Giacomo Amadori per la Verità
C’è un piccolo processo in Italia che rischia di mettere in serio imbarazzo il governo, la Banca d’Italia, quella europea e i quattro istituti (le nuove Bpel, Banca Marche, Cari- Chieti e CariFerrara) nati con il cosiddetto decreto Salvabanche del 22 novembre del 2015. La controversia è iniziata sette mesi fa e vede contrapposti la Nuova banca dell’Etruria e del Lazio e l’immobiliare Corso Italia di Arezzo.
il direttorio di bankitalia
Il casus belli è la richiesta di restituzione di mutui e finanziamenti della vecchia Etruria a migliaia di clienti da parte della neonata Bpel. Da questa iniziativa sono scaturiti migliaia di contenziosi. La Corso Italia immobiliare srl, attraverso l’avvocato romano Pierfilippo De Marchis, ha fatto opposizione con la più banale delle contestazioni: ma voi siete autorizzati a esercitare l’attività bancaria? Un quesito che all’inizio poteva apparire provocatorio, ma che da aprile a oggi s’è dimostrato meno scontato del previsto. Tanto che, nonostante il giudice Marco Cecchi abbia chiesto in tre diverse udienza l’esibizione della licenza, questa non è ancora saltata fuori. Anzi, la Banca d’Italia ha opposto il segreto.
protesta dei risparmiatori davanti a bankitalia 4
Di fronte a questa mossa di Palazzo Koch, Cecchi non si è scoraggiato e, per avere in visione l’autorizzazione, si è rivolto in via ufficiale alla Nuova Banca dell’Etruria. La quale dovrebbe rendere pubblico il documento nella prossima udienza, prevista per il primo dicembre. Se questo non accadrà il giudice molto probabilmente accoglierà il ricorso dell’avvocato De Marchis per la sospensione del mutuo, ma la decisione potrebbe aprire ben più clamorosi scenari.
In particolare la mancata esibizione della licenza potrebbe convincere altri clienti a intraprendere analoghe azioni legali, magari delle class action, che potrebbero mettere in discussione, sino alla richiesta di annullamento, gli atti prodotti nell’ultimo anno dalle quattro banche salvate dal governo. A rendere opaca la vicenda è soprattutto il gran lasso di tempo passato dal primo atto di De Marchis (19 aprile 2016, quando è stato notificato alla Bpel il ricorso con il singolare quesito) alle attuali udienze. Il 6 settembre il giudice ha ritenuto legittimo il quesito e ha chiesto alla banca di prendere posizione. Il 18 ottobre l’istituto, rappresentato dall’avvocato Alessandro Majoli, ha mostrato, ma non depositato, un documento riguardante la risoluzione, la procedura con cui le vecchie banche sono state sostituite dalle nuove, attraverso la creazione di una nuova società avente Banca d’Italia come unico socio.
bankitalia
Nei verbali dell’udienza di ottobre si legge questo passaggio chiave: «Il giudice dà atto che alla seconda pagina del documento esibito dall’avvocato Majoli (…) è contenuto il riferimento al provvedimento autorizzativo rilasciato dalla Bce in data 22 novembre 2015 nei seguenti termini: «Visto il provvedimento del 22 novembre 2015 con il quale la Banca centrale europea ha autorizzato il predetto ente ponte all’esercizio dell’attività bancaria e alla prestazione di servizi d’investimento » . A questo punto il giudice Cecchi ha chiesto alla Banca d’Italia di avere copia del provvedimento riguardante l’ente ponte (la nuova società) e la specifica autorizzazione.
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Ma l’Istituto di via Nazionale invece di trasmettere quanto chiesto, ha inviato alla cancelleria una mail con un documento in cui si legge: «Al riguardo -nel confermare che la Bce ha autorizzato la Nuova banca dell’Etruria e del Lazio con provvedimento del 22 novembre del 2015 - si rappresenta l’impossibilità di corrispondere alla richiesta formulata (…) infatti tutte le notizie, i dati e le informazioni in possesso della Banca d’Italia in ragione della sua attività tanto di vigilanza quanto di risoluzione, ivi inclusi i provvedimenti emanati dalla Bce (...), sono coperti dal segreto d’ufficio». In calce le firme dei dirigenti Francesca Di Natale e Fabio Bernasconi.
Gli articoli di legge in base ai quali è stato opposto il segreto, secondo De Marchis, fanno riferimento agli atti di risoluzione («la cui segretezza è sacrosanta, trattandosi di un progetto industriale che è giusto non far conoscere ai competitor»), ma non alle licenze dell’attività bancaria: «Sino a oggi ci hanno detto che c’è l’autorizzazione alla nuova banca, e quindi alla sua risoluzione, ma non che c’è l’autorizzazione all’attività bancaria » . Il sospetto del legale è che quest’ultima non esista e che qualcuno abbia interpretato l’autorizzazione provvisoria data alle quattro nuove banche come definitiva.
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Per capire dove potrebbe essere l’equivoco bisogna recuperare il decreto del 16 novembre 2015 che recepisce le regole europee sul bail-in o salvataggio delle banche. L’articolo clou è il 42, dove al comma 7 si legge che «l’ente ponte è autorizzato provvisoriamente a esercitare l’attività bancaria». L’avverbio intorno a cui ruota tutto è quel «provvisoriamente ». Nello stesso comma è specificato che «la Banca d’Italia presenta una richiesta all’autorità responsabile (Bce, ndr) per i relativi provvedimenti ». In pratica, in base al decreto, l’ente ponte era autorizzato a fare la banca per un breve periodo, in attesa che via Nazionale chiedesse formalmente le licenze. Ma questo è successo?
Il dubbio di De Marchis e di altri addetti ai lavori aretini è che questo secondo passaggio non ci sia stato. Chiosa il legale: «Il governo quando ha autorizzato Nuova Banca Etruria ha istituito non una banca, ma una società che in un secondo momento avrebbe dovuto chiedere la licenza. Ma secondo me questo non è stato fatto. Mi occupo da sempre di diritto bancario e le dico che la licenza è un documento non pubblico, ma pubblicissimo. Mi avrebbero potuto smentire in un attimo, ma non è accaduto. È davvero strano che in tre udienze in cui è stata interpellata anche la Banca d’Italia questo documento non sia venuto a galla ».
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Se De Marchis dovesse avere ragione i vertici della banca rischierebbero, tra le altre, l’accusa di esercizio abusivo dell’attività bancaria. Un possibile nuovo grosso guaio per il governo che vedrebbe annullati tutti gli effetti del Salvabanche e gli atti delle nuove società. Un’eventualità che avrebbe come prima conseguenza il naufragio della trattativa in corso con Ubi banca per la cessione di tre dei quattro istituti. Se ne saprà di più l’1 dicembre.