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Da www.sky.it
Viktor Polyakov batte Giovanni De Carolis al Foro Italico e fa suo il titolo internazionale Wba dei pesi supermedi. E' stato un match molto complicato per il pugile romano, costretto ad arrendersi 35enne ucraino dopo le 12 riprese e con un verdetto unanime degli arbitri.
L’ucraino ha portato avanti i primi tre minuti senza rischi e senza incassare duri colpi. Nel secondo round, invece, Polyakov ha aumentato il ritmo e mandato per due volte De Carolis alle corde. Terza ripresa più equilibrata, mentre nella quarta due montanti dell'ucraino hanno messo a dura prova l'italiano. Da qui la supremazia netta di Polyakov e la difficoltà di De Carolis di liberarsi dalla sua pressione.
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Stesso tema tra la settima e l’ottava. Alla nona ripresa Polyakov ha fatto infuriare il pubblico per due colpi con l’interno del guantone che comportano il richiamo ufficiale da parte dell’arbitro. Nei successivi nove minuti la stanchezza ha fatto la differenza e nell’undicesima ripresa il romano ha incassato un pesante montante destro che di fatto ha chiuso l'incontro. L'ultimo round è stato una sorta di formalità e consegnato il titolo, meritato, a Polyakov.
2. LA BOXE NON ANDRA’ AL TAPPETO
Antonio Dipollina per il Venerdì – la Repubblica
polyakov de carolis foro italico
Succederà lunedì sera, verso le 23: in tv un bel match di boxe, in diretta, in chiaro, con un grande pugile italiano ovvero colui che l’anno scorso, dopo anni di boxe negletta da noi, è
stato campione del mondo dei supermedi. Si chiama Giovanni De Carolis, ha 33
anni, ma questa storia va parecchio oltre. Diciamo che da lunedì in avanti si decide se il vecchio caro pugilato potrà iniziare a riprendere, da noi, la scalata al cielo. Per provarci, si sono mobilitati in parecchi. E vediamo come. Bisogna solo decidere a che punto è la
boxe, oggi.
Se è quella della clamorosa sera di fine aprile a Wembley con Joshua-Klitschko e il primo che detronizza il secondo davanti a 80 mila spettatori (cosa vedessero quelli lassù in alto non si sa, ma evidentemente non era quello l’importante). Sembrò davvero la rinascita di tutto quanto su scala planetaria. Oppure se è quella in arrivo a fine agosto a Las Vegas con il crazy-match tra due altrettanto pazzi furiosi come Floyd Mayweather e Conor McGregor: e il secondo non è un pugile puro ma il campione della Mma, ovvero il misto di arti marziali.
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Circus vero e proprio, insomma. E così Giovanni De Carolis cerca una via di mezzo, lunedì a Roma nel Centrale del Foro Italico: il match con Viktor Polyakov (russo, definito: roccioso) ha rilevanza relativa per gli annali sportivi, siamo alla dizione “titolo internazionale” per l’associazione Wba. Ma il grande passo per l’umanità che fa a pugni, sta nel progetto. Primo, è il passo d’inizio per correre alla riconquista di quel titolo mondiale che, nei Supermedi, aveva conquistato e poi perduto a stretto giro nel 2016. Secondo, stavolta si gioca forte all’operazione che stia al passo coi tempi.
caressa leotta
Ovvero grande organizzazione, show televisivo annesso, un minimo di glamour, luci sparate sul ring a illuminare ogni minimo dettaglio, replay da spettacolo. Insomma pubblico venite a noi (in chiaro su Tv8, dalle 22.50, e su Sky Sport, canali 106 e 202) non ve ne pentirete. «Il problema è nella memoria televisiva di questo sport, che rimanda a palazzetti bui, due luci spot e passione attorno quasi a zero». Chi lo dice è Fabio Caressa. Telecronista maximo di calcio, siccome qui si gioca in grande hanno chiamato lui. Che nelle ultime settimane si è chiuso davanti al computer, ha fatto passare i match precedenti di De Carolis – ma anche cose di Pacquiao e Mayweather – e si è allenato diligentemente.
Appassionato vero? Di più, spiega: i primi ricordi sono certi sabato sera da bambino negli anni Settanta-Ottanta, sul tardi c’erano match Rai favolosi con gen te come Bruno Arcari. Poi l’epopea degli Hagler e di Sugar Ray Robinson finché un giorno, Caressa finisce in una palestra vera, trova un maestro che si chiama Cristian e inizia a dare di boxe: «Mi è migliorata la vita, ma di tanto. Lo consiglio a tutti, un cambio psicofisico in positivo che non ha confronti possibili». E mica solo quello (Caressa se parte con l’entusiasmo mica lo fermi). «È una strepitosa lezione di vita, impari quando è il momento di schivare e ripartire oppure quando devi rimanere fermo, chiuderti e resistere, anche ai colpi che arrivano inevitabili».
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Metafore? Quello. Si prova con il telecronista (che sarà affiancato da Alessandro Duran, mentre nello studio stazioneranno i vip e tutto verrà coordinato, ebbene sì, da Diletta
Leotta) a immaginare una possibile rinascita della boxe che deve passare per
forza dall’appeal televisivo da ritrovare.
Fine aprile scorso, appunto, quel Joshua vincente a Wembley in una sera che fa
gridare al miracolo dello sport ritrovato: «Gli inglesi sono maghi, era pazzesco se
stavi davanti alla tv, si sono inventati questo tono di luce blu che era magnifico,
l’audio perfetto, sentivi il rumore dell’aria spostata dai pugni che non andavano a
segno: poi, certo, ci vuole un grande match».
E – appunto non lo fermi – tutto quello che si impara, alla Rocky («film molto sottovalutato») rialzarsi, soprattutto. O l’essenza di uno sport che è facile identificare solo come violenza ma che invece è scherma, equilibrio, gambe molto più che braccia. «Questo alla gente, da noi, non arriva più, si è persa la leggenda che nasceva dalle grandi storie e dai grandi campioni del passato». A sostenere poi il tutto, quando il glamour calerà di tono perché arriva il primo gong c’è lui, il campione, l’uomo solo intorno a cui tutto gira. E si potrebbe pensare che questa sorta di operazione in vitro, tra vip e luci sfolgoranti ed entusiasmi, giri intorno a uno inconsapevole che lascia fare tutto
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e poi va a prendere e dare pugni. Un bel niente, Giovanni De Carolis ti parla del progetto medesimo come se stesse tenendo un seminario all’università.
Ti spiega che la boxe mondiale oggi è una cosa strana, che in Gran Bretagna e Germania, dove si va alla grande, ci sono fior di imprenditori che investono sui progetti e che il puro merito o demerito sportivo può lanciarti in alto ma anche costringerti a umilianti cadute in classifica, per cui ti passano davanti altri colleghi che hanno una vera organizzazione e gli sponsor giusti e le televisioni che ti sostengono e il tuo turno può non tornare più: «Quando ho combattuto per il mondiale in Germania la gente intorno sapeva tutto del mio avversario, la tv trasmetteva servizi su servizi sulla sua vita, era un beniamino di tutti». Da noi, una pena.
JOSHUA KLITSCHKO
E cita, De Carolis, una ricerca Ipsos (!) che registra due milioni di appassionati veri e diciassette milioni di potenziali fruitori della boxe televisiva. Se solo ci fosse, se si conoscesse, se ci fossero i personaggi in grado di far scattare l’emulazione soprattutto nelle migliaia di giovani di talento che vanno in palestra: «Joshua-Klitschko si è vista live anche da noi, sulla pay-tv: ma se l’avessero data in chiaro non avrebbe fatto un grande ascolto. La gente non avrebbe saputo chi erano quei due». E quindi da lunedì si prova a lanciare il progettone che un giorno, chissà.
JOSHUA 2
Però l’epica, le storie vere quelle servono sempre, no? De Carolis è dell’84 e non ha certo vissuto – beato lui – l’epoca d’oro della boxe mondiale nonché italiana. Nel paese del viterbese dove ha il buen retiro ha un sacco di ammiratori e un amico di una certa età che ogni volta inizia a elencargli le gesta di Benvenuti, Ali, Mazzinghi, Arcari e compagnia. «Quando è scattata la passione per la boxe mi sono fatto una cultura a ritroso. Ho recuperato filmati e letto tutto quello che c’era da leggere, la vita vera dei grandi soprattutto, so tutto di Ali, mi appassiono e commuovo sempre alle sue storie difficili, al Vietnam rifiutato, a quella medaglia gettata – forse – nel fiume in un gesto di rivolta».
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Ma intanto da ragazzino c’era anche pugilato vero, no? «Se devo rivedere uno e un solo match della storia, apro il computer e riguardo Mugabi-Hagler» (match pazzesco del 1986, una guerra mondiale tra le corde, Rino Tommasi al microfono che andava in estasi). Morale, permettendosi il sogno sul finale, De Carolis dice: «Voglio riportare il titolo mondiale in Italia combattendo a Roma davanti al mio pubblico. E un giorno, magari, andare a sfidare qualcuno al Madison Square Garden…». Mentre con Fabio Caressa ci si permette di giocare di più, immaginando la rinascita compiuta della boxe il giorno in cui il nostro Wembley, ossia lo stadio di San Siro a Milano – ai tempi già teatro di sfide grandiose – tornerà a ospitare un match mondiale con un italiano, magari De Carolis.
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E, già che ci siamo e siamo senza freni, il passo successivo: ovvero l’America, magari a Las Vegas, un italiano sul ring e mezza Italia sveglia ad aspettarlo. Sognare costa nulla: lunedì nella, come dire, suggestiva cornice del Foro Italico, il primo passo della nuova lunga marcia, piena di luci, televisione e pugni.