Marco Giusti per Dagospia
Festa di Roma/Il ladro di giorni
il ladro di giorni
“Come sto?” chiede Riccardo Scamarcio al figlioletto mentre si prova un paio di occhiali da sole. “Forse… un po’ cafone”, risponde il figlioletto. Il ladro di giorni, diretto da Guido Lombardi, che lo ha scritto assieme a Luca De Benedettis e Marco Gianfreda, il solo film italiano nella selezione ufficiale della Festa di Roma, è un puro Scamarcio-movie.
Così, anche se Lombardi può vantare una filmografia decisamente da autore con le regie di opere pregevoli come Là-bas e Take Five, è evidente che la presenza di Scamarcio, presente in ogni scena dall’inizio alla fine, trasformi il film in uno Scamarcio-movie, anzi in uno Scamarcio-movie on the road per le strade della Apulia Film Commission e per una serie di altre Film Commission, Trentino-Lazio-Campania, magari un po’ invadenti ai fini del racconto, come dimostra l’episodio dei Battenti a Gravina di Puglia. Ma così si fanno i film oggi in Italia. Si sa.
il ladro di giorni
Essendo uno Scamarcio-movie il protagonista può fare cosa vuole, cantare “L’estate sta finendo” dei La Bionda, “Love Boat” di Little Tony, ma soprattutto l’inno dell’Andria in uno dei momenti più stracult di tutto il film, visto che Scamarcio è nato proprio in quel di Andria. Ma in quale serie gioca l’Andria? Boh?! Devo dire che il film magari è un filo lungo, ma si segue bene, Lombardi, come aveva dimostrato con Take Five, ha ben presente le regole del cinema di genere, soprattutto del noir. Scamarcio è come sempre bravissimo, stavolta in un ruolo di ex-galeotto e duro, per nulla pentito, che dopo sette anni torna dal figlioletto, Augusto Zazzaro, e lo trascina dal Trentino, dove stava tranquillo con la zia parlando in tedesco, a Bari in un viaggio alquanto avventuroso.
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Perché questo padre ex-galeotto, Enzo, ha dei conti da regolare con chi lo ha mandato sette anni in prigione e 70 chili di coca da portare proprio a Bari nel bagagliaio. Spuntano così vecchi soci d’affari, un grande Massimo Popolizio, due ragazze tedesche, una bella pugliese, Rosa Diletta Rossi, un vecchio malavitoso e così via. Non c’è ragazza nel film che non adocchi il sedere di Scamarcio, ovvio, e non c’è momento che Scamarcio non si senta Scamarcio. Il ragazzino che interpreta il figlioletto si piscia nei pantaloni due volte e impara a dire “cazzo”. Detto questo il film non è male, ma chissà quando uscirà.
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