FABIO DE PASQUALE SERGIO SPADARO
1 - ENI-NIGERIA: PROCURA BRESCIA, PROCESSO AI PM DI MILANO
(ANSA) - La Procura di Brescia ha chiesto il rinvio a giudizio del procuratore aggiunto di Milano e responsabile del pool affari internazionali, Fabio De Pasquale, e del pm Sergio Spadaro (oggi alla nuova Procura europea antifrodi) per 'rifiuto d'atto d'ufficio' per non aver voluto depositare nel 2021 prove potenzialmente favorevoli agli imputati del processo per corruzione internazionale Eni-Nigeria, concluso il 17 marzo 2021 con assoluzioni 'perché il fatto non sussiste'. A darne notizia è oggi il Corriere della Sera.
FABIO DE PASQUALE
2 - ENI-NIGERIA, PROVE A FAVORE DELLE DIFESE MAI DEPOSITATE: «PROCESSATE I PM DE PASQUALE E SPADARO»
Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera”
La Procura di Brescia ha chiesto il rinvio a giudizio del procuratore aggiunto di Milano e responsabile del pool affari internazionali, Fabio De Pasquale, e del pm Sergio Spadaro (oggi alla nuova Procura europea antifrodi) per «rifiuto d’atto d’ufficio» nel non aver voluto depositare nel 2021 prove potenzialmente favorevoli agli imputati del processo per corruzione internazionale Eni-Nigeria, concluso il 17 marzo 2021 con assoluzioni «perché il fatto non sussiste» (l’Appello il 19 luglio).
vincenzo armanna
I fatti contestati
L’accusa è cioè aver lasciato le parti ignare di talune prove che, trovate dal pm Paolo Storari e segnalate quantomeno dal 15 e 19 febbraio 2021 in mail all’allora procuratore Francesco Greco e all’altra sua vice Laura Pedio, potevano riverberarsi sulla traballante attendibilità dell’accusatore di Eni: il coimputato/dichiarante Vincenzo Armanna, ex dirigente Eni allora molto valorizzato sia dai due pm titolari del processo Eni-Nigeria, sia (al pari dell’ex legale esterno Eni Piero Amara) da Pedio che all’epoca indagava per depistaggi giudiziari l’amministratore delegato Eni Claudio Descalzi e il capo del personale Claudio Granata.
Le omissioni
PIERO AMARA
L’ufficio bresciano del procuratore Francesco Prete contesta a De Pasquale e Spadaro di non aver depositato le vere chat del telefono di Armanna dalle quali emergeva un suo rapporto patrimoniale di 50.000 dollari con il teste che doveva confermarne le accuse a Eni, il supposto 007 nigeriano «Victor»: chat che Armanna aveva portato ai giudici ma amputatandole (come segnalato allora da Storari e ora confermato da una perizia) di altri messaggi che invece avrebbero mostrato il nesso tra la disponibilità del teste a deporre e i 50.000 dollari, o come esplicita corruzione giudiziaria o come acquisto di un imprecisato documento in Nigeria.
PAOLO STORARI
Taciuti anche i messaggi dai quali Storari aveva fatto emergere che un altro teste, l’uomo d’affari nigeriano Mattew Tonlagha, fosse stato indottrinato sempre da Armanna sulle risposte da dare (contro l’Eni) alla pm Pedio.
Un terzo filone riguarda gli screenshot delle asserite chat che Armanna (mostrandole nel novembre 2020 in una intervista a un quotidiano, per introdurle di sponda nel circuito giudiziario) sosteneva di aver scambiato nel 2013 con Descalzi e Granata a riprova del loro ruolo di depistatori: qui Brescia contesta a De Pasquale e Spadaro di non aver depositato le (persino banali) indagini dalle quali Storari aveva compreso che quelle chat erano un clamoroso falso (come ora confermato da una perizia), in quanto i numeri ascritti da Armanna ai due vertici Eni nemmeno erano attivi nel 2013, risultando utenze che non potevano produrre traffico.
la videoregistrazione dell'incontro armanna amara 3
Il mancato deposito della videoregistrazione
Infine è imputato ai due pm il mancato deposito (già censurato come «incomprensibile» dalla sentenza Eni-Nigeria) della videoregistrazione, effettuata clandestinamente nell’ufficio dell’imprenditore Ezio Bigotti, di un incontro con Amara nel quale Armanna, due giorni prima, nel 2014, di presentarsi in Procura con le prime accuse ai vertici Eni, preannunciava di volerli fare coprire da «una valanga di merda».
eni
La scelta di far rientrare queste condotte dei pm nel contenitore penale del reato di «rifiuto d’atto d’ufficio» è sdrucciolevole perché apre inediti scenari nei rapporti, interni nelle Procure, tra titolari di un processo e altri pm. Forse per questo la richiesta bresciana di processare i due pm rimarca la differenza del loro comportamento: a inizio 2021 non depositarono queste prove potenzialmente favorevoli alle difese, mentre invece nei mesi precedenti, per argomentare manovre su Armanna ordìte dal mondo Eni, avevano invece proclamato di voler assicurare alle difese una «simmetria» e perciò riversato da altri fascicoli verbali di testi, chiamandoli in aula a deporre (come Salvatore Carollo) o chiedendo al Tribunale di convocarli in extremis (come Amara).
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la videoregistrazione dell'incontro armanna amara
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i pm di Milano Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro -U43070110205349sDC-593x443@Corriere-Web-Sezioni vincenzo armanna