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    LA STRATEGIA DELLA PENSIONE - LA PROPOSTA DI CGIL, CISL E UIL: IN PENSIONE DAI 62 ANNI CON ALMENO 20 DI CONTRIBUTI E CALCOLO DELLA PENSIONE PRO-RATA (I CONTRIBUTI VERSATI COL RETRIBUTIVO NON VENGONO RICALCOLATI E PENALIZZATI). OPPURE 41 ANNI DI CONTRIBUTI A PRESCINDERE DALL'ETÀ. E SCONTI PER I LAVORI GRAVOSI, LE DONNE, I GIOVANI CON CARRIERE DISCONTINUE…


     
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    Valentina Conte per “la Repubblica”

     

    I sindacati dicono no all' ipotesi di superare Quota 100 fissando in 64 anni di età - anziché i 62 attuali - e 36 o 38 anni di contributi i requisiti per andare in pensione prima, una sorta di "Quota 102". Un no senza appello perché quell' idea - che il governo accarezza - prevede un ricalcolo per intero delle pensioni future col contributivo (si prende in base ai contributi versati). E quindi un' implicita penalizzazione - un taglio dell' assegno - per chi ancora ricade nel sistema misto e vanta diversi versamenti, fino a 15 anni, nel più vantaggioso retributivo (si prende in base alle ultime retribuzioni).

     

    Ecco dunque la controproposta di Cgil, Cisl e Uil. Non solo per superare Quota 100, misura sperimentale che, scadendo il 31 dicembre 2021, crea uno scalone e allunga la permanenza al lavoro di 5 o più anni dall' oggi al domani. Ma anche per sostituire una volta per tutte la legge Fornero. Come? Così: in pensione dai 62 anni con almeno 20 di contributi e calcolo della pensione pro-rata (i contributi versati col retributivo non vengono dunque ricalcolati e penalizzati). Oppure 41 anni di contributi a prescindere dall' età. E sconti per i lavori gravosi, le donne, i giovani con carriere discontinue.

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    Il clima per ora è di dialogo. I sindacati attendono la convocazione del governo al tavolo sulla previdenza già inaugurato dal premier Conte. Ma non sono disposti a sconti. «Non faremo barricate come in Francia, ma certo siamo pronti alla mobilitazione permanente », scandisce Roberto Ghiselli, segretario confederale Cgil, con delega alla previdenza.

    E proprio Ghiselli spiega nei dettagli la piattaforma.

     

    «Proponiamo di tornare allo spirito della riforma Dini che prevedeva un' uscita flessibile da 57 a 65 anni di età, ma solo per i contributivi puri che lavorano dal 1996. Noi chiediamo di applicare questa idea anche ai "misti". E di fissare i requisiti a 62 anni e 20 di contributi. Le persone devono poter scegliere quando lasciare il lavoro dai 62 anni in poi. O a prescindere dall' età con 41 anni di contributi».

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    Da rivedere poi anche il meccanismo che oggi adegua alla speranza di vita - un unicum in Europa non solo l' età anagrafica e gli anni di contributi versati. Ma anche il coefficiente di trasformazione, ovvero il parametro che trasforma i contributi versati in pensione. «Riteniamo che nei primi due casi età e contributi - l'aspettativa di vita si debba fermare e che si possa discutere sui coefficienti», ragiona ancora Ghiselli. In altri termini, i requisiti anagrafici e contributivi non si allungherebbero più. Ma la pensione potrebbe essere meno generosa: quanto più "giovani" si esce, tanto più basso l' assegno.

     

    In questo quadro e con questi requisiti, Ape sociale e Opzione donna - misure per l' uscita anticipata per disoccupati, donne, lavoratori malati o in difficoltà - potrebbero non essere più rinnovate. Ma, spiega ancora Ghiselli, «occorre dare un riconoscimento ai lavori gravosi e di cura, alle donne e ai giovani».

     

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    Per i lavori gravosi - che la commissione prevista dalla legge di bilancio dovrà mappare - «vale un concetto: non tutti i lavori sono uguali, ma è impossibile definire una speranza di vita per ciascuna mansione», spiega Ghiselli. È l' idea del presidente dell' Inps Pasquale Tridico. «Ma chi ha avuto una vita lavorativa pesante potrebbe anticipare di un po' l' uscita rispetto ai 62 anni o avere un coefficiente di trasformazione più generoso. Così anche per le donne: sconti contributivi per i figli avuti o i famigliari assistiti. Ai giovani va assicurata una pensione contributiva di garanzia.

     

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    Che non significa pensione minima, ma un' integrazione rispetto ai contributi versati, a copertura degli anni di bassa contribuzione, part-time involontario, disoccupazione, buchi. E poi rivedere o cancellare i coefficienti di 2,8 e 1,5 che consentono ai giovani di anticipare la pensione solo se questa è un multiplo dell' assegno sociale. Assurdo».

     

    I costi della proposta non preoccupano i sindacati. Per Quota 100 si spenderà la metà dei 48 miliardi stanziati. «Smettiamola di fare cassa con le pensioni, il ricalcolo contributivo è un bagno di sangue», dice Domenico Proietti, segretario confederale Uil. «Separiamo previdenza da assistenza, dimostriamo alla Ue che il sistema è sostenibile e poi riformiamo la Fornero », aggiunge Ignazio Ganga, segretario confederale Cisl.

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