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    LA NUOVA SCHIAVITU’ SI CHIAMA “STAGE” - I TIROCINI DOVREBBERO SERVIRE PER AVVIARE I GIOVANI AL LAVORO MA I DATORI DI LAVORO RENDONO OPACHI TEMPI DI AVVIAMENTO E RETRIBUZIONI - LE REGOLE NON VENGONO RISPETTATE IN MODO OMOGENEO: OGNI REGIONE VA PER CONTO SUO - E SOLO UNO SU QUATTRO VIENE ASSUNTO


     
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    Diana Cavalcoli e Dario Di Vico per il “Corriere della Sera”

     

    Nel dibattito sulle politiche attive del lavoro c' è una zona d' ombra di cui nessuno parla: è impossibile sapere quanto sono pagati gli stagisti italiani. E dire che i tirocini dovrebbero ricoprire un ruolo decisivo per l' avviamento al primo impiego. Dovrebbero rappresentare quella cerniera tra la fine degli studi e l' ingresso nel mondo del lavoro in grado di rendere più facile la transizione.

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    Da una parte i ragazzi possono misurarsi concretamente e in maniera duratura con l'organizzazione aziendale, le sue regole e persino le sue asperità, dall' altra le imprese possono conoscere per tempo e in maniera adeguata il capitale umano su cui investire.

     

    Questo in teoria, perché nella pratica quando si parla di monitoraggio dei tirocini né le Regioni né gli altri enti statali sanno dare risposte dettagliate. Il mistero più grande riguarda il compenso: gli unici a conoscerne l' importo sono i ragazzi, le imprese che li ospitano e gli enti promotori dello stage.

     

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    Non esiste però un archivio nazionale e «non ci sono dati» è la risposta standard. Al più è possibile conoscere il numero degli stagisti: 186 mila secondo gli ultimi dati Anpal, fermi a giugno 2017. Stiamo parlando di quelli che in gergo vengono chiamati tirocini extracurriculari ovvero successivi alla fine degli studi (i curriculari avvengono durante gli studi e non sono retribuiti per norma).

     

    Le amnesie che circondano i compensi sono singolari perché in realtà le aziende non sono tenute ad essere afone: anzi devono comunicare il numero degli stagisti in rapporto alla pianta organica, registrare i dati anagrafici e denunciare la durata del tirocinio. Sui soldi invece si può tacere.

     

    «È uno scandalo - commenta Francesco Seghezzi, direttore della Fondazione Adapt -. Anche perché secondo la legge Fornero, a suo tempo intervenuta sulla materia, era previsto un monitoraggio che comprendesse l' elemento della retribuzione». Ma evidentemente non c' è stata mai la volontà di farlo. Un grave errore perché, vista dal lato degli stagisti, non considerare la paga come elemento trasparente li porta a pensare che il mercato del lavoro sia strutturalmente grigio e che l' intera «società adulta» sia nella buona sostanza connivente.

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    Ad aggiungere incertezza alla vita, già pericolosa, degli stagisti ci pensano anche le diverse normative regionali. Le linee-guida della Conferenza Stato-Regioni hanno tentato di mettere una pezza al problema dei compensi prevedendo un' indennità minima stabilita dalle singole Regioni. Al di là dei ritardi - solo 1/3 delle regioni si è aggiornata entro i termini - il tentativo aveva una sua ragione: evitare il lavoro gratuito.

     

    La contraddizione però è che le condizioni dello stage non sono identiche su tutto il territorio. Per le indennità minime si oscilla dai 300 euro di base in Sicilia, ai 500 in Toscana e addirittura 800 nel Lazio. «Le normative differenti sono un problema - spiega Roberto Benaglia, responsabile Cisl Lombardia per il mercato del lavoro - dovete immaginare una tela di Arlecchino, in cui un pasticcere può prendere quanto un ingegnere».

     

    Anche per questa via si finisce per disincentivare le famiglia a investire nell' istruzione qualificata dei propri figli, come purtroppo dimostrato dai salari d' ingresso degli stessi ingegneri: troppo bassi e con lentissima dinamica salariale.

     

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    Non ci sono dati certi ma secondo il sindacato esiste una quota significativa di aziende che evadono l' obbligo della retribuzione minima, cucendo la paga attorno al singolo tirocinante. Può succedere paradossalmente che un' azienda spenda più nel tempo dedicato a selezionare il tirocinante - delle volte anche tre colloqui - che nella sua successiva retribuzione. La Repubblica degli Stagisti, un' associazione diretta da Eleonora Valtolina, ha provato a tracciare il fenomeno pubblicando una guida sui migliori tirocini per i ragazzi.

     

    Un catalogo delle buone pratiche che tiene in conto la retribuzione ma anche i piccoli benefit: dalla mensa al rimborso della benzina. Una lista che tiene insieme più di 50 aziende tra cui Danone, Ferrero, Bosch, Magneti Marelli ed Ernst&Young. «Ci siamo accorti - spiega Valtolina - che esiste una correlazione tra la retribuzione garantita e la propensione all' assunzione. Per questo cerchiamo di far conoscere quelle aziende che offrono condizioni migliori e hanno voglia di investire sui giovani inserendoli davvero nell' organico». Nel complesso però le aziende che assumono restano poche, secondo i dati Anpal il tasso di conversione dello stage in un contratto è del 26% con una media di sei mesi dalla fine del tirocinio.

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    Analizzando le differenze regionali si evidenzia una sorta di scollamento tra la realtà del mondo del lavoro e gli stage. La grande assente è la sostenibilità economica: le indennità minime sono infatti scollegate dal costo della vita. Basta incrociare i compensi minimi con l' affitto medio di una stanza nelle grandi città per capirlo.

     

    I 500 euro minimi offerti a uno stagista in Lombardia non bastano a pagare l' affitto di una stanza che solo a Milano ruota intorno ai 600 euro. Va meglio a Roma dove con gli 800 euro dell' indennità si riescono a pagare i 500 euro d' affitto medio ma resta poco per le spese extra. La prima conseguenza è che possono permettersi di fare lo stagista solo i ragazzi che hanno alle spalle una famiglia che può sussidiarli oppure che scelgono di rimanere nel luogo di residenza. Il risultato è che il 90% dei ragazzi fa lo stage nella regione di nascita, senza di fatto avere chance di mobilità territoriale.

     

    Come è facilmente intuibile la maggior parte degli stage è al Nord e la differenza ripercorre in qualche modo la struttura territoriale del sistema delle imprese italiano. In Lombardia i tirocini attivi al 30 giugno sono 29.866 pari quasi alla somma di quelli di Campania, Puglia, Basilicata e Calabria. «È il problema di tutto il mercato del lavoro meridionale. Nella nostra esperienza - continua Valtolina - vediamo anche molte aziende del Nord che non accettano candidati da lontano perché non se la sentono di far percorrere centinaia di chilometri ai ragazzi per uno stage che potrebbe finire dopo pochi mesi».

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    Per non vedere soltanto il bicchiere mezzo vuoto va detto che nella modifica del quadro normativo regionale c' è un' innovazione che può veramente cambiare l' esperienza del tirocinante. Parliamo della proposta della Cisl Lombardia di introdurre criteri di qualificazione dello stage collegandoli alla durata.

     

    La logica è quella di differenziare in base alle mansioni usando i criteri europei Eqf. In breve, un ingegnere dovrebbe avere uno stage più lungo di un pasticcere perché le esigenze di formazione sono decisamente differenti. Dice Chiara Manfredda, responsabile dell' area formazione di Assolombarda: «Al di là dell' indennità minima, il vero problema è ritornare a puntare sulla qualità della formazione. In quest' ottica ridurre la durata per i lavori strettamente operativi come il panettiere, il pasticcere, l' operaio tecnico può velocizzare il processo di assunzione in azienda». Che alla fine dovrebbe essere l' obiettivo di ogni stage che si rispetti.

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