Caterina Maniaci per “Libero quotidiano”
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Insultata, nero su bianco, in un tema scritto in classe. E dopo le sue rimostranze, accusata per contro di «atteggiamenti persecutori» nei confronti dell' alunno dalla penna feroce. Neppure scuse decenti da parte dei genitori. No, non è possibile ingoiare anche questa provocazione. Così una maestra ha pensato di difendersi, e di difendere la propria dignità, rivolgendosi alla legge. Ora è arrivata la sentenza: i genitori del bambino sono stati condannati a pagare mille euro di risarcimento danni morali, più le spese legali.
La vicenda, l' ennesima in cui un insegnante viene preso di mira, e raccontata dal Gazzettino, si svolge a Conegliano, in provincia di Treviso, proprio nel cuore di quella zona straordinaria riconosciuta patrimonio Unesco, ovvero le colline del prosecco. In una scuola elementare, il 9 marzo 2017, la maestra detta il tema alla classe dal titolo "Lettera a un amico". Quando esamina i compiti per correggerli, rimane senza parole: uno dei suoi alunni ha preso a pretesto il tema per lasciarsi andare ad un vero e proprio sfogo contro l' insegnante.
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La definisce «sclerata», «fuori di testa», e racconta di essere stato preso in giro da lei, per via del suo peso. «Mentre stavo scendendo le scale, mi ha detto che era meglio che rotolassi». Episodio non confermato da alcuna testimonianza, così come le accuse di attacchi e derisioni proprio da parte della maestra. I genitori, chiamati a dare spiegazioni, non si sono resi disponibili ad un confronto con la scuola. Un solo, laconico biglietto, alla fine dell' anno scolastico, presentato dal ragazzino, un biglietto prestampato con la frase: «Mi scuso per quello che ho scritto nel tema».
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Non poteva bastare. L' insegnante è andata avanti, dopo aver segnalato il tema alla preside, si è rivolta ad un avvocato, ha sporto denuncia, e la cosa è finita davanti al Giudice di pace. La richiesta era di 5mila euro per la propria onorabilità lesa. A quel punto i genitori si sono difesi accusando a loro volta la maestra di aver innescato quella reazione spropositata del loro figliolo avendolo messo a disagio per via del suo sovrappeso.
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Ma la sentenza, emessa il 4 maggio scorso, pur non avendo accolto del tutto la richiesta pecuniaria, riconosce il danno arrecato all' insegnante e «la responsabilità dei genitori per la condotta offensiva e denigratoria del figlio minore», come si legge nel testo. Esultano anche i rappresentanti sindacali della categoria dei docenti - in Italia poco rispettata e sottopagata - come la Gilda degli insegnanti di Treviso.
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La sua coordinatrice, Michela Gallina, spiega che questa sentenza dovrebbe essere letta come «un segnale che spinga alcune famiglie a modificare gli atteggiamenti svalutativi». Il rammarico, sottolinea Gallina, «è che per ristabilire il rispetto dei ruoli e dell' autorità si sia dovuti ricorrere al giudice».
Maestri insultati, professori picchiati dai genitori e a volte dagli stessi studenti, impossibilitati persino ad esprimere, com' è loro dovere e diritto, un giudizio sui loro allievi: il quadro della professione più delicata e cruciale presenta sempre più ombre. E il periodo della cosiddetta Dad, didattica a distanza, imposta a causa dalla pandemia in corso, non sembra migliorare la situazione. Come il verificarsi di nuove forme di cyber-bullismo, sempre nei confronti dei docenti, che spesso si vedono aggrediti in diretta, per così dire, da intrusi nelle video lezioni, che appunto intervengono con la complicità degli alunni della classe collegata.
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Senza dimenticare i costi notevoli che questa didattica impone, a cominciare dall' uso di computer, tablet, smartphone, stampanti. Come se fosse scontato che ogni insegnante a casa propria ne sia ovviamente dotato.
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