PATRICE EVRA
Alessandro Grandesso per www.gazzetta.it
Resta un tabù quasi assoluto, l'omosessualità nel calcio, maschile. Lo dice Patrice Evra in un incontro con i lettori del quotidiano Le Parisien, per presentare la versione francese della sua autobiografia. Un libro confessione, dove l'ex terzino di Manchester United e Juventus, svela per che in ogni squadra ci sono almeno due gay. E poi parla degli abusi subiti da tredicenne: “Devo testimoniare per spingere ragazzi e ragazze vittime di violenze a non chiudersi nel silenzio”.
EVRA
GAY
Quello degli abusi sessuali è un capitolo che Evra aveva già ampiamente raccontato in varie interviste in Inghilterra, dove ha vissuto gran parte della sua carriera, anche da capitano dei Red Devils.
Ma Evra fa un passo in più e punta dritto verso un altro territorio oscuro del mondo del calcio professionistico: “Nel calcio tutto è chiuso. Se da calciatore dici che sei gay, sei morto. Ricordo una volta venne una persona a parlare di omosessualità alla squadra. Certi colleghi dissero che l'omosessualità era contro la loro religione e che se c'era un gay in spogliatoio bisognava cacciarlo dal club. Io ho giocato con gay, ne hanno parlato con me, da soli, perché hanno paura di aprirsi pubblicamente. Ci sono almeno due gay per squadra. Ma nel calcio se lo dici sei finito”.
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SILENZI
Una testimonianza importante, nonostante Evra in passato si sia illustrato in dichiarazioni non proprio rispettose, dando del “frocetto” a chi lo criticava, o anche ai giocatori del Psg dopo l'eliminazione dalla Champions, per mano del Manchester United nel 2019.
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In ogni caso, Evra, molto seguito anche sui social si esprime pure sulla necessità di non rimanere nel silenzio, quando si subiscono abusi sessuali da ragazzini: “L'ho raccontato non tanto per me, ma per chiunque si trovi nella mia stessa situazione di quando fui stuprato da 13enne. Ho tenuto dentro tutto per anni fino a quando, guardando una trasmissione televisiva sul tema, non scoppiai in lacrime e confessai tutto a mia moglie. Bisogna sempre parlare e denunciare chi commette tali atti, anche se i colpevoli sono dei familiari, per non vivere nel trauma”.
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RAZZISMO
Infine, Evra ribadisce la sua battaglia contro il razzismo, bollando come insufficiente quanto fatto finora: “Quando è venuta fuori la storia della Super Lega tutto il pianeta calcio ne ha parlato, con prese di posizioni radicali. Mi sono chiesto perché non si fa lo stesso per combattere il razzismo. Semplicemente perché non c'è in gioco denaro. Non è una soluzione vietare ai razzisti di andare allo stadio. Bisogna invece parlarne nelle scuole, nelle famiglie”.
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