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    ANCHE I RICCHI RIDONO – HOLLANDE CANCELLA DOPO SOLI DUE ANNI LA SUPER-TASSA CHE FECE SCAPPARE DEPARDIEU – NON PIACEVA A NESSUNO E HA GARANTITO UN GETTITO IRRISORIO


     
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    Paolo Levi per “La Stampa

     

    gerard depardieu gerard depardieu

    È la rivalsa di Gérard Depardieu sul governo di François Hollande: dopo due anni di difficoltosa esistenza - tra polemiche, proteste e gaffe, con l’imbarazzante bocciatura del Consiglio costituzionale - la Francia seppellisce, nell’indifferenza generale, la tassa al 75% sui redditi superiori a 1 milione di euro. Una delle promesse più simboliche del quinquennio socialista, che indusse Depardieu a scegliere la via dell’esilio in Belgio (poi nella Russia di Vladimir Putin) e suscitò l’ira di vip e milionari. Come il re del lusso Bernard Arnault, il quarto uomo più ricco del mondo, che andò a protestare dal primo ministro, o la Lega calcio, pronta a fermare il campionato di Ligue 1 per proteggere le finanze dei club, nonché lo stipendio di assi del pallone come Zlatan Ibrahimovic o Thiago Silva. Hollande annunciò la supertassa in tv, il 27 febbraio 2012, ad appena due mesi dal voto presidenziale del 6 maggio.
     
    Da destra a sinistra, il progetto di legge scontentò persino la sinistra più dura. «È assurdo», tuonò il leader del Front de Gauche, Jean-Luc Mélenchon. «Idiota», protestò l’ex premier della destra, François Fillon, unendosi al coro dell’opposizione neogollista in rivolta contro quella che veniva considerata una «punizione dei ricchi». Contro la stangata fiscale anche il Medef: «È un provvedimento inefficace e pericoloso», deplorò la confindustria francese, mentre esperti e analisti evocarono il rischio di un esodo degli investimenti dalla seconda economia dell’eurozona.

    l'incontro tra hollande e nazarbayev 6 l'incontro tra hollande e nazarbayev 6

     

    «Sono pronto ad accogliervi con il tappeto rosso», disse il premier britannico Cameron, rivolgendosi a tutti gli imprenditori francesi tentati dall’«esilio fiscale», in un’uscita che resterà negli annali del secolare antagonismo tra Parigi e Londra. Mentre il giovane Emmanuel Macron, ex consigliere di Hollande, oggi ministro dell’Economia, sbottò in privato: «È Cuba senza il sole».

     

    Nell’idea di Hollande - che si presentò ai connazionali come il «presidente normale», in contrapposizione a Nicolas Sarkozy, «paladino dei ricchi» - l’aliquota al 75% doveva essere un «contributo eccezionale di solidarietà». Un modo per richiamare i Paperoni di Francia a uno «sforzo patriottico» ma temporaneo. «Appena due anni», assicurò l’esecutivo, giusto il tempo di risanare i conti pubblici.

    manuel valls francois hollande manuel valls francois hollande

    A fermare lo slancio solidale del Presidente non bastarono il rischio del calcio in sciopero o l’ira degli imprenditori, ma l’impietosa bocciatura del Consiglio costituzionale: «È una misura confiscatoria».

     

    La sentenza dei saggi del dicembre 2012 costrinse il governo a lavorare a un nuovo testo. La versione emendata arrivò a marzo. Per non perdere la faccia, Hollande mantenne l’aliquota al livello del 75%, ma la tassa veniva limitata alle aziende risparmiando i singoli contribuenti. I guadagni di vip, attori, e liberi professionisti erano salvi. Quanto alle squadre di calcio, ottennero di limitare l’aliquota al 5% dei ricavi.

     

    SPAREGGIO PORTOGALLO SVEZIA CRISTIANO RONALDO IBRAHIMOVIC SPAREGGIO PORTOGALLO SVEZIA CRISTIANO RONALDO IBRAHIMOVIC

    Risultato dell’operazione: 420 milioni di euro nel biennio 2013-2014. «Noccioline», osservano i detrattori, ricordando il totale di 70 miliardi di euro derivanti dall’imposta sul reddito. Se il beneficio per le casse dello Stato è dunque limitato, il colpo all’attrattività degli investimenti stranieri è stato duro. E forse non è un caso se, lo scorso ottobre, il premier Manuel Valls abbia scelto proprio un incontro con il mondo finanziario a Londra per riconoscere il definitivo abbandono del provvedimento. E l’implicita vittoria di Depardieu.

     

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