Alessandro Barbera per “la Stampa”
MATTEO SALVINI E GIORGIA MELONI NEL 2014
La legge di bilancio per il 2023 varrà trenta miliardi, euro più, euro meno. Due terzi saranno finanziati in deficit, il problema era e resta come reperire il resto. I tradizionali tagli lineari di spesa varranno meno di un miliardo, il resto - almeno nelle intenzioni - dovrebbe arrivare da risparmi al reddito di cittadinanza e ai sussidi edilizi. Andare a fondo della prima voce si sta rivelando politicamente impraticabile. Ci sarà un rafforzamento dei controlli (affidati ai Comuni) e regole più stringenti: per perdere il reddito basterà il no alla prima offerta di lavoro.
Sugli sconti edilizi si può fare di più, ma il timore è di deprimere una misura che - per quanto iniqua - tiene vivo il settore. L'ormai famoso «superbonus» sulle ristrutturazioni edilizie scenderà dal 110 per cento al 90, ma resta da decidere come restringerlo alle abitazioni unifamiliari.
MATTEO SALVINI E GIORGIA MELONI NEL 2015 - FRONTE ANTI RENZI
Per capire l'aria che si respira nella maggioranza occorre incrociare la missione di ieri a Bruxelles di Giancarlo Giorgetti e le dichiarazioni a Roma. Mentre il primo rassicurava sulla disciplina di bilancio italiana, il suo leader Matteo Salvini batteva due chiodi non esattamente in linea con quell'impegno: l'allargamento della tassa piatta ai redditi da lavoro autonomo e la rottamazione delle cartelle esattoriali. Su entrambi i punti la maggioranza è divisa: Meloni è contraria alla prima, cauta sulla seconda.
PASCHAL DONOHOE - GIANCARLO GIORGETTI - PAOLO GENTILONI
La somma di queste due ipotesi, sommata alle misure per evitare l'entrata in vigore della legge Fornero, farebbero saltare i conti e metterebbero in difficoltà la premier ai tavoli europei. La pubblicazione della relazione della commissione indipendente sull'evasione ha rafforzato il partito del no alla nuova flat tax: i numeri dicono che invece di far emergere gettito, la soglia in vigore (65mila euro) ha alimentato l'evasione.
GIORGIA MELONI E MATTEO SALVINI NEL 2015 - MANIFESTAZIONE CONTRO RENZI
La questione è delicata per almeno tre ragioni: l'Italia ha chiesto una revisione del Recovery Plan, spinge per regole flessibili sul nuovo Patto di stabilità, deve ancora ratificare la riforma del Fondo salva-Stati. Alla riunione dell'Eurogruppo Giorgetti ha trovato disponibilità ma anche molta prudenza: sia i tedeschi che gli olandesi aspettano la Meloni al varco. Finché l'inflazione non scenderà il blocco dei nordici resterà contrario a nuove regole di bilancio troppo generose.
Domani il commissario all'Economia Paolo Gentiloni presenterà la sua proposta di riforma del Patto, e la reazione di Berlino avrà conseguenze immediate. Se la bozza della Finanziaria risultasse pericolosamente in deficit, la Meloni si potrebbe trovare nelle condizioni di Giuseppe Conte, tre anni fa umiliato e costretto dall'Europa a riscriverla o quasi.
PASCHAL DONOHOE - GIANCARLO GIORGETTI - PAOLO GENTILONI
Per trovare un accordo la maggioranza ha pochissimo tempo. «Presenteremo il testo in dieci giorni», spiegava ieri Salvini. Il primo Consiglio dei ministri utile dovrebbe essere subito dopo il rientro della Meloni dal vertice dei Venti in Indonesia, il 18 o il 21 novembre. Da quel momento per evitare l'esercizio provvisorio ci sarà un mese scarso, tenuto conto delle feste. L'iter inizierà alla Camera e dovrà fermarsi lì.
paolo gentiloni giancarlo giorgetti
«Non ci sarà tempo per farla discutere a Palazzo Madama, dovranno dire sì a scatola chiusa», ammette un esponente di Fratelli d'Italia sotto la garanzia dell'anonimato. A complicare le cose ci sarà il quarto decreto di aiuti, necessario a confermare gli sconti sull'energia per famiglie e imprese in scadenza a fine mese. E' quasi certa l'assorbimento del decreto in un maxiemendamento del governo.