Caterina Maniaci per “Libero quotidiano”
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Un uomo prega inginocchiato davanti all' altare maggiore; due donne camminano lentamente verso la tomba del Santo. La più giovane non appoggia, come da secoli si fa, la mano sulla lastra tombale esterna, tira fuori un fazzoletto di carta e con la mano preme sul marmo.
C' è un silenzio innaturale, dentro la basilica di Sant' Antonio a Padova, uno dei santuari più visitati al mondo, oltre un milione di pellegrini ogni anno. Oggi, nel tredicesimo giorno dell' era coronavirus, uno sparuto gruppo di fedeli, dispersi nelle navate e cappelle vuote, prega e si aggira smarrito. Una scena che si ripete da giorni. La sera, prima delle 19, le porte della basilica si chiudono e viene celebrata una messa a porte chiuse, diffusa poi in tv o via streaming.
Domenica 8 marzo ne sarà celebrata una proprio presso la tomba di Sant' Antonio, e sempre diffusa via tv e internet.
Messe a porte chiuse, mai avvenuto prima, neppure in tempo di guerra. Succede a Padova, ma non solo. In buona parte del Nord e nel Centro. E non solo, se si ricorda che qualche giorno fa sono state chiuse per precauzione persino le piscine di Lourdes, in Francia.
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La Cei, la Conferenza episcopale italiana, ha annunciato la decisione, anche durante la settimana, di non celebrare delle Sante Messe nelle zone dove sono confermate le misure restrittive emanate lo scorso 1 marzo. In questo modo anche quei vescovi dell' Emilia Romagna che avevano riaperto al pubblico le messe di domenica hanno dovuto fare marcia indietro.
pochi alla volta Messe a porte chiuse, dunque, riti religiosi in forma abbreviata e solo per "pochi intimi" (battesimi matrimoni, funerali). La vita pubblica dei fedeli e delle loro parrocchie, gruppi movimenti, animazioni, quasi annullata. E per contro, c' è chi reagisce, chi non vuole arrendersi alle disposizioni governative. Qualche vescovo, qualche parroco ha provato a far sentire una voce "contro", mentre i vescovi lombardi avevano espresso la volontà di aprire le chiese alle messe feriali, ma l' ufficialità delle gerarchie Cei è tutta dalla parte del decreto ministeriale, interpretandolo alla lettera: non si vuole correre alcun rischio, ci si appella alla necessità di far fronte comune contro il nemico invisibile.
Può la messa essere motivo di contagio? Possono i riti quotidiani veicolare i killer virali?
Tra dubbi e paure, comincia un tempo particolare per il popolo cattolico: tornano le messe clandestine, in luoghi appartati, nascosti. Non siamo ai tempi della peste del Trecento e del Decamerone di Boccaccio. Non siamo ai tempi della peste manzoniana. E tanto meno in quelli delle persecuzioni dei cristiani di neroniana memoria, o di quelle scatenate contro i "papisti" nei Paesi del Nord Europa dopo la Riforma luterana. Eppure, qualcosa di strano e di sinistro avviene, per lo meno lo percepiscono tanti fedeli.
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STORIE DALLA BASSA Si legge nel blog del vaticanista Aldo Maria Valli che a Milano e provincia, anzi in tutta la Lombardia, alcuni sacerdoti organizzano messe clandestine, con pochi fedeli. Ci si passa parola attraverso WhatsApp e sms, ci si dà appuntamento e ci si trova per le celebrazioni, che, testimoniano i post pubblicati nel blog, sono parecchio frequentate. Addirittura ci sono gruppi organizzati che vanno in Canton Ticino, insomma dei novelli transfrontalieri della Santa Messa.
Sul sito della Nuova Bussola Quotidiana si raccolgono le storie di un parroco in Lomellina che è stato segnalato ai carabinieri dal sindaco perché domenica scorsa avrebbe celebrato la Messa. Nel varesotto il don celebra privatamente e si ritrova la chiesa piena di fedeli: «Non ce l' ho fatta a mandarli via, sono un prete, non un portinanio», spiega. Un altro sacerdote nella Bassa Lombardia celebra cinque messe per non far concentrare i fedeli e un confratello lo denuncia.
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Intanto si organizzano veglie di preghiera e recite del rosario. Il vescovo di Forlì-Bertinoro, monsignor Livio Corazza, propone la recita continua del rosario in Cattedrale, davanti all' immagine della Madonna del Fuoco. Il presule spiega in una lettera ai fedeli: «È il tempo della preghiera e della responsabilità. Ma non tutto ci è chiaro di quello che ci viene richiesto e ci appare francamente di difficile comprensione il divieto di partecipazione alla Messa feriale e il permesso di frequentazione di locali pubblici. Ma siamo nel momento della responsabilità e della prudenza. Se questo ci viene richiesto, questo attueremo. Nessuno ci vieta invece la preghiera».
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E così si propone, a piccolo gruppi, la recita continua del rosario alla Madonna. Ci sono parrocchie che propongono incontri di catechismo online, oppure assistenti spirituali di istituti cattolici, come il Faes di Milano, che, visto la chiusura forzata delle scuole, si propongono per organizzare incontri allo scopo di mantenere vivi i rapporti con gli allievi e le loro famiglie. La vita di fede ai tempi del coronavirus.