DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Estratto dell'articolo di Pierluigi Panza per il “Corriere della Sera”
Nel 2073 — ai tempi dell’intelligenza artificiale e del dominio dei robot — forse si celebreranno ancora i duecento anni dalla morte di Alessandro Manzoni e di certo allora, da qualche data base digitale, salterà fuori un passo dal capitolo XXXI dei Promessi sposi che parlerà anche di noi. In questo passo, Manzoni scrive che c’erano ancora in vita «pochi che potessero ricordarsi della peste che, cinquantatré anni avanti, aveva desolato una buona parte d’Italia». Lui si riferiva alla cinquecentesca peste di San Carlo, ma in quel 2073 si troverà forse il modo per ricordare anche il Covid 19, la «peste» che 53 anni prima, cioè nel 2020, aveva colpito proprio noi. Ci saranno «pochi» testimoni e sarà dunque ancora una volta lui, il sciur Manzoni, a ricordare a tutti il tema della fragilità umana.
Oggi siamo a 150 dalla sua morte e le celebrazioni per l’anniversario iniziano alla Biblioteca nazionale Braidense di Milano, che custodisce l’originale dell’ode Cinque Maggio , con una mostra sull’«orribile flagello» della peste ( Manzoni, 1873-2023. La peste orribile flagello tra vivere e scrivere , a cura della direttrice Marzia Pontone), inaugurata ieri dal ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, con il sindaco di Milano, Beppe Sala, e il direttore di Brera, James Bradburne.
La mostra (fino all’8 luglio) è una rassegna che, attraverso 114 opere, ripercorre in modo originale la figura dell’autore mediante due momenti della sua scrittura segnati anche della peste: I promessi sposi e la Storia della Colonna infame . Una tematica sentita come «obbligata a tre anni dalla pandemia», come osservato dal sindaco Sala. Sono esposti libri, carte, stampe, disegni su peste e morbi tra i quali una lettera di Giuseppe Verdi sul colera. La lettera viene dall’Archivio Ricordi, che da vent’anni è ospitato a Brera, e in essa il compositore scrive che il colera potrebbe allontanare il pubblico dai suoi spettacoli.
RENZO CHE VEDE DON RODRIGO TRA GLI APPESTATI
La peste, in effetti, ha sempre ostacolato i teatri e le pubbliche riunioni ma, da Boccaccio sino a noi, passando per Manzoni, Gozzano, Malaparte e Céline, favorito la letteratura che si crea in solitudine alla fioca lucerna: da qui i molti libri esposti raccolti nel documentato catalogo Scalpendi.
(...) La celebrazione dello scrittore milanese, italiano ed europeo, dal Dna 100% ambrosiano, riunisce in buoni intenti collaborativi il sindaco con il ministro Sangiuliano in visita nella capitale «morale», che si sente trascurata da un governo a romanissima trazione. Ma il ministro rassicura: «Milano è anche una capitale della cultura» e, quanto a Manzoni, «oltre a essere una delle più alte esperienze letterarie europee è anche una figura fondamentale del Risorgimento e dell’identità nazionale, oltreché di forte religiosità. La sua narrazione è ancora contemporanea e la sua universalità intatta a 150 anni».
Sì, ma la Grande Brera attesa da trent’anni? L’apertura di Palazzo Citterio? «Darò impulso al progetto e sarò qui una volta al mese insieme al sindaco, per controllare l’avanzamento dei lavori». L’11 maggio dovrebbero iniziare infatti ennesimi lavori per fare del restaurato Palazzo Citterio la sede di «Brera Modern», dove saranno collocate le collezioni del Novecento (rimaste). No comment (il ministro se la cava con una coltissima citazione omerica) su direttori dei musei, sovrintendenti, cda e comitati scientifici da rinnovare.
Che Manzoni benedica Milano, dunque, e l’Italia intera. Da non credere, ma un passo avanti è stato davvero fatto anche a Brera: dopo trent’anni di grottesca attesa sindacal-burocratica — un terzo più del tempo servito per costruire la grande piramide — si è potuta aprire la porta (una semplice porta!) che unisce la pinacoteca alla biblioteca senza fare il giro dell’isolato.
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