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    LA MONTAGNA UCCIDE ANCHE D'ESTATE - IERI ALTRI TRE MORTI E SIAMO A PIU’ DI 30 - TRA LE VITTIME CI SONO ALPINISTI PREPARATI E BEN EQUIPAGGIATI, MA ANCHE INCOSCIENTI CHE SI AVVENTURANO SUL GHIACCIAIO IN INFRADITO, VALICANO I CANCELLI, PORTANO I BAMBINI A CASO NELLA NEVE


     
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    Filippo Facci per “Libero Quotidiano

     

    ALPINISTI ALPINISTI

    All' apparenza è una strage. Sulle Alpi ci vanno gli alpinisti ma - anche - i deficienti e i pazzi, dunque generalizzare è impossibile: questo andrebbe a detrimento dei bravi e dei preparati che pure calcolano ogni rischio (e tuttavia muoiono lo stesso, talvolta) mentre eleverebbe al grado di alpinisti anche gli sconsiderati che nessun monito potrebbe fermare, nessuna campagna informativa potrebbe persuadere: la vita è loro e la deficienza pure, inutile accanirsi.

     

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    Poi, a far casino, ci sono stati i tre base-jumper italiani morti in una settimana (gente che sale le cime, si butta con una tuta alare e poi apre un paracadute) che ha fatto chiedere se il base-jumping fosse improvvisamente divenuto uno sport popolarissimo o se i base-jumper fossero giusto tre, e ora riposino in pace grazie al volo definitivo. Insomma, un po' di confusione è lecita, ed sufficiente a far chiedere a qualcuno: tutto bene, lassù? Ma che vi mettono nei grappini?

     

    alpinisti acrobazie estreme 8 alpinisti acrobazie estreme 8

    All' apparenza, anche in questi giorni, è una strage. Ieri altri tre morti in montagna. Già a metà agosto, sulle Alpi, erano già morti più di trenta alpinisti. I tre di ieri sono precipitati sul gruppo del Rosa dopo che il giorno prima ne erano precipitati altri tre, sempre sul Rosa.

    Qualcuno è caduto per quattrocento metri dal Polluce (4.092 metri) e altri per ottocento dal Castore, forse per il cedimento di una balconcino di neve (cornice) dal quale guardavano il panorama.

     

    Da quanto capito, erano tutti capaci e attrezzati e legati in cordata: se l' è cavata solo uno che era stato male e aveva chiamato l' elicottero da Zermatt, in Svizzera, lasciando soli i due compagni che poi sono morti. A memoria, poi, ricordiamo due inglesi sciammannati sul Cervino, una coppia tedesca, una guida alpina morta sul Monte Bianco (durante una bellissima giornata in cui c' era anche lo scrivente) e un altro sul Gran Combin in Svizzera.

     

    SOCCORSO ALPINO SOCCORSO ALPINO

    Poi un distillatore torinese caduto in un crepaccio sul Rosa, tre ancora sul Bianco per il crollo di alcuni seracchi (sono delle torri o pinnacoli di ghiaccio che si formano tra i ghiacciai) e poi un francese ucciso da una scarica di sassi sul Monviso. Senza contare i numerosi quasi-morti e gli incidenti sfiorati di cui non veniamo a sapere nulla.

     

    Sentite questa: il 22 agosto scorso, sotto la Capanna Carrel del Cervino, una cordata di alpinisti ha incontrato un 67enne che aveva incredibilmente trascorso la notte in parete (a 3800 metri di quota) perché il suo compagno l' aveva lasciato lì; il suo amico, cioè, era salito poco sopra alla Capanna e non aveva detto niente a nessuno, tantomeno alle guide presenti al rifugio: pensava che l' amico in qualche modo se la sarebbe cavata. Alla faccia della cordata. È rimasto vivo - portato giù in elicottero - solo perché aveva di che coprirsi e perché il tempo è rimasto stabile.

     

    SOCCORSO ALPINO 2 SOCCORSO ALPINO 2

    Ecco, non è che in montagna sia esplosa un' epidemia di deficienza: è tutto ordinario e terribilmente normale, con la differenza che siamo molto più informati di prima. Sicuramente la deficienza ha sempre nuovi strumenti per spiccare: i bollettini meteo, per esempio, rispetto a un tempo sono divenuti molto più affidabili, perlomeno entro le 24-48 ore: non guardarli significa non avere alibi. Molti, poi, hanno scambiato il soccorso alpino per un taxi volante che ti venga a prendere quando sei stanco o ti fa male la caviglietta, motivo per cui le Regioni si stanno decidendo a far pagare (salati) i soccorsi non strettamente necessari: un po' come il codice bianco al pronto soccorso.

     

    RIFUGIO TORINO MONTE BIANCO RIFUGIO TORINO MONTE BIANCO

    Va messo in conto che a un coefficiente fisiologico di deficienti si costruiscono spesso dei ponti d' oro: la fiammante e ipermoderna Skyway del Monte Bianco - che porta a 3500 metri frotte di turisti che spesso fanno ore di fila - ha prodotto anche un disperante fenomeno di autentici incoscienti che si avventurano sul ghiacciaio del Gigante in infradito, valicano i cancelli, portano i bambini a caso nella neve: non sapendo, colpevolmente, che la morte in un improvviso crepaccio è tra le più orribili e terribilmente frequenti.

     

    L' altro giorno una guida alpina valdostana di Sarre, Gianluca Ippolito, ha filmato una famigliola che saltava un pericoloso crepaccio in jeans e scarponcini: ma pare che i candidati suicidi, quel giorno, fossero almeno una cinquantina. Tutta gente che di cartelli e avvertimenti se ne frega e basta: il personale della funivia li avverte mentre salgono, glielo ripete alla stazione intermedia e ancora una volta all' arrivo. Non serve.

    filippo facci monte bianco filippo facci monte bianco

     

    Anche tra i cosiddetti alpinisti, magari equipaggiati come per una spedizione sul McKinley, i geni non mancano: una decina di giorni fa il mitico rifugio Torino (Monte Bianco) è andato ai pazzi perché ha dovuto assistere feriti, dispersi e ritardatari che si erano avventurati senza consapevolezza, preparazione, capacità o allenamento: per poi magari pretendere che la funivia funzionasse anche oltre l' orario di chiusura. Gente che scambia la montagna per un parco giochi, per una palestra a cielo aperto, che scambia i rifugi per hotel stellati o per centri di pronto soccorso. Ah, una volta era diverso. O, forse, era diversamente uguale.

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