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    “LA PAGHERETE CARA” - L'ANARCHICO ALFREDO COSPITO RESTA AL REGIME DI CARCERE DURO PREVISTO DAL 41 BIS E SUI SOCIAL FIOCCANO LE MINACCE: "LE CONSEGUENZE, QUALSIASI SARANNO, SONO DA IMPUTARE AGLI APPARATI DI STATO” - DOPO L'ATTENTATO INCENDIARIO CONTRO LA PRIMA CONSIGLIERA DELL'AMBASCIATA ITALIANA IN GRECIA SUSANNA SCHLEIN, DEL 2 DICEMBRE SCORSO, L'11 C'È STATO UN ATTO DI SABOTAGGIO A UN'INFRASTRUTTURA NUCLEARE IN FRANCIA. IL GIORNO DOPO, UN ATTENTATO DINAMITARDO HA COLPITO IL PALAZZO DOVE SI TROVA LA RAPPRESENTANZA DEL GOVERNO DI ROMA IN BOLIVIA…


     
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    Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”

    alfredo cospito alfredo cospito

     

    La decisione dei giudici arriva a fine mattinata: il tribunale di sorveglianza di Roma «rigetta il ricorso» e l'anarchico Alfredo Cospito resta al «41 bis», il regime di «carcere duro» istituito trent' anni fa per i capimafia, poi esteso ai capi delle Brigate rosse di ultima generazione e ora applicato anche a lui.

     

    Poco dopo, sui social media e i siti internet «di area», fioriscono le prime reazioni: «Le conseguenze, qualsiasi saranno, sono da imputare agli apparati di Stato»; «Non è il momento dello sconforto, è il momento della rabbia. La pagherete cara. Oggi come ieri: morte allo Stato, al capitale, ad ogni autorità».

     

    Nel frattempo Cospito continua lo sciopero della fame cominciato due mesi fa e il suo avvocato, Flavio Rossi Albertini, annuncia: «È determinato ad andare avanti». «Fino all'ultimo respiro», aveva avvertito lui stesso dal super-carcere di Sassari dov' è rinchiuso.

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    Le proteste Sale la tensione, nelle strade e nei palazzi della sicurezza.

     

    Per ciò che è accaduto (in Italia e all'estero) nelle scorse settimane, e per ciò che potrà accadere nelle prossime. Perché se una cosa è data per certa dagli investigatori della Polizia di prevenzione e dagli analisti anti-eversione, è la determinazione dell'anarchico detenuto e già condannato per gravi reati (un ferimento e un attentato per il quale rischia l'ergastolo anche se nessuno è rimasto coinvolto) e dei suoi compagni in libertà a portare avanti la protesta contro l'applicazione del «41 bis» nei suoi confronti. Con effetti imprevedibili.

     

    Negli ultimi giorni gli attacchi si sono moltiplicati in diverse città: da Roma, a Bologna a Foligno, con cassonetti incendiati, bancomat o agenzie interinali presi d'asslto, azioni dimostrative. Tutte in segno di solidarietà con il militante anarchico condannato in qualità di «promotore dell'associazione con finalità di terrorismo denominata Fai/Fri», acronimi di Federazione anarchica informale/Fronte rivoluzionario internazionale.

    alfredo cospito alfredo cospito

     

    Dopo l'attentato incendiario contro la prima consigliera dell'ambasciata italiana in Grecia Susanna Schlein, del 2 dicembre scorso, l'11 c'è stato un atto di sabotaggio a un'infrastruttura nucleare nella Francia dell'est, mentre il 12 un attentato dinamitardo ha colpito il palazzo dove si trova la rappresentanza del governo di Roma in Bolivia.

     

    Nel maggio scorso, l'allora ministra della Giustizia Marta Cartabia decretò il «carcere duro» per quattro anni nei confronti di Cospito, soprattutto a causa dei «numerosi messaggi che, durante lo stato di detenzione, ha inviato a destinatari all'esterno del sistema carcerario; si tratta di documenti destinati ai propri compagni anarchici, invitati esplicitamente a continuare la lotta contro il dominio, particolarmente con mezzi violenti ritenuti più efficaci».

     

    Si tratta di articoli pubblicati dai «siti d'area» e scritti in cui Cospito «ha continuato a riproporre con forza le tematiche rivoluzionarie, fomentando i soggetti più predisposti alle azioni violente alla commissione di attentati».

     

    alfredo cospito anarchico al 41 bis alfredo cospito anarchico al 41 bis

    Proclami pubblici La novità, rispetto all'originaria applicazione del «41 bis» ideato per interrompere la comunicazione tra i boss mafiosi detenuti e l'esterno, è che l'anarchico non ha diffuso i suoi «messaggi» attraverso canali occulti, servendosi di qualcuno che andava a colloquio o facendo uscire i pizzini con qualche sotterfugio, ma dichiarando pubblicamente ciò che pensava. E mettendo la sua firma sotto i proclami diffusi all'esterno, anche di rivendicazione dell'uso della violenza. Per questo il suo avvocato aveva sottolineato, nel reclamo, che per impedire «l'istigazione a delinquere» era sufficiente attuare un controllo più stretto sulla corrispondenza, o emettere uno specifico provvedimento per quello specifico reato; non però il «41 bis», che limita al minimo colloqui, ore d'aria, socialità, ricezione di pacchi, eccetera.

     

    Il tribunale di sorveglianza ha ritenuto invece legittima questa interpretazione «estensiva» del «carcere duro», ritenendo insufficiente la «censura». Come ha fatto un mese fa per il brigatista rosso (coinvolto negli omicidi D'Antona e Biagi, del 1999 e 2002) Marco Mezzasalma, recluso da 19 anni come gli altri ergastolani delle «nuove» Br, Nadia Lioce e Roberto Morandi.

     

    ANARCHICI URLANO CONTRO SUSANNA SCHLEIN IN AULA A TORINO ANARCHICI URLANO CONTRO SUSANNA SCHLEIN IN AULA A TORINO

    In quella decisione sono citate, tra le motivazioni,«recenti episodi di propaganda brigatista e iniziative di solidarietà in favore dei brigatisti ristretti in 41 bis da parte di rappresentanze di gruppi anarchici». Le proteste, insomma, diventano per i giudici un motivo in più per mantenere il regime speciale.

     

    La tesi dei difensori Sempre ieri, a Torino, la corte d'assise d'appello ha spiegato perché ha evitato - per ora - di condannare Cospito e l'altra militante anarchica Anna Beniamino all'ergastolo per i due ordigni esplosi nei pressi di una caserma dei carabinieri in provincia di Cuneo, nel giugno 2006, che non provocarono morti né feriti. Una tentata «strage politica», ha stabilito la Cassazione, per la quale il codice penale prevede solo il carcere a vita. Ma anziché emettere la sentenza i giudici si sono rivolti alla Corte costituzionale, accogliendo la tesi dei difensori, Rossi Albertini e Caterina Calia, che ritengono irragionevole non poter applicare l'attenuante per la «lieve entità» del fatto.

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