Lodovico Poletto per "la Stampa"
alessandro barbero green pass
La bordata era scontata. Lui, che aveva firmato l'appello dei 600 docenti contro il Green Pass. Che aveva definito «ipocrita» l'idea dell'obbligatorietà. Lui, comunicatore da migliaia di followers sul web, docente di Storia medievale all'università del Piemonte Orientale, Alessandro Barbero, diventato suo malgrado (e per via di quella firma) bandiera di un mondo nel quale non si identifica per nulla, nel giorno in cui il governo rende il certificato verde obbligatorio per tutti i lavoratori, punta dritto sulla sinistra. Rea di aver consegnato - con il provvedimento varato ieri dal Consiglio dei ministri - «il controllo dei dipendenti al datore di lavoro».
ALESSANDRO BARBERO MEME
Lo dice un attimo prima dell'appuntamento elettorale di un altro monumento del mondo accademico non soltanto piemontese, Angelo D'Orsi, storico come Barbero, candidato sindaco a Torino per la colazione a sinistra del Pd e che raggruppa Potere al Popolo, Partito Comunista Italiano e Sinistra in Comune. Prima Barbero puntalizza: «Non voglio più dare interviste sul Green Pass». Ma poi si ferma, parla e risponde a tutte le domande che gli vengono fatte.
Professor Barbero, allora che cosa ne pensa delle decisioni del governo?
«Che non è assolutamente quello che mi sarei aspettato che venisse approvato quest' oggi».
alessandro barbero
Ma era nell'aria. Perché tanto stupito?
«Perché devo dire che da sinistra l'idea di affidare alle aziende un compito di controllo dei loro lavoratori è una cosa rischiosa. Che va contro tutta una tradizione che la sinistra ha cercato di evitare. E cioè che gli imprenditori avessero troppo potere di controllo su quello che fanno i loro dipendenti. Quindi, personalmente, questa cosa mi preoccupa un po'. E non è certamente quello che avrei voluto».
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Avrebbe voluto l'obbligatorietà del vaccino?
«Era un provvedimento più coraggioso. E giusto».
Ma non sono la stessa cosa Green Pass o vaccino obbligatorio?
«Beh, la risposta datevela da soli. Mi sembra chiaro come stanno le cose».
Però, qui, oggi, qualcuno ha detto che sono la stessa cosa: non è d'accordo?
«Non voglio più fare interviste su questo tema: ho detto molto chiaramente quel poco che penso. Sono cose sofferte e piene di dubbi».
Ancora una domanda: c'è una resa della sinistra?
«Si stanno facendo delle cose che è legittimo che la sinistra consideri con qualche preoccupazione. E sulle quali si dovrebbero chiedere chiarimenti».
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Preoccupato?
«Viviamo in un'epoca in cui ci preoccupiamo del fatto che i governi possano esigere una sorta di fedeltà da parte dei cittadini senza assumersi fino in fondo le loro responsabilità»
Si aspettava una reazione così forte alle cose che ha detto sul green pass?
«Non me lo aspettavo. E questo dimostra quanto poco conosco l'epoca in cui stiamo vivendo».
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Però da intellettuale ha sollecitato una riflessione e aperto un dibattito. Non è vero?
«Gli intellettuali sono quelli che provano a metter in fila i pensieri, a dare una collocazione logica agli stessi. Poi, però, capita come con Cacciari, che dice una cosa particolare e apriti cielo».
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Professore lei ha detto recentemente che la classe politica di oggi trabocca di ipocriti. Sempre della stessa idea?
«Ogni epoca si ha un po' quel tipo di percezione. Mi colpisce che questa classe politica non si assuma responsabilità».
È sempre di sinistra?
«No ho mai nascosto di esserlo. Anzi, sono molto di sinistra».
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