Marco Bresolin per “la Stampa”
italia alla canna del gas by beppe mora
Nonostante il tentativo di mediazione della presidenza ceca, ieri la riunione dei 27 ambasciatori Ue si è conclusa con un nulla di fatto: non ci sono i numeri per approvare il piano della Commissione che prevede di tagliare del 15% il consumo di gas. Troppi i Paesi contrari, troppe le divergenze tra le varie delegazioni. Con l'Italia che guida il fronte dei Paesi mediterranei che si oppongono alla proposta di Ursula von der Leyen, tanto che il ministero della Transizione ecologica ha deciso di scrivere una lettera a Bruxelles per mettere nero su bianco il "no" italiano ai punti-chiave della proposta.
ITALIA E GAS LIQUIDO
Una presa di posizione dura che allontana ulteriormente la possibilità di approvare il piano già alla riunione del Consiglio Energia in agenda martedì, come auspicato dall'esecutivo europeo. Per il via libera serve la maggioranza qualificata, vale a dire almeno 15 Paesi che rappresentino più del 65% della popolazione. Al momento si sono espressi a favore della proposta, pur con alcune osservazioni, soltanto undici Stati: tra questi ci sono la Germania, i Paesi Bassi, i Baltici e gli scandinavi.
ITALIA E GASDOTTI
Sul fronte opposto c'è invece l'intero asse mediterraneo con la Polonia e l'Ungheria. La presidenza ceca ha fatto sapere che nel weekend lavorerà a una nuova proposta di compromesso che sarà discussa lunedì dagli ambasciatori dei 27. Ma un'intesa al vertice del prossimo 26 luglio appare ormai impossibile: ci sono ancora troppi nodi da risolvere e troppo poco tempo a disposizione.
I GASDOTTI VERSO L EUROPA
Già ieri il governo di Praga ha cercato una mediazione presentando alcuni emendamenti, tra cui quello che di fatto sposta dalla Commissione al Consiglio il potere di dichiarare lo stato di allerta. Si tratta di un passaggio cruciale perché da quel momento il taglio del gas diventerebbe obbligatorio per tutti. Ed è proprio questo il punto più contestato dagli Stati, visto che almeno 17 delegazioni si sono espresse per chiedere di assegnare al Consiglio un ruolo decisionale.
In sostanza non vogliono che sia la Commissione a imporre loro il taglio del gas. L'Ungheria ha addirittura contestato le basi giuridiche del piano, che ai sensi dell'articolo 122 del trattato prevede misure di solidarietà per aiutare i Paesi colpiti da un eventuale stop delle forniture: secondo Budapest non ci sono né l'urgenza né l'emergenza per giustificare un tale intervento. Inoltre la delegazione ungherese ha chiesto di adottare il piano all'unanimità in modo da poter conservare il diritto di veto.
estrazione di gas 6
Nella sua prima proposta di compromesso, la presidenza ceca ha anche suggerito di ridurre da due anni a uno la durata del regolamento. Ma non è bastato: oltre al nodo della governance, ci sono almeno altri quattro punti sui quali diversi governi hanno sollevato obiezioni. Innanzitutto c'è una questione di tempi, sollevata - tra gli altri - anche dalla Francia: chiudere entro martedì non è fattibile. Diversi Paesi, inoltre, hanno bisogno di un passaggio parlamentare. Al contrario, la Lettonia e l'Estonia vogliono chiudere il prima possibile.
L'altro tema in discussione riguarda l'entità del taglio ai consumi: secondo la Commissione, nei prossimi otto mesi i governi dovrebbero ridurre del 15% l'uso del gas rispetto alla media degli ultimi cinque anni. L'intervento porterebbe a un risparmio globale di circa 45 miliardi di metri cubi di gas, un terzo di quanto importato dalla Russia nel 2021.
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Per l'Italia vorrebbe dire un taglio di quasi 8,5 miliardi di metri cubi, per la Germania 10,3 e per i Paesi Bassi 4,5. Ma Berlino e L'Aia chiedono addirittura di aumentare l'entità del risparmio, andando oltre il 15%. Non la pensano così l'Italia, la Grecia, la Spagna, il Portogallo e la Polonia che hanno chiesto ufficialmente di ridurla. Varsavia ha proposto di partire con il 5% e, come l'Italia e l'Ungheria, insiste affinché il razionamento sia soltanto su base volontaria.
estrazione di gas 3
C'è infine un altro punto, sollevato in modo particolare dal ministro Roberto Cingolani nella sua lettera a Bruxelles, che riguarda il target stesso: Roma non vuole che sia uguale per tutti, ma preme per introdurre dei correttivi in modo da tener conto della reale dipendenza energetica dalla Russia e degli sforzi fatti per ridurla. Anche gli altri Paesi che non acquistano metano da Mosca, come ad esempio il Portogallo, contestano il cosiddetto "obiettivo orizzontale".
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La Commissione ha spiegato molto chiaramente che in questo piano non c'è alcuna proposta di tetto al prezzo del gas, ma l'Italia ha comunque approfittato delle discussioni di questi giorni per continuare a porre il tema, sostenuta in particolare dalla Grecia. I due Paesi hanno anche insistito sulla necessità di riformare il mercato energetico, slegando il costo del gas da quello dell'elettricità. Ma la Germania, i Paesi Bassi, la Danimarca, la Lettonia e la Finlandia hanno espresso la loro netta contrarietà.