghi giancarlo giorgetti

     

    E in questa frangia del partito, ieri mattina, si era diffuso il sospetto che Salvini volesse staccare la spina all'esecutivo Draghi, con la convocazione di un consiglio federale con i requisiti dell'urgenza. Alla fine, assente Giorgetti («per motivi familiari di salute», ha detto Salvini) si è parlato di sconti su carburanti ed energia, di rottamazione delle cartelle esattoriali e di superamento della Fornero. Di un incontro da chiedere al premier e al ministro per l'Economia Daniele Franco.

     

    «Nessuno ha fatto una polemica, solo proposte», ha detto alla fine il segretario. Mentre sottotraccia gli altri facevano circolare lo smarrimento per un vertice convocato per parlar d'altro, prima ancora che si conoscesse l'esito (non lusinghiero per la Lega) delle amministrative.

     

    luca zaia matteo salvini massimiliano fedriga attilio fontana luca zaia matteo salvini massimiliano fedriga attilio fontana

    Salvini, intanto, non può che fare buon viso a cattivo gioco. Segnala che la Lega ha dieci sindaci in più dopo il primo turno, facendo evidentemente riferimento ai Comuni più piccoli. Deve accettare che Meloni si attribuisca il ruolo di «traino della coalizione» ma ribatte dicendo che «la Lega è il collante del centrodestra». E il segretario fa sapere che per lui la partita per Palazzo Chigi non è chiusa a favore dell'alleata-rivale: il leader del centrodestra, dice, lo decideranno gli italiani ma non ora, «alle prossime elezioni politiche». L'ultimo pallonetto alzato a difesa di un partito sempre più in crisi. L'ultimo sussulto malinconico di un lunedì nero.

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