Mario Sesti per www.huffingtonpost.it
mario sesti
La notizia è clamorosa, la tensione spasmodica, Boris 4 sembra proprio destinato a diventare realtà. Renè Ferretti ritornerà sul set di “Gli occhi del cuore”, la fiction dentro la fiction che Mattia Torre, Luca Vendruscolo e Giacomo Ciarrapico hanno raccontato in tre, indimenticabili, stagioni di Boris?
La prima stagione andò in onda il 16 aprile del 2007. Non ci credeva nessuno. Lo ricordo bene. L’idea di una serialità italiana che prendeva il suo nome da un pesciolino in una boccia sembrava un’idea tipica da pubblicitario che si reinventa autore televisivo.
mario sesti
Cinque anni dopo il Taormina Film Festival, nella persona del suo direttore (cioè, io), assegnava a tutti e tre il Cariddi d’Oro (lo stesso premio, per intenderci, che ad un certo punto hanno preso insieme Gassman, Sordi e la Vitti).
Feci una bellissima “masterclass” con loro, ed una cena indimenticabile di risate, con l’Etna sullo sfondo. Cosa ha reso Boris un prodotto unico? E perché la sua popolarità non è mai venuta meno, anzi, è crescita negli anni (con lo streaming, ufficiale e pirata)?
francesco pannofino boris
Innanzitutto, la forza liberatrice della verità. Che cosa può produrre una televisione pubblica militarizzata dalla politica, alimentata unicamente dalle raccomandazioni, che serve il pubblico più anziano del pianeta? Una serie “a cazzo di cane”.
stanis la rochelle boris la serie
C’è poco da scandalizzarsi. Come tutte le creazioni che segnano la cultura popolare, Boris ha connotato una espressione di uso comune, di una potenza semantica sconosciuta. Così come dopo Fantozzi, dire “pazzesca” significa qualcosa di più di quello che l’aggettivo significava prima, dopo Boris, dire “a cazzo di cane” significa di più, molto di più di prima.
boris la serie
Significa quello che significa ma anche la rassegnazione di un mondo dove nulla può essere fatto diversamente ed adattarvisi è allo stesso tempo patetico, frustrante e anche disperatamente divertente.
boris la serie 4
È una dichiarazione di resa ma anche una rassegnazione fatta di tenerezza e stupore che trasforma il destino della mediocrità in un atto di spassionata accettazione della vita.
boris la serie 3
Scritta da tre spigliati autori che hanno coltivato i sogni cinefili di cui il set di Boris fa strage (e tra cui spicca il nome di Mattia Torre, purtroppo morto l’altr’anno, il cui talento di scrittura per il teatro, il cinema, la tv, ricordava la forza e la personalità di autori come Flaiano o Furio Scarpelli), la serie ha probabilmente i suoi antenati, nell’arte di arrangiarsi della commedia all’italiana e nell’estro paradossale dell’invenzione lessicale di Villaggio.
boris la serie 2
Gli appassionati di Boris si rilanciano le frasi più note da anni: “smarmella e apri tutto” (quando un direttore della fotografia usa la luce senza alcuna competenza: quando qualcuno vuol far vedere di saper fare una cosa che in realtà non sa fare), “cagna maledetta” (le attrici della serie che riflettono una credenza assai diffusa: gli interpreti delle fiction taliane sono micidiali), “dai dai dai” (interiezione di autofomentazione velleitaria), “Perché a noi la qualità ci ha rotto il cazzo” (per la serie: la volpe e l’uva).
boris la serie 1
Insomma, qualcuno potrà vedere dietro i fasti di questo backstage di stagisti sfruttati, divi narcisisti e incapaci, funzionari tv corrotti come doganieri sudamericani, cinefili senza futuro, anche l’allegoria di un paese, come il nostro, che fino a metà degli anni ’70 aveva il miglior cinema del mondo e ora è ridotto a controfigura di una nazione la cui irrilevanza internazionale è pari al debito interno, qualcun altro traccerà il dna da quel cinema in un plot da soliti ignoti o armata Brancaleone del set.
boris la serie 5
Tutti gli altri sperano che una nuova stagione saprà prendere i fondelli con la stessa spietata grazia, lo stesso meticoloso sconcerto, la stessa misteriosa empatia, l’esistente che ci troviamo sotto agli occhi. Alzi la mano chi non ne sente un atroce bisogno.
paolo sorrentino in boris la serie