Stefania Chiale per il Corriere della Sera - Estratti
infermieri lombardia
Cercasi 2.287 infermieri in Lombardia o addio case di comunità. Gli elementi chiave della riforma sanitaria lombarda finanziata dal Pnrr, in assenza di altri 3mila infermieri, rimarranno scatole vuote. Gli infermieri in regione sono pochi (66mila), mal pagati (gli stipendi italiani sono tra i più bassi in Europa) e in fuga all'estero, in particolare nella vicina Svizzera.
È questo in sintesi il quadro delineato dai responsabili regionali dell'Ordine delle professioni infermieristiche (Opi), dai dirigenti infermieristici del Sidmi e dai sindacati di categoria di Cgil, Cisl e Uil Lombardia sentiti dalla commissione Sanità del Consiglio regionale. Un secondo giro di audizioni è stato fissato per il 28 settembre, ma il grido d'allarme lanciato è già estremamente esaustivo.
Mancato turnover e transfrontalieri
Perno del problema è il mancato turn over: «Sono 3mila gli infermieri che andranno in pensione in regione nei prossimi cinque anni, a fronte di non più di 2mila ingressi da neolaureati», ha spiegato il vicecoordinatore regionale Opi Aurelio Filippini. Ma in una regione come la Lombardia il tema dello stipendio inadeguato si fa sentire ancora di più per la vicinanza di Paesi in cui la professione è pagata tre volte tanto: sono 6-7mila gli infermieri della Lombardia che lavorano all'estero dove sono ambiti e valorizzati, di cui 4mila in Svizzera.
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In 4mila vanno a lavorare ogni giorno in Svizzera
Gli infermieri transfrontalieri, infatti, arrivano a guadagnare in Svizzera fino a 5mila euro, quanto un primario in Italia, mentre la retribuzione mensile al di qua del confine non supera nella migliore delle ipotesi i 1.600-1.700 euro («1.480 è lo stipendio medio a Milano e provincia», corregge al ribasso il presidente di Opi Milano, Lodi, Monza e Brianza Pasqualino d'Aloia). Per dare un'idea della portata del fenomeno, i quattromila infermieri transfrontalieri in Svizzera rappresentano una forza lavoro pari a circa il 30-35% delle piante organiche delle aziende sanitarie delle città lombarde di confine, cioè Varese, Lecco, Como e Sondrio.
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E il capogruppo del M5S al Pirellone Nicola Di Marco chiede che si lavori «immediatamente per cambiare la narrazione di questa professione, con incentivi per l’iscrizione ai corsi universitari, e attraverso un contratto nazionale del lavoro che sia adeguato alle esigenze degli infermieri sia a livello retributivo, sia a livello di riconoscimento dello status professionale e valorizzazione della dirigenza infermieristica. Occorre ampliare gli spazi di autonomia di questa professione. Infine, servono azioni mirate per le zone transfrontaliere utili a frenare l’esodo in corso».
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