Marina Valensise per “il Messaggero”
Marilyn con Arthur Miller
Un saggio del 2004 del drammaturgo Arthur Miller fa luce sulle capacità interpretative dei presidenti Usa. Dall'ex attore professionista Ronald Reagan alle bugie di Bill Clinton
Ci voleva un drammaturgo americano, marito fra l'altro di una star di Hollywood, per rivelare l'affinità tra politica e recitazione.
RONALD REAGAN IN LAW AND ORDER - IL GIUSTIZIERE
Arthur Miller, l'autore di Morte di un commesso viaggiatore con cui nel 1949 vinse il Pulitzer, lo sceneggiatore di film famosi come The Misfits di John Huston, scritto nel 1960 per la moglie Marilyn Monroe, lo fece nel 2004, poco prima di morire, in un discorso al National Endowment for the Arts. Pubblicato in Italia nello stesso anno da Paravia Bruno Mondadori, il discorso è tornato in circolazione in un'edizione limitata stampata da Luigi Zanda.
TRUMP REAGAN
Fate di tutto per procurarvelo: nessuno meglio di Miller districa la questione. Teatro e politica obbediscono allo stesso principio, anche se teatro e cinema inventano storie finte per rivelare la verità, mentre la politica dovrebbe avere a che fare con la realtà, solo che il politico quando recita il suo ruolo mette in scena una graduale erosione della realtà, cercando di sottrarsene o aggirarla a suo piacere impedendo ai cittadini di valutare le situazioni.
ARTHUR MILLER – I PRESIDENTI AMERICANI E L'ARTE DI RECITARE
FINZIONE E REALTÀ
Se poi è un attore professionista come Ronald Reagan, che tende a confondere gli avvenimenti dei film che ha girato coi fatti realmente accaduti, il confine tra realtà e recitazione si dissolve. Di fatto sul set come a teatro o in un comizio, sempre di spettacolo si tratta, e i meccanismi sono sempre gli stessi. Il politico come l'attore deve trovare un centro magnetico per suscitare nel pubblico un'unica reazione. Per impersonare un ruolo, deve creare un personaggio diverso da sé, e per questo serve autocontrollo. Come l'attore, anche il politico per essere credibile deve emanare una sincerità rilassata, quella sicurezza naturale che gli permette di accedere a una dimensione eroica.
ronald reagan
CONFLITTO
Bandito dunque ogni segno di conflitto interiore rispetto alla verità di ciò che dice. E d'altra parte, avverte Miller, quello che una star dice è secondario rispetto all'interesse che ispira nella gente. In termini attoriali, il presidente degli Stati Uniti è un ruolo eroico, e chi l'interpreta deve avere in sé un elemento di pericolosità (la vera discriminante di una star), perché il requisito base della professione di leader è la prontezza a uccidere per noi.
DIBATTITO GEORGE W. BUSH VS AL GORE 2000 1
Il bello è che Miller non parla in astratto, ma si cimenta in concreto con le prestazioni del democratico Al Gore che sembrava in testa alle presidenziali del 2000, e del repubblicano George W. Bush che le vinse dopo che la Corte suprema bocciò la conta dei voti.
PERICOLOSITÀ
MARILYN MONROE E ARTHUR MILLER
Sprovvisti di quel senso implicito di pericolosità, e dell'aura magica che l'accompagnava, i due candidati alla Casa Bianca desideravano trasmettere un'immagine smentita inavvertitamente, ora per un sopracciglio alzato, nel caso di Gore, ora incespicando nella sintassi come George W. In confronto Reagan era un presidente da Oscar, che recitava con sincerità disarmando gli avversari col suo candore. Secondo miglior attore, era Bill Clinton, che riuscì a farsi amare anche mentendo. Entrambi sapevano che per governare bisogna imparare a recitare.
BILL CLINTON MONICA LEWINSKY
I politici come gli attori infatti puntano alla persuasione, e il pubblico vuole credere solo in quello che vede, e se diffida di chi entra in scena attanagliato dalla tensione, si lascia conquistare da chi domina se stesso e le proprie pulsioni. Niente di strano in tutto ciò. Con l'avvento della televisione le cose si complicano, per il potere che l'immagine ha di convincere non più grazie alla forza e alla veridicità di un argomento, ma allo stile in cui viene quell'argomento viene presentato.
DIBATTITO GEORGE W. BUSH VS AL GORE 2000 1
E lo stile è l'uomo, insiste Miller, quando ricorda il debutto di Marlon Brando, che ammaliò il pubblico quasi senza muoversi, senza dire una parola, perché grazie al suo istinto era riuscito a innescare nel pubblico una vena di paura, passando dalla minaccia al perdono. Non aveva chiesto agli spettatori di amarlo: li aveva indotti a sperare che lui si degnasse di amare loro. Un bel modello, quand'anche irraggiungibile, per il politico a caccia di consensi.
bill clinton DIBATTITO GEORGE W. BUSH VS AL GORE 2000 bill e hillary clinton bill clinton
bettino craxi e ronald reagan