Alessandro Catapano per gazzetta.it
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“Non chiamiamola riforma, questa è l’occupazione del Comitato Olimpico. Vogliono trasformarci in un tour operator”. Non usa mezzi termini, Giovanni Malagò. Il presidente del Coni trasforma il suo intervento in apertura del Consiglio nazionale straordinario convocato per discutere della proposta di legge del governo, in un’arringa che è insieme di difesa e attacco. “Il Coni è senza dubbio il comitato olimpico oggi più prestigioso al mondo, con la riforma del governo diventerebbe senza dubbio l’ultimo”.
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Malagò giura di non voler fare polemica e di voler essere “costruttivo”, ma affonda i colpi: “Il governo ha un’idea sbagliata e profondamente ingiusta - dice -. Che non rispetta la grande storia del Coni. Nemmeno sotto il fascismo ci si era spinti a tanto”.
POLITICA — Nel dettaglio, “questa non è una riforma dello sport, non vi fate ingannare - dice ai presidenti di federazioni, discipline associate ed enti di promozione -. È solo una precisa volontà politica di trasformare il Coni. Un lunghissimo intervento che cresce di tono e contenuti. Malagò strappa applausi e anche una standing ovation, quando dice: “Io non rinuncio allo scudetto del Coni, al tricolore, alla nostra storia rispettabile per una volontà politica”. Giura di “non voler fare guerre”, ma “tutto questo non lo posso accettare”. In particolare - si chiede -, “perché una nuova società partecipata al 100% dallo Stato dovrebbe dare fisicamente i contributi? Se si vuole solo staccare un assegno, non capisco. Se invece si vogliono determinare i criteri, per me è inaccettabile”.
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TRATTATIVA — Qual è il punto di caduta? “Non lo so, siamo disposti a trattare fino alla fine, continueremo a incontrarci. C’è anche un problema di tempi, tra pochi giorni dobbiamo andare a Tokyo a presentare la candidatura di Milano-Cortina, che facciamo buttiamo a mare anche questa?”. E poi, la battaglia per i Giochi asiatici del 2020 è già entrata nel vivo. “Abbiamo già ottenuto delle carte olimpiche, come possiamo cambiare i criteri in corsa?”. Concetti che vengono inseriti in un documento che ottiene tutto il sostegno del Consiglio nazionale. “È un problema mostruoso, clamoroso - chiude Malagò -. Le mie dimissioni? Io non abbandono la nave”. E giù applausi scroscianti.
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