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Nuovo capitolo della saga "pubblicità sessiste". A renderlo noto è una pagina Facebook dedicata proprio a questo argomento, dal nome "La pubblicità sessista offende tutti". In viale Forlanini sono apparsi manifesti che reclamizzano un noto olio per motori in cui giganteggia una donna in body accanto ad un'automobile. Pressoché invisibile l'olio, la cui confezione è nera su sfondo nero.
L'azienda produce lubrificanti per motori con diversi marchi e già in passato aveva utilizzato donne appariscenti per le pubblicità, sia sulla carta stampata sia nella cartellonistica stradale.
Il manifesto di viale Forlanini è apparso anche in altre città italiane, come Napoli e Catania. Nel 2013 il Comune di Milano si era dato un codice di autoregolamentazione per individuare ed evitare messaggi pubblicitari discriminatori nei confronti delle donne.
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1. le immagini che rappresentano o incitano atti di violenza fisica o morale;
2. le immagini volgari, indecenti, ripugnanti tali da ledere daensibilità dei cittadini e delle cittadine;
3. i messaggi discriminatori e/o degradanti che, anche attraverso l’uso di stereotipi, tendono a collocare le donne in ruoli sociali di subalternità e disparità;
4. la mercificazione del corpo, attraverso rappresentazioni o riproduzioni della donna quale oggetto di possesso o sopraffazione sessuale;
5. i pregiudizi culturali e gli stereotipi sociali fondati su discriminazione di genere, appartenenza etnica, orientamento sessuale, abilità fisica e psichica, credo religioso.
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Criteri che però il Comune può applicare, a quanto sembra, per gli spazi di sua proprietà, anche se gestiti da società terze. Il cartellone di viale Forlanini non pare invece essere di proprietà comunale. C'è comunque la possibilità che l'amministrazione, per ogni cartellonistica installata a Milano, possa effettuare una verifica preventiva.
Diana De Marchi, consigliera comunale del Pd e presidente della commissione pari opportunità, è stata informata del cartellone pubblicitario dei lubrificanti e si è già messa al lavoro per capire se si può fare qualcosa.
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Non è il primo caso di pubblicità ritenuta sessista, discriminatoria e/o fondata su pregiudizi e stereotipi che fa discutere in città: è recente il caso di Pandora che, a dicembre 2017, aveva lanciato una campagna pubblicitaria in metrò con uno slogan contestato per l'equiparazione della donna ai lavori domestici. L'azienda si era scusata affermando di essere stata fraintesa e aveva cambiato i manifesti.
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Nello stesso periodo, a Legnano, una nota macelleria locale aveva affisso manifesti con una donna vestita di rosso e lo slogan "quando la carne chiama... Marchiante c'è". Anche in questo caso l'azienda si era scusata definendo la pubblicità "un errore in buona fede" e provvedendo a togliere il manifesto.
E nel 2018 in viale Forlanini era apparso un manifesto che ritraeva un ragazzo e una ragazza in una posa inequivocabilmente sessuale, ancorché vestiti. Lui dava le spalle a lei e la teneva per la coda dei capelli. In questo caso si trattava di un marchio d'abbigliamento. L'azienda aveva risposto che l'intenzione era quella di evocare "una donna forte, indipendente e che non ha paura di ostentare la sua femminilità".
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Un po' diverso il caso che aveva visto protagonista Belen Rodriguez nel 2014: la soubrette argentina era apparsa in una gigantografia in corso Buenos Aires, in un manifesto di una marca di lingerie. In quell'occasione, a occuparsi del manifesto era stata la polizia locale di zona 3, che aveva effettuato "rilievi" concludendo che quella pubblicità distraeva gli automobilisti aumentando il rischio di tamponamenti. Risultato: cartellone rimosso e sostituito con quello di una modella più "casta" (e una marca di orologi).