#EmmaCoronel, esposa de #ElChao es el culto a la narco cultura en la pasarela de Milán Fashion Week mientras México padece violencia sin freno.
— Fernando Maldonado (@FerMaldonadoMX) September 23, 2024
No tienen madre. pic.twitter.com/FTSHsLkSlB
Estratto dell'articolo di Roberto Saviano per il "Corriere della Sera"
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L’ultima volta che ho incontrato Emma Coronel, la moglie del più grande narcotrafficante messicano, Joaquin «El Chapo» Guzmán, è stata al Tribunale di Brooklyn, a New York, nel 2019. Mi trovavo lì per seguire il processo al Chapo, estradato negli Stati Uniti dopo il suo ultimo arresto in Messico, e accadde una cosa davvero bizzarra.
Il giudice fece leggere in aula alcuni messaggi scambiati tra Guzman e una donna, Agustina Cabanillas Acosta detta «La Fiera», che era definita dal boss in quegli scambi come la donna più importante della sua vita. Alla Fiera, El Chapo aveva finanziato l’apertura di una clinica estetica in Messico.
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I narcos investono molto in chirurgia estetica: permettere alle donne di rifarsi seni, glutei e zigomi ad un prezzo basso ma con un risultato di buona qualità genera un consenso in grado di assicurare una riconoscenza eterna.
Ma al di là delle questioni legate alla bellezza, quel giorno in tribunale si lessero messaggi del Chapo che diceva a quella donna: «Te quiero mucho mi gatita!» (ti amo tanto gattina mia). E lei rispondeva: «Te quiero mas yo, Joaquin» (io ti amo di più Joaquin). Ebbene, ad ascoltare tutto questo in aula c’era anche lei, Emma Coronel.
Non fece alcuna smorfia, impassibile continuò a seguire l’udienza. I cronisti americani provarono a farle delle domande fuori dal tribunale, ma lei non rispose, entrò in un’auto nera e si dileguò. Rimase inevasa la richiesta di ricevere anche un solo commento su questo amore tra suo marito e la Fiera.
Tutti si erano convinti che, dopo questo episodio, non avremmo mai più rivisto Emma in aula. E invece, l’udienza successiva la vedemmo arrivare: indossava un tailleur aderente bordeaux, camicia di seta bordeaux, smalto e ombretto in tinta.
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Non si era mai vestita in maniera così appariscente per seguire il marito in tribunale, non capivamo il perché di quella scelta, ma appena entrò il Chapo tutto ci fu chiaro: il boss si presentò con un completo bordeaux. Emma e il Chapo erano vestiti del medesimo colore: il colore dell’amore, il colore del sangue. Il messaggio era: nessuno riuscirà a dividerci.
[...] Quando Emma aveva 17 anni, El Chapo stava trascorrendo la sua latitanza proprio tra le montagne di Durango. Il loro primo incontro è descritto da Emma stessa in un’intervista rilasciata a Telemundo: «Lui stava ballando con un’altra ragazza e io stavo ballando con il mio ragazzo, e ci incontrammo al centro della pista. Mi sorrise in modo provocante.
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Dopo un po’ arrivò una persona e mi disse che quell’uomo voleva ballare con me e io accettai. Appena lo vidi mi ispirò molta fiducia». Chapo sposa Emma non appena compie 18 anni, trentadue meno di lui. È il suo terzo matrimonio e ha già avuto otto figli. Da lei ne avrà altre due, gemelle.
In bianco come le nozze Quando Emma ha sfilato a palazzo Serbelloni durante la Milano Fashion Week domenica scorsa, il vestito da sposa che ha indossato era una citazione, la citazione dell’abito più celebre mai sfoggiato per un narco matrimonio. Il famoso vestito bianco da principessa che Emma indossò il 2 luglio del 2007 a La Angostura per le sue nozze con il boss di Sinaloa.
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Emma in tutti questi anni è stata sempre accanto a suo marito. Emma c’era quando El Chapo inondava di droga gli Stati Uniti; Emma c’era quando il giornalista Javier Valdez Cardenas venne ucciso in pieno giorno a Culiacan nel 2017 per i suoi reportage contro il cartello di Sinaloa; Emma c’era quando El Chapo, latitante, fu arrestato in un residence a Mazatlan nel 2014; Emma c’era quando Chapo evase di prigione calandosi nella doccia della sua cella e percorrendo su una motocicletta modificata un tunnel sotterraneo di 1,5 chilometri scavato sotto il carcere.
Emma ha scontato tre anni di reclusione negli Stati Uniti per complicità con gli affari di suo marito. Una pena lieve rispetto alle attività illecite del cartello di Sinaloa e agli omicidi che il boss ha ordinato. Ma il Chapo ha saputo tenere Emma lontana dalla filiera del crimine, questo almeno formalmente. Sono persuaso che lei conosca profondamente le attività del cartello di Sinaloa. [...]
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La frase della stilista Emma Coronel non si è mai pentita, non ha preso le distanze dal Chapo, non ha mai impegnato se stessa nel criticare il potere del narcotraffico e cercare una nuova strada. Ha sfilato, quindi, ufficialmente come moglie di un narcotrafficante. Come è possibile una cosa del genere?
In un Paese dove, con furba superficialità, si accusano serie tv, libri e rapper di ispirare comportamenti criminali solo perché raccontano il crimine, tutti tacciono su questo evento. C’è una frase che mi ha fatto riflettere e l’ha pronunciata April Black Diamond, la stilista di base a Los Angeles che ha invitato a sfilare Emma Coronel: «Ognuno ha diritto a una seconda possibilità».
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Seconda possibilità? Emma non si è pentita, Emma non ha preso le distanze dal cartello di Sinaloa, Emma non ha denunciato i figli del Chapo né quello che sapeva, quindi quale sarebbe la seconda possibilità? [...]
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