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    LA NEO-LINGUA CHE SI PARLA A MOSCA - IN RUSSIA È VIETATO CHIAMARE LA GUERRA "GUERRA": È UNA "OPERAZIONE MILITARE SPECIALE", E IL GIORNALE CHE USA LA PAROLA "GUERRA", "INVASIONE" O "AGGRESSIONE" RISCHIA LA CHIUSURA - ANNA ZAFESOVA: “PUTIN RACCONTÒ IL MODUS OPERANDI DELLE STRADE DI LENINGRADO NELLE QUALI SI ERA FORMATO: "SE LA RISSA È INEVITABILE PICCHIA PER PRIMO". NON STAVA SOLTANTO CONDIVIDENDO UN RICORDO D'INFANZIA, STAVA ESPONENDO IL SUO CREDO POLITICO…”


     
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    Anna Zafesova per "la Stampa"

     

    putin kgb putin kgb

    In Russia è vietato chiamare la guerra "guerra": è una "operazione militare speciale", e il giornale che usa la parola "guerra", "invasione" o "aggressione" rischia la chiusura. In un totalitarismo la guerra è pace, insegnava Orwell, ma è soprattutto una condizione naturale e permanente. Quando Vladimir Putin ordina ai suoi generali di alzare l'allerta delle forze nucleari, non si rende conto che quello è un passo che lo allontana definitivamente dal resto del mondo, almeno quello non governato dai dittatori, e di quanto la minaccia dell'apocalisse finale gli toglie il sostegno anche di chi era pronto ad ascoltare le sue ragioni.

     

    vladimir putin agente del kgb vladimir putin agente del kgb

    Il forte minaccia, il debole negozia: quando, anni fa, il presidente russo raccontò il modus operandi delle strade di Leningrado nelle quali si era formato - "se la rissa è inevitabile picchia per primo" - non stava soltanto condividendo un ricordo d'infanzia, stava esponendo il suo credo politico. Erano anni, decenni, che il Cremlino promuoveva il militarismo. Le immagini di Putin che pilotava un caccia, guidava un sottomarino e lanciava missili di vario calibro dovevano promuovere la sua popolarità di uomo forte, e di una nazione invincibile.

     

    Negli anni, l'esaltazione della vittoria nella Seconda guerra mondiale era diventata una religione di Stato, e mentre gli ipermercati vendevano uniformi militari per bambini, sui lunotti delle auto venivano appiccicati adesivi come "In marcia su Berlino" oppure "Possiamo rifarlo". Sembravano sfoghi aggressivo-impotenti di una nazione ferita, ansiosa di recuperare l'unico momento della propria storia recente che l'eroismo e il sacrificio di decine di milioni di persone avevano reso indiscutibile. E intoccabile: il rapper Morgenshtern ha dovuto chiedere scusa solo per essersi lamentato in un'intervista delle spese folli per le sfilate militari in piazza Rossa nel giorno della Vittoria il 9 maggio.

     

    il rapporto del kgb su vladimir putin il rapporto del kgb su vladimir putin

    La guerra è diventata la cosa migliore che può accadere, a una nazione e a un cittadino, la misura della potenza e la dimostrazione ultima di stare dalla parte della ragione. Non è casuale che il Cremlino abbia messo a capo della sua delegazione di negoziatori con l'Ucraina non un diplomatico o un militare, ma l'ex ministro della Cultura Vladimir Medinsky, un conservatore che aveva scritto libri e prodotto film propagandistici sulla guerra, pieni di falsi storici: «Non abbiamo bisogno di storia, abbiamo bisogno di leggende sacre», spiegò.

     

    Vladimir Putin da giovane alle prese con l'amica Elena Vladimir Putin da giovane alle prese con l'amica Elena

    È evidente che Mosca si aspetta dal negoziato con Kiev non soltanto una impossibile resa militare, ma una bandiera bianca ideologica: tra le condizioni per non venire più bombardati ci sarà il riconoscimento della versione russa della storia. Putin, nato nel 1952 da un padre che aveva combattuto al fronte, ha assorbito la versione sovietica della memoria della Seconda guerra mondiale, quella "Grande guerra patriottica" che veniva raccontata nei film come guerra dei russi contro i tedeschi, vinta da Stalin. Ora la sua invidia da ragazzo per non averla combattuta si trasforma nel desiderio di concluderla, non fermandosi a Berlino.

     

    putin giovane hipster putin giovane hipster

    Ma le bombe che sgancia all'alba, senza avvertimento, sulle città ucraine ancora addormentate, ricorda agli ex sovietici, russi e ucraini, il 22 giugno 1941, quando furono i nazisti a bombardare Stalin all'alba dell'invasione. E paradossalmente è Volodymir Zelensky, contrastando l'immagine del presidente russo distanziato di metri dai suoi ministri con i suoi selfie da Kiev, dove rimane insieme al suo popolo, a intercettare con molto più successo la mitologia antifascista della resistenza all'invasore brutale, unificando la nazione intorno a una guerra giusta.

    putin giovane padre putin giovane padre

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