Estratto dell’articolo di Paolo Brera per “la Repubblica”
riunione della lega araba in Bahrein
L’intervento dei caschi blu dell’Onu nei territori palestinesi, e una Conferenza internazionale di pace in Medio Oriente: è la ricetta che i 22 Paesi della Lega Araba prescrivono verso una soluzione definitiva del conflitto tra Israele e i palestinesi.
Riuniti nel vertice di ieri a Manana, in Bahrein, sovrani e leader arabi chiedono «forze internazionali di mantenimento della pace e di protezione nei territori palestinesi occupati».
Auspicano cioè che l’Onu dispieghi i caschi blu non solo nella Striscia ma anche in Cisgiordania per riportare la calma e, spento l’incendio, gettare le fondamenta della formula dei due Stati.
riunione della lega araba in Bahrein
L’appello del presidente dell’Autorità palestinese, Mahmoud Abbas, a organizzare «una Conferenza internazionale di pace in Medio Oriente» è stato rilanciato dal re del Bahrein, Hamas bin Issa Al-Khalifa, e adottato dalla Dichiarazione finale in cui la Lega Araba ribadisce e sostiene l’urgenza della creazione e del riconoscimento di uno Stato palestinese indipendente.
I leader arabi sono tornati a riunirsi per la prima volta dopo il vertice straordinario di Riad, convocato dopo il 7 ottobre. E lo hanno fatto in Bahrein, uno dei primi firmatari degli Accordi di Abramo, architrave della normalizzazione con Israele.
riunione della lega araba in Bahrein
Ai palestinesi la Lega araba chiede intanto di riunire «sotto la bandiera dell’Olp» le litigiose fazioni in cui sono politicamente frastagliati: «L’Organizzazione per la liberazione della Palestina è l’unico legittimo rappresentante del popolo palestinese». Un auspicio che sa più di buoni propositi che di realtà.
Ma è l’intera partita a dover essere interpretata alla luce del braccio di ferro tra Benjamin Netanyahu e la Casa Bianca: il premier israeliano è accusato di non avere alcuna visione sul “dopo” che vada al di là di un costoso tentativo di reiterarsi al potere insistendo sull’attacco a Rafah. Un attacco drammatico per la catastrofe umanitaria che prefigura, ma anche per il destino degli stessi ostaggi israeliani: che rischiano di morire sotto le bombe come è accaduto mercoledì notte con 5 soldati uccisi dal “fuoco amico” dell’Idf.
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JOE BIDEN - BENJAMIN NETANYAHU
Scongiurare l’attacco a Rafah, aumentare gli aiuti umanitari ai palestinesi e immaginare una convivenza regolata è parte di questo processo. La destra israeliana e Netanyahu lo hanno finora lasciato franare: «La battaglia di Rafah è fondamentale, è una lotta che decide molte cose in questa campagna», ha ribadito ieri il premier. Punta senza tentennamenti alla resa dei conti con Hamas, sebbene ci siano molti dubbi sulla sconfitta definitiva dei miliziani. E intanto la sua gestione della guerra continua a sollevare indignazione.
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JOE BIDEN - BENJAMIN NETANYAHU
Le forze armate Usa hanno annunciato ieri che il molo per portare via mare gli aiuti è pronto. Ma la Casa Bianca resta «preoccupata» dalla quota limitata di aiuti che riescono ad arrivare ai civili a Gaza. E ieri a Gaza è entrato il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme: ha raggiunto la parrocchia della Sacra Famiglia insieme a frate Alessandro de Franciscis, grande ospedaliere del Sovrano ordine di Malta, e dal parroco di Gaza don Gabriele Romanelli. È l’avvio di una missione umanitaria congiunta del Patriarcato latino e dell’Ordine di Malta per cibo e assistenza medica.
riunione della lega araba in Bahrein riunione della lega araba in Bahrein