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    LA LETTERA D'AMORE DI BUKOWSKI A CÉLINE: “SCRIVE DA DIO. MI HA FATTO VERGOGNARE DI QUANTO SONO SCARSO COME SCRITTORE. È UN MALEDETTO MAESTRO CHE MI SUSSURRA NELLA TESTA” - "CÉLINE ERA UN FILOSOFO CHE SAPEVA CHE LA FILOSOFIA ERA INUTILE; UNO SCOPATORE CHE SAPEVA CHE SCOPARE ERA UNA FARSA. QUEST'UOMO AVEVA LA TESTA PIENA DI FOLLIE DORATE. CAZZO, CAZZO" - EINAUDI RIPUBBLICA DUE CAPOLAVORI DI CÉLINE E IN CONTEMPORANEA ESCONO LE LETTERE DEL ROMANZIERE AMERICANO CHE LO CELEBRA…


     
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    Riccardo Torrescura per “la Verità”

     

    louis ferdinand celine 1 louis ferdinand celine 1

    In questi giorni è arrivata in libreria una nuova edizione di due capolavori di Louis-Ferdinand Céline, Pantomima per un' altra volta e Normance, riuniti in un unico volume da Einaudi con prefazione di Massimo Raffaeli. Si tratta di due straordinari testi autobiografici (alla maniera di Céline, ovviamente), usciti nel 1952 e nel 1954. Céline è da poco ritornato in Francia, dopo una sorta di esilio baltico e dopo essere stato amnistiato nel 1951.

     

    La Pantomima è il suo esordio per l' editore Gallimard, e rappresenta il rientro sulla scena del grande maledetto delle lettere francesi, il «povero Ferdinand» vituperato e sdegnato dal bel mondo letterario, recluso nella sua bicocca in compagnia dei gatti e del rancore. Dalle sue pagine stillano anche rabbia e autocommiserazione, ma la sua scrittura è jazz in purezza.

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    Inutile, tuttavia, perdere tempo a celebrare la prosa lampeggiante di Louis-Ferdinand. Soprattutto perché c' è qualcuno che lo ha fatto in maniera strepitosa, riuscendo - a tratti - a descrivere Céline con uno stile da Céline.

     

    bukowski bukowski

    Stiamo parlando di Charles Bukowski, di cui Guanda ha appena pubblicato un volume intitolato Sulla scrittura, traduzione dell' originale On writing a cura di Abel Debritto. Non lasciatevi ingannare dal titolo che lo fa apparire un manuale per aspiranti scrittori. Si tratta, in realtà, di una inedita selezione di lettere in cui, certo, Buk parla del suo approccio alla scrittura, alla poesia e alla composizione di romanzi. Dall' epistolario, però, emergono considerazioni di ogni genere, dettagli autobiografici, commenti sul mondo dell' editoria, valutazioni dei colleghi autori e - sparse qua e là - perle che potrebbero tranquillamente stare dentro Storie di ordinaria follia o altre raccolte altrettanto celebri.

    bukowski cover bukowski cover

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    Uno dei testi più emozionanti risale al 16 agosto del 1965: Charles Bukowski scrive a Henry Miller per parlargli di Céline. Difficile chiedere di meglio. «Bé, è il mio 45esimo compleanno», dice Buk, «e con questa misera scusa mi prendo la libertà di scriverti - sebbene immagini che tu riceva già abbastanza lettere da farti uscire pazzo.

     

    Persino io le ricevo, molte piuttosto vitali oserei dire elettriche. [...] Ho conosciuto quel tuo Doc Fink con le sue barzellette sugli ebrei, e anche quella sua sorta di credibilità di apertura. Ha portato la birra e sua moglie e io sono stato ad ascoltare e gli ho dato un collage o una cosa del genere che avevo fatto [...]. Comunque, mi ha dato una copia di Céline - come si chiama? - Viaggio al termine della notte. Sai, la maggior parte degli scrittori mi dà il voltastomaco. Le loro parole non toccano nemmeno la carta, migliaia di milioni di scrittori e le loro parole, le loro parole non toccano nemmeno la carta. Ma Céline. Mi ha fatto vergognare di quanto sia scarso io come scrittore, avevo voglia di gettare via tutto».

     

    charles bukowski charles bukowski

    Quella che inizia come una recensione, si trasforma in un lampo in una lettera d' amore. Secondo Bukowski, Céline è «un maledetto maestro che mi sussurra dentro la testa. Dio, ero come tornato bambino. Ascoltavo. Non c' è nulla tra Céline e Dostoevskij a meno che non sia Henry Miller».

     

    Sentite la descrizione: «Céline era un filosofo che sapeva che la filosofia era inutile; uno scopatore che sapeva che scopare era una farsa; Céline era un angelo che sputava negli occhi degli angeli e camminava lungo la strada. Céline sapeva tutto; voglio dire sapeva tutto quello che c' era da sapere se avevi solo due braccia, due piedi, un uccello, qualche anno da vivere o anche meno, o meno di tutte le cose elencate. Naturalmente, l' uccello ce l' aveva».

     

    bukowski bukowski

    A dire di Charles, Louis-Ferdinand scrive da Dio, meglio di «Jean Genet, che scrive molto, molto bene, che scrive troppo bene, che scrive così bene che ti fa addormentare». In un' altra lettera, risalente alla fine di agosto del 1965, Buk rincara la dose: «Quest' uomo aveva la testa piena di follie dorate. Cazzo, cazzo, mi fanno male le braccia, il torace! Domani vado a Del Mar in treno. Queste donne mi tengono appeso a una corda in queste 2 stanzette, e devo sentirmi libero per un po': cielo, strada, il culo di un cavallo, gli alberi morti, l' oceano, nuove gambe vagabonde».

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    Siamo a metà dei Sessanta, e la reputazione sulfurea di Céline è ovviamente nota, ma per Bukowski conta solo la letteratura, che in fondo è la cosa più importante. Niente politica, niente ideologia: solo la scrittura. Del resto, se dovessimo valutare gli autori con il metro del politicamente corretto, lo stesso Buk oggi non avrebbe cittadinanza. E lo sapeva già nel 1985, quando spiegava in una lettera dopo la censura di un suo libro in Olanda: «Le cose che temo vengano discriminate sono lo humour e la verità.

     

    Se scrivo male dei negri, degli omosessuali e delle donne è perché quelli che ho incontrato erano così. Siamo pieni di "cattivi"... cani cattivi, cattiva censura; ci sono persino maschi bianchi "cattivi". Solo che quando scrivi dei maschi bianchi "cattivi" nessuno si lamenta».

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