Federico Capurso per ''La Stampa''
Rientrati dalle ferie agostane, al primo giorno di lavoro in Aula, i parlamentari del Movimento 5 stelle riescono a gettare sul governo l' ombra di una crisi. Nemmeno il tempo di togliere la polvere dagli scranni e piomba sul decreto Emergenza un emendamento che mette in agitazione l' intero esecutivo. È sottoscritto da 50 deputati M5S, a prima firma Federica Dieni, e intende cancellare una norma approvata solo due mesi fa, inserita nel decreto di fine luglio, che modifica i termini per prorogare le nomine dei servizi segreti italiani.
giuseppe conte gennaro vecchione
Una modifica voluta fortemente da Giuseppe Conte, che così si trova d' un tratto sotto il fuoco di fila della sua stessa maggioranza. Il colpo di risposta viene sferrato dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D' Incà, sempre di casa Cinque stelle, che dopo alcuni tentativi di mediazione andati a vuoto si trova costretto a porre la questione di fiducia.
Si mette dunque una toppa sull' emendamento, ma per molti dei firmatari quella fiducia si trasforma in un insopportabile bavaglio. Dieni, prima della sospensione dei lavori, prende la parola in Aula: «La normativa che riguarda i Servizi, quindi la sicurezza nazionale, non riguarda alcuni o pochi, ma tutti - attacca -. Sono profondamente contrariata dal voto di fiducia e voglio che resti agli atti».
Angelo Tofalo, sottosegretario alla Difesa del M5S
Al termine del primo round, si formano in Transatlantico decine di capannelli di deputati. Si cerca un colpevole per la fiducia imposta sul decreto. Viene indicato il viceministro Stefano Buffagni, che si era speso nei giorni precedenti per far ritirare l' emendamento, giudicato una mossa suicida. Alcuni firmatari vorrebbero chiedere le sue dimissioni, poi però ci ripensano e cercano una strategia con cui affrontare il voto di oggi. In tanti annunciano nelle chat la loro assenza, altri si asterranno, ma c' è anche chi non se la sente e voterà comunque la fiducia. Alla fine, rischi non ce ne dovrebbero essere.
Sospetti pesanti anche dall' altro fronte, quello dei "contiani" M5S. Ricadono sempre sul "rivale" di sempre del premier, Luigi Di Maio, impegnato in quel momento in una serie di incontri in Libia.
Lui, da Tripoli, smentisce: «Non è mia la paternità dell' emendamento. È assolutamente falso. Nessuno provi a tirarmi dentro giochini di palazzo». Nei corridoi le voci continuano però a correre e indicano, tra i responsabili, due fedelissimi del ministro degli Esteri: Angelo Tofalo e Carlo Sibilia. «Una fesseria che siano coinvolti loro e Di Maio», ribatte il deputato Cosimo Adelizzi, dimaiano di ferro.
MARIO PARENTE AISI
Nel frattempo, il gruppo dei cinquanta inizia a squagliarsi.
Una decina di deputati ritira la propria firma. Tra di loro Sergio Battelli, Daniele Del Grosso, Francesco Silvestri: «Un equivoco», dicono. E così la regia dell' operazione prende improvvisamente dei contorni sgangherati. Tanto che un big del M5S, da sempre nemico del ministro degli Esteri, a fine serata ammette: «Una cosa organizzata così male, anche se giusta nel merito, non può essere opera di Di Maio».
2. ''SONO DELUSA, INACCETTABILE PROCEDERE COSÌ. IL VOTO SUL GOVERNO? VALUTERÒ SUL DA FARSI''
Giuseppe Alberto Falci per il ''Corriere della Sera''
È delusa Federica Dieni, deputata del M5S alla seconda legislatura, membro del Copasir e prima firmataria di un emendamento che ha provocato un terremoto nella maggioranza e che si prefiggeva di cancellare la norma del decreto «emergenza proroga Covid», laddove questa prevedeva il rinnovo dei vertici dei servizi segreti. Quando nel tardo pomeriggio prova a tirare le somme è ancora scossa. Da pochi minuti si è conclusa la seduta parlamentare.
Federica Dieni
E forse la sua giornata più lunga da quando ha varcato l' ingresso di Montecitorio. Di certo, non si aspettava che quell' emendamento che proponeva di sopprimere «il comma 6 dell' articolo 1 del decreto emergenza» avrebbe provocato un putiferio. E soprattutto avrebbe innescato un pressing forsennato nei suoi confronti. «Perché non lo ritiri?», le ripetono per ore.
Le scrivono e telefonano tutti, da Federico D' Incà a Vito Crimi. Le chat del Movimento ribollono ma lei non demorde. «Vado avanti fino in fondo», dice al mattino a chi la sente. Così si arriva al primo pomeriggio: il ministro per i Rapporti con il Parlamento pone la questione di fiducia e lei si alza e replica all' esecutivo. Poche parole ma intense.
SERGIO BATTELLI
«Guardi, non sono affatto contenta di questa fiducia», è l' incipit del breve colloquio con il Corriere .
Onorevole Dieni, è ancora delusa?
«La delusione è tanta perché quella norma riguarda tutti. E non è certo accettabile che si proceda in questa modo».
Dall' esterno è parso che lei volesse colpire il governo e in particolare il premier Conte.
«Come ho detto in aula, l' emendamento firmato da cinquanta deputati del M5S non va contro il governo né contro il presidente del Consiglio Giuseppe Conte cui confermo la mia fiducia».
E allora qual era l' obiettivo?
«L' obiettivo era di modificare una normativa che deve essere affrontata in sede parlamentare».
E invece?
«E invece se si mette un blocco agli emendamenti non è una situazione bella. Non si risolvono le cose così. Le cose si decidono nelle Camere: sarebbe stato più utile che su quell' emendamento il governo si rimettesse all' Aula».
Dica la verità: hanno cercato di farle ritirare l' emendamento?
GIUSEPPE CONTE LUIGI DI MAIO
«Di certo hanno provveduto a chiamare ogni singolo firmatario chiedendo loro di ritirare la firma. Nel frattempo, però, le firme stavano crescendo».
Lei come si comporterà: voterà la fiducia al governo sul decreto emergenza?
«Ci sto ragionando. Domani (oggi per chi legge ndr.) valuterò il da farsi».
La sua delusione può essere prodromica a una sua fuoriuscita dai Cinquestelle?
«Perché dovrei andarmene?».