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    LIKE A ROLLING ECCLE-STONE – LA FALSA LEGGENDA DELLA RAPINA AL TRENO, GLI AIUTINI ALLA FERRARI, L' EX BOSS DELLA F1 RACCONTA LE REGOLE STUDIATE PER FAR VINCERE LA ROSSA. COL SOSPETTO CHE PERFINO LA MERCEDES L' ABBIA FAVORITA– POI PARLA DEL CIRCUS IN MANO AGLI AMERICANI ("LO STANNO TRASFORMANDO IN UN MCDONALD' S"), DI MARCHIONNE E SUI PILOTI IN ROSA DELLA SAUBER DICE: “DUE FINOCCHI”


     
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    Marco Mensurati per la Repubblica

     

    La prima regola di un buon venditore di auto usate è la puntualità. Alle 12.29 Bernie Ecclestone apre la porta al 66 di Knigthsbridge. Certe abitudini non te le puoi togliere di dosso. Neanche se dopo aver venduto macchine sei diventato una delle persone più ricche e famose del mondo.

     

    Davanti alla finestra grande del bar Boulud la bionda manager di sala, sin lì ipnotizzata dall' autunno londinese, si desta improvvisamente alla vista dell' inconfondibile caschetto bianco. «Buon giorno, Mister E, il suo tavolo da tre è pronto, se vuole seguirmi». Un tempo, in Formula 1 e in generale in tutto il mondo dell' automotive, bastava pronunciare quella formula per evocare successo, fama, potere. Bastava dire "Mister E vuole così" per aprire porte anche laddove porte non ce n' erano: se lo voleva Mister E i peggiori bidoni diventavano macchine vincenti; imprese sconclusionate, team fenomenali; i paracarri, dei campioni.

     

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    Tutto questo fino a un anno fa, quando dopo una trattativa capolavoro, Ecclestone ha venduto il giocattolo più grande del mondo per 9 miliardi e mezzo. Da allora la «sua creatura » non è più sua. Gli acquirenti, gli americani della Liberty Media, vittime del più classico dei complessi yankee, un po' per gelosia un po' per paura di non essere all' altezza, lo hanno estromesso, nonostante l' iniziale promessa di lasciarlo in charge, al comando, per altri tre anni .

     

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    Perdere il potere a 87 anni (li compirà domani) è nell' ordine delle cose. Perderlo così, fa male. Tuttavia Ecclestone ne ha viste troppe in vita sua per portare rancore. E poi ha troppo senso dell' umorismo. E così eccolo qui questo gigantesco ometto canuto venuto su dal nulla della campagna inglese - dove, figlio di un comandante di chiatte, vendeva auto e pezzi di ricambi - accomodarsi al tavolo di uno dei più costosi ristoranti di Londra, ordinare hamburger al piatto, patatine fritte e acqua gasata, e cominciare a raccontare a Repubblica misteri, magie e bugie della Formula 1. Della sua Formula 1.

    Ecclestone, cominciamo dall' inizio. Dalla leggenda dell' origine della sua fortuna.

     

    Nessuno ha mai saputo come abbia fatto i primi soldi. C' è persino chi sostiene che lei abbia preso parte alla grande rapina al treno postale del 1963, quando vennero rubati 2,6 milioni di sterline (60 milioni di euro di oggi). La banda fu arrestata, ma il bottino mai recuperato.

     

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    «Impossibile, c' erano troppi pochi soldi su quel treno. ( Ride) La verità è che l' autista della banda era un bel pilota. Graham Hill mi disse che dovevamo fargli un provino alla Brabham per aiutarlo. Ma aveva più di trent' anni Era troppo vecchio e gli chiesi cos' altro sapesse fare. Sapeva lavorare oro e argento. Così gli dissi di fare i trofei per la coppa che ancora oggi consegniamo agli organizzatori. La verità è che l' origine della mia fortuna è la fortuna stessa».

     

    Si ritiene un uomo fortunato?

    «Ho avuto un sacco di idee e una buona capacità di realizzarle, ma poi sono stato anche fortunato a incontrare tante persone che mi hanno aiutato. Se devo fare due nomi speciali, mi vengono in mente Colin Chapman ed Enzo Ferrari. Hanno creduto in me e mi hanno sempre sostenuto».

     

    Che tipo era Ferrari ?

    «Un uomo straordinario, coraggioso, visionario. Molto difficile, ma sempre leale. Gli devo molto. E non è un caso che il suo marchio e il mio siano due realtà indissolubili».

     

    Indissolubili?

    «Assolutamente sì. La F1 è la Ferrari; la Ferrari è la F1».

     

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    Ecco, a proposito. Tra gli appassionati c' è sempre stato il sospetto che la Ferrari sia stata di tanto in tanto aiutata dalla Fédération Internationale de l' automobile, la Fia, che all' estero è soprannominata con sarcasmo Ferrari International Assistance. Cosa ne pensa?

    «Aiutare la Ferrari è sempre stata la cosa più intelligente da fare. Ed è sempre, sempre sempre stato fatto attraverso i regolamenti tecnici».

     

    I regolamenti tecnici non li fa la Fia?

    « ( Ride) Niente affatto. Vede: i team sono importanti per la F1, ma la Ferrari lo è di più.

    Per questo negli anni sono state fatte molte cose che hanno aiutato Maranello a vincere».

    Questo non è molto "fair".

    «No».

     

    Gli stessi appassionati hanno sempre accusato Charlie Whithing, il direttore di gara, di aiutare i team inglesi. È vero anche questo?

    «Ma no. Charlie ha sempre fatto quello che doveva. Invece Max (Mosley, ex presidente Fia, ndr) ha spesso aiutato la Ferrari. E anche io. Noi tutti volevamo che la Ferrari vincesse.

    Una stagione vinta dalla Ferrari ha più valore di una stagione vinta da altri. Ma guardi che anche i team hanno interesse a sfidare una Ferrari competitiva. Un conto è vincere contro la Sauber, un conto è farlo contro un' auto rossa col Cavallino».

     

    Quest' anno secondo lei è stata aiutata?

    «Nel caso, nessuno può saperlo. Tranne chi lo ha fatto... Di certo a un certo punto una mano con questo motore l' hanno avuta».

     

    In passato o quest' anno?

    «Con questo motore».

     

    E da chi? Come? In che senso?

    «Anche per la Mercedes vale lo stesso ragionamento. Un mondiale vinto contro la Sauber è una cosa. Uno vinto contro la Ferrari è un' altra».

     

    Quindi Mercedes ha aiutato la Ferrari?

    «Non lo so. Dico: forse. Del resto nel passato è già successo, con la Honda. Se Mercedes avesse deciso di travasare tecnologia a Maranello, io dico che è stata una buona mossa.

    Del resto è certo che con questa situazione amichevole che c' è tra i due team, la cosa migliore per quelli di Stoccarda nel 2017 era assicurarsi: a) che la Red Bull non avesse i motori più potenti (e la Ferrari nel 2016 si è rifiutata di darglieli, ndr); b) che la Ferrari fosse abbastanza competitiva da essere una rivale credibile. Da battere».

     

    E così vincerà Hamilton. Dove ha sbagliato la Ferrari?

    «È stata sfortunata. Ha pagato a caro prezzo due errori degli ingegneri».

     

    Vettel secondo lei è innocente?

    «A Singapore ha fatto quello che doveva. Il problema è stata la partenza straordinaria di Raikkonen, che ha tolto spazio di manovra a Verstappen. È quello che si chiama incidente. Non è colpa di nessuno. I guasti in Malesia e in Giappone invece sono errori umani. La Ferrari paga quelli».

     

    Si parla di un avvicendamento Binotto-Arrivabene.

    «Fare il team principal della Ferrari è il mestiere più difficile del mondo. Fare il team principal della Ferrari con Sergio Marchionne è ancora più difficile. È un talento assoluto, bravissimo sul piano operativo. Ma ama essere in charge. Per un sottoposto è difficilissimo avere a che fare con un uomo così forte, e con tutto quel carisma. Non ce lo vedo un ingegnere che si prenda la briga di discutere animatamente con Marchionne. Forse avrebbe bisogno di una linea di due o tre persone insieme che, se qualcosa non va, trovino il coraggio di dirgli: "Presidente noi abbiamo pensato che". Maurizio come pr ha fatto un lavoro eccezionale, ma temo che parli solo se Sergio glielo chiede. E a occhio non credo glielo chieda tanto spesso. Tutto questo fa essere molto solo Marchionne, e con questi motori non te lo puoi permettere. Questi motori sono così complicati che per capirli devi essere nato con loro, devi viverci quotidianamente.E Sergio ha anche altro da fare; avrebbe quindi bisogno di affidarsi ad altre persone. E non gli viene bene».

    A Wolff e Lauda invece riesce benissimo.

    «Sì. Ma non bisogna dimenticare che erano già in vantaggio su questi motori ibridi quando gli altri ancora non sapevano nemmeno che ci sarebbero stati».

     

    Come è andata quella storia?

    «Il momento chiave è stato quando Ross Brawn stava nel gruppo di lavoro della Fia che avrebbe deciso quali motori mettere dal 2014. Sapeva esattamente cosa stava succedendo. Non era lì perché era un bravo ingegnere ma perché era della Ferrari. Ce l' avevano messo loro. Poi è andato alla Mercedes. E ha portato il know how con sé».

    E così è cominciato il dominio della Mercedes. Che dura tutt' oggi. Lei perché lo ha permesso? Lei era il grande boss.

    «Io mi ero opposto. Max Mosley diceva che era la cosa giusta. Alla fine le squadre si convinsero e questo motore passò. Ma il mistero è la Ferrari. A Maranello erano bravi a produrre motori potentissimi e all' improvviso accettavano di avere a che fare con questi giocattolini costosi e sofisticati. Luca (Montezemolo, ndr) non ne sapeva niente di motori ma i suoi ingegneri lo convinsero che era meglio così Povero Luca, si è trovato a dover prendere una decisione basata su quello che qualcun altro avrebbe dovuto sapere bene. E fu la decisione sbagliata. Ma non è finita qui»

    No?

    «No, perché adesso devono scegliere i motori del 2020, e Sergio è nella stessa identica posizione».

     

    Le è piaciuta la cerimonia prima della gara di Austin?

    «Forse è stata fantastica per gli americani ma per la F1, no. Mi hanno mandato un sacco di commenti i miei amici, uno diceva a un certo punto mi aspettavo saltasse fuori Biancaneve. Avevo costruito un ristorante stellato, loro lo stanno trasformando in un McDonald' s. A un certo punto ho visto saltare fuori due piloti della Sauber tutti vestiti di rosa. Ho pensato: finalmente una bella coppia di piloti finocchi in Formula 1».

     

    Si rende conto che questa è irricevibile?

    «Ma ero indignato! I piloti non vestono così! Se mai avessi avuto qualcosa a che fare con quelli, li avrei fatti tornare indietro a cambiarsi. Vestitevi in modo appropriato, gli avrei detto. Esiste una componente di machismo in Formula 1, e va rispettata».

     

    Lei in questi anni ha avuto un numero impressionante di uscite infelici. Cosiddette gaffe. Da quando sostenne che Hitler è "uno che sa fare le cose" a quando definì le donne "addetti domestici". Come spiega questa sua attitudine?

    «La cosa di Hitler è stata male interpretata. Mi avevano chiesto di fare dei nomi di personaggi storici che sapevano fare le cose. Nominai la Thatcher e nominai anche Hitler: aveva preso un paese in bancarotta e l' aveva risollevato. Sapeva fare le cose, non c' è dubbio. Non ho mai negato che fece molto altro di cui nessuno potrebbe essere orgoglioso. La cosa delle donne, come questa sui piloti finocchi, era invece una battuta. Ho un senso dell' umorismo un po' irriverente. Mi spiace se qualcuno non lo capisce. Capita spesso, soprattutto con gli americani».

     

    Ancora gli americani Vuole togliersi qualche sassolino? Che voto gli dà?

    «Nessun voto, non sarebbe corretto farlo.

    Hanno comprato la F1 a un prezzo molto alto, ma non avevano avuto modo di parlare in maniera approfondita con me o con Pasquale (Lattuneddu, il suo braccio destro, ndr).

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    Quindi quando parlavano di F1 lo facevano attraverso una visione preconcetta. Dicevano: faremo sei Gp in Usa. Quando hanno visto quanto fosse difficile, hanno smesso di dirlo.

    Ora se ne stanno rendendo conto, mi rifaccia la domanda tra un anno».

    Squilla il telefono. Ecclestone ha la suoneria con il fischio del Buono, il brutto e il cattivo. È Jean Todt, il n.1 della Fia. Discutono. Poi Ecclestone saluta bruscamente e attacca.

     

    Che tipo è Todt?

    «Uomo complicato, gran lavoratore, vuole essere famoso. Credo che voglia fare il primo ministro della Francia».

     

    Lo aiutò ad andare in Ferrari?

    «Sì. Andammo con Luca da Romiti a Milano.

    Romiti era contrario. Diceva che non era italiano Io tagliai corto: "Le assicuro che se vincerà il mondiale ci metterete un secondo a trovargli un nonno siciliano"».

     

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    Poi le è stato leale?

    ( Ci pensa un po') «Sì. Direi di sì».

     

    E oggi chi consiglierebbe a Marchionne?

    «Charlie Whithing. Sa tutto di tutti i team e quello che non sa, sa come saperlo. E poi non dovrebbe avere un gardening troppo lungo» ( ride).

    Si riferisce al "caso Budkowski", il tecnico della Fia andato alla Renault con soli tre mesi di pausa tra un lavoro e un altro.

    «La Fia ha sbagliato. Doveva tenerlo fermo per più tempo. Conosce tutti i segreti delle altre macchine e li userà per la Renault».

     

    Su chi scommette per il prossimo anno?

    «Mercedes. Ha le risorse per fare quello che vuole. Quest' anno se ne avessero avuto bisogno avrebbero potuto trovare molta più prestazione in qualunque momento».

     

    Chi è secondo lei il miglior pilota oggi?

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    «Verstappen».

     

    Cosa pensa della decisione di Austin di penalizzarlo per il sorpasso su Raikkonen?

    «È stato un errore al mille per cento. Con me non sarebbe successo. A interpretare le regole della F1 non servono avvocati, ma gente di sport con il cervello. Poi c' è il caso in cui sei uno steward finlandese ed ex ferrarista e allora è possibile che fai una sciocchezza».

     

    Domani compirà 87 anni. Quando si guarda indietro e rivede tutto quello che ha fatto, cosa pensa Ecclestone?

    «Che ho fatto tante cose belle, ho guadagnato un sacco di soldi e ho conosciuto molta gente straordinaria, capi di stato, geni, eroi, gente pronta a rischiare tutto per la propria passione. Ma la cosa per cui mi reputo un uomo fortunato è che mi sono sempre divertito ».

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