Marco Giusti per Dagospia
kill me if you can locandina
Vi ricordate la storia di Raffaele Minichiello, detto Ralph? Reduce dal Vietnam italo-americano, nato a Melito Irpino nel 1949, trasferitosi a Seattle nel 1963, che vanta il più lungo dirottamento della storia, ben 19 ore, quando con una carabina prese in ostaggio l’equipaggio di un volo Los Angeles – San Francisco e, con quattro scali e un cambio di piloti, lo fece arrivare fino a Roma, 11 mila chilometri.
In Italia fu preso e processato, ma come accade a molti svalvolati armati, divenne un eroe per gli italiani. Racconta la sua storia con molti particolari e un incredibile arredo di materiali d’epoca Alex Infascelli in “Kill Me If You Can”, visto oggi alla Festa del Cinema di Roma. Dopo averci dato “S Is for Stanley”, il documentario sull’autista di Stanley Kubrick e “Il mio nome è Francesco Totti”, indovinate su cosa, Infascelli si è innamorato di questo ormai dimenticato Rambo italiano, all’apparenza un tranquillo signore di settant’anni, che avrebbe tutte le caratteristiche per diventare protagonista di un grande film d’azione.
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Uscito da un’Italia, anzi un’Irpinia povera e terremotata, Raffaele Minchiello viene trasportato in un’America dove non riesce bene a inserirsi non parlando la lingua e parte volontario a soli 17 anni e mezzo per una guerra sanguinosa che non gli appartiene proprio ma che pensa possa dargli un’identità. Torna, come molti reduci, quando in America il Vietnam è visto come una pagina negativa della storia nazionale da dimenticare.
Tutto quello che riceve dall’esercito è una ricompensa di 600 dollari su un pattuito di 800. Per questi 200 dollari, che l’esercito non vuole assolutamente dargli, Raffaele arma un casino, beve, ruba da un bar e rischia un processo. Che non farà, perché si compra una carabina e decide di mettere in scena un atto clamoroso. Il dirottamente di un aereo verso l’Egitto.
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Incredibilmente passa i controlli e riesce a far funzionare il suo piano. Bel ragazzo, ancora giovane, ha solo vent’anni, Raffaele è salutato in Italia come un eroe nazionale e benché venga condannato a 7 anni e mezzo di carcere al processo, se ne farà solo uno e mezzo. Esce, si sposa, fa un figlio, si compra una pompa di benzina e nel corso degli anni progetterà altre azioni eclatanti.
Quello che stupisce del personaggio nel documentario di Infascelli, è la sua assoluta tranquillità nel raccontare la sua storia, le sue bravate, fa anche dei servizi di nudo su Playmen, e quello che avrebbe potuto fare, da militare professionista abituato a uccidere, con un fucile in mano. Come se fosse tutto possibile. Assolutamente non epico. Inoltre.
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Sull’aereo lascia il fucile per terra per andare in bagno, esce e lo ritrova lì, senza che il comandante dell’aereo lo abbia preso e gli abbia sparato salvando la situazione. Commenta solo che al suo posto, lui avrebbe fatto proprio così. Avrebbe sparato e avrebbe ucciso il dirottatore. Bang! Bang!
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