Un estratto del discorso di ingresso di #GianniClerici nella Hall of Fame del 2006(con Sabatini e Rafter, non proprio pizza e fichi)
"Senza i perdenti non esisterebbero i vincenti"@meloccaros @gippu1 @paolobertolucci #Clerici @CucchiRiccardo @Edorsi53 @GeorgeSpalluto pic.twitter.com/GUHYKod6QB
— Sgt. Pepper (@matrin82) June 7, 2022
clerici sabatini
Francesco Persili per Dagospia
“Gabriela Sabatini? Qualcosa di diverso e di più di un semplice innamoramento. Addirittura una sorta di coito oftalmico”. Ri-leggere Gianni Clerici è un’educazione alla libertà, una fenditura di luce nell’afosa cappa del politicamente corretto. Non c’è miglior serve&volley per gli occhiuti carcerieri della parola che l’elogio dello Scriba per “il sudore sotto le ascelle” di Gaby con il mistico affiorare di “uno splendido capezzolo sotto la stoffa intrisa di sudore”.
Una divulgazione seducente come certe volée di McEnroe: “Anche senza essere gay, da uno che ha una mano così mi farei certamente accarezzare!”, disse in telecronaca Gianni Clerici, sempre all’incrocio delle righe tra eleganza e cazzeggio.
CLERICI TOMMASI
“Bingo Bongo stare bene solo in Congo”, il duetto da Studio 1 con Rino Tommasi con cui era solito salutare l’inizio degli Australian Open, oggi manderebbe in tilt il severo protocollo editoriale a cui si attengono le tv. E le icastiche definizioni di Kim Clijsters “una pastorotta bionda” e di Justine Henin “magretta, bruttina, introversa sino a divenire cupa” avrebbero probabilmente lo sgradevole effetto di aizzare la canea social e di sicuro quello di scatenare le erinni turbo-femministe.
Eppure c’è stato un tempo in cui si poteva definire “negro” Artur Ashe, “italopitechi” i bifolchi del Foro Italico che fischiavano i rivali di Panatta, e fare innocuo body-shaming su Michelino Chang, “un bambino dal crapone enorme, dalle gambotte corte e stortignaccole”.
GABRIELA SABATINI 9
Si era più liberi o forse semplicemente Gianni Clerici è stato un genio nello spostare l’asticella della libertà di espressione dove voleva lui. Il bacio al ginocchio di Venus Williams, i lamenti della Seles “simili alla fase finale di un orgasmo” e i “gruantoli” (via di mezzo tra grugniti e rantoli) di Maria Sharapova, “una che, a chiudere un istante gli occhi, ricorda le esternazioni della povera Moana Pozzi”, rappresentano atti unici di erotizzazione dell’agonismo. Vette di sprezzatura inarrivabili per gli “arrotini” del politicamente corretto.
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