Antonio Riello per Dagospia
yuri pattison frieze 01
A Londra e’ tempo di Frieze e di “Hard Brexit”. Eventi attesi ma comunque sempre dotati di un certo coefficiente di imprevedibilita’, che finiscono poi, in qualche modo anche complicato, per intrecciarsi tra loro.
victoria miro's booth.
Frieze Art Fair. Memorabile la grande installazione della galleria Hauser & Wirth (lo studio di un immaginario artista riempito, apparentemente a casaccio, di opere d’arte dei vari artisti della galleria). Riflettente (come uno specchio) l’imponente scultura di Anish Kapoor esposta da Lisson Gallery. Affascinante l’opera dell’artista belga Hans Op De Beeks intitolata Silent Library e presentata dalla galleria newyorkese Marianne Boesky: una stanza-libreria tutta immacolatamente bianco opaco con il potere quasi di trasportare lo spettatore in una dimensione fluttuante e lontana dagli affanni della vita reale, una installazione di livello davvero museale.
takesada matsutani, work b 62 (1962)
Di grande qualita’ e interesse i nuovi lavori del celebre Grayson Perry alla Victoria Miro Gallery che indagano, ritraendola le varie forme, l’identita’ britannica attuale (eccolo gia’ qua il primo nesso!). Si puo’ ammirare un impeccabile, ma un po’ ripetitivo, stand della galleria Gagosian con una personale di Hedmund de Waal e le sue ineffabili vetrinette. Alla Limoncello Gallery di Londra una piccola ma geniale opera: una testa quadrata di legno con una parrucca appoggiata che ne segue la spigolosita’.
shanghart at frieze london
Stupendo lo “Zorro a la mode de Fontana” fatto negli anni novanta da un giovane Maurizio Cattelan, esposto dalla galleria De Carlo. Performances poche e anchepoco convincenti. Appare anche un installazione del francese Philippe Parreno che in questi giorni ha appena inaugurato un nuovo ambizioso progetto per la Turbine Hall della Tate Modern (purtroppo a dispetto del grande talento di Parreno, quest’ultima lascia un po’ perplessi se non addirittura delusi, sembra qualcosa che doveva essere diverso e che invece e’ come andato “a male”, puo’ capitare alla maionese e a certi referendum).
La fiera sembra comunque quest’anno particolarmente vivace, felicemente animata e ricca di opere. Pero’ l’ansia cova sotterranea e i galleristi si lamentano. Lo fanno ovviamente in default per loro stessa natura. Pare in ogni caso che effettivamente ci siano meno visitatori e soprattutto compratori degli anni scorsi, forse a causa del FIAC di Parigi (Fiera d’arte concorrenziale che qualcuno dice sia oggi piu’ di moda ?!), o forse anche per gli effetti perversi e diffusi del Brexit, che pero’, dato il cambio della sterlina, crollato a picco, dovrebbe invece spingere gli stranieri a comperare piu’ facilmente, anziche’ dissuaderli a farlo.
peres projects booth
Effetti imprevisti e controversi, ci stiamo abituando. I prezzi rimangono “importanti”, ma l’atmosfera sembra in qualche modo piu’ disponibile alla trattativa rispetto agli anni passati. Poche le gallerie italiane e spagnole, quasi estinte quelle orientali, un po’ di tedesche e abbastanza di americane. Una geopolitica e una economia dell’arte turbolente e in continuo movimento.
p.p.o.w
In estrema sintesi queste le tendenze piu’ evidenti che sono emerse: ci sono molte meno opere fotografiche che in passato, e’ evidente una presenza massiccia invece di opere in ceramica in tutte le varie forme possibili (ma questo e’ un trend che dura gia’ da un bel po’), risulta un considerevole ritorno della pittura soprattutto se di grandi dimensioni.
Risulta immediatamente eclatante una palpabile “nostalgia” diffusa per il passato prossimo e in particolare l’arte degli anni ’90. Ben una intera sezione della fiera e’ dedicata esclusivamente e pomposamente solo a quegli anni. Come nella moda, anche nell’arte sembra funzionare ormai quasi solo il “Vintage”….l’idea dei “tempi migliori” incombe come un mantra impossibile ormai da fermare: probabilmente il presente non ci piace e il futuro ci spaventa. Proprio quello che pensano gli inglesi del Brexit (anche quelli che hanno votato per il leave).
michael werner booth
Ma l’elemento piu’ interessante qui e’ la quasi scomparsa del minimalismo e del concettualismo (spinto) a favore di una tendenza che potremmo definire quasi come un Neo-Pop Icastico. In pratica un arte molto colorata, visibile, riconoscibile, meglio se di dimensioni medio-grandi e in definitiva piuttosto semplice da afferrare visivamente anche con un solo veloce e distratto sguardo. Insomma un’ arte sempre piu’ “fotogenica” e “coccolona” a misura di smartphone e Instagram.
Lo smartphone sta lentamente ma inevitabilmente influenzando il gusto e i canoni artistici ? E’ una ipotesi molto plausibile, o almeno lo e il fatto’ che alcuni galleristi particolarmente attenti ai media tendano a privilegiare opere che vengano con piu’ facilita’ “catturate e condivise” digitalmente.
I ragionamenti complessi, intellettualmente affascinanti e sofisticati dei curatori (e degli artisti) sembrano parlare un linguaggio un po’ arrugginito, o almeno in difficolta’, almeno se comparati alla valanga dei milioni di scatti consumati e condivisi quotidianamente da armate di telefonini. Non solo lo snap (lo scatto) ma anche e soprattutto il famigerato selfie: quale opera sara’ il compagno/sfondo piu’ adatto ?
kamel mennour
Naturalmente tutto questo al momento riguarda solo le frange piu’ giovani del collezionismo, ma per ovvie ragioni anagrafiche e’ una tendenza che si rinforzera’. Nell’ambito di tale ipotesi tutto sembra prendere un suo senso. La fotografia come media artistico in se’ “soffre” perche’ non da’ una buona resa, in genere, se ri-fotografata. La pittura quando e’ bella colorata e con dimensioni significative funziona abbastanza bene, altrimenti no.
Gli oggetti bizzarri ed inconsueti (ma concettualmente semplici) rendono in modo splendido. Prova “provata” di questo fatto e’ appunto la super “taggata” installazione Pink Project di Porta Munson, ospitata dalla galleria americana PPOW dove troneggia un gigantesco tavolone tutto coperto da ogni possibile ed immaginabile (dai pettini, ai vibratori….) oggetto legato alla femminilita’ e rigorosamente in colore rosa. Ma anche l’opera in forma daino (quasi natalizio) ricoperto di sfere di vetro alla Pace Gallery (realizzata da Kohei Nawa e anche lui “super gettonato” sui social) ce lo puo’ confermare in qualche maniera.
hauser & wirth booth
Ma in fondo, a ben pensarci, anche il voto per il Brexit e’ stato un fatto emotivo, veloce e poco pensato. Motivato sostanzialmente da una sorta di narcisismo collettivo, piuttosto che da valutazioni pratiche e razionali. Quasi come un selfie…
Frieze Masters, tradizionalmente dedicata all’ Antiquariato e all’Arte Moderna, e che ci aveva sempre piacevolmente stupito con iniziative e progetti coraggiosi spesso “piu’ contemporanei del contemporaneo”, sembra meno sicura di se’ e stavolta, francamente, pure un poco noiosetta. Non che manchino delle opere assolutamente importanti e ragguardevoli, come una straordinaria selezione di sculture di Lynn Chadwick nello stand della galleria Blain&Southern (che nella sua sede londinese ha in questi giorni una mostra davvero fantastica di Bruce Nauman).
frank stella
All’ingresso campeggiano tre giganti dipinti di Picasso (presso lo stand della galleria Van de Weghe di New York) nonche’ due magnifiche opere, piu’ picole ma non meno importanti, di Magritte. Picasso tra l’altro in questi giorni e’ celebrato a Londra dalla National Portrait Gallery con una notevole mostra. Qui le gallerie e gli artisti italiani sembrano avere una presenza piu’ consistente.
Ci sono ad esempio degli straordinari quadri di Daniel Buren (alla galleria Continua di San Gimignano) cosi’ come un meraviglioso “mimetico” di Alighiero Boetti. Va segnalato senz’altro anche un bellissimo repertorio fotografico su Cy Twobly presentato da Bernheimer/Colnaghi. Pochissime presenze extraeuropee.
In generale Frieze Masters come fiera appare piu’ conservatrice del solito e decisamente meno brillante. Come dire? un po’ impolverata e impaurita. Della serie: “aspettiamo e stiamo a vedere come va a finire”. Una altra conseguenza indiretta del Brexit ? Difficile dare responsi affidabili in merito. Potrebbe essere anche solo lo specchio in cui si vedono i riflesse le fattezze stanche e senza smalto dello sponsor principale, la Deutsche Bank…..
francis upritchard at the kate macgarry booth meyer kainer frieze london 2016 mayor gallery at frieze masters. photo artnet news fausto melotti, piccolo museo sull'acqua eddie martinez at the timothy taylor
pilar corrias booth