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Carlos Passerini per il Corriere della Sera
È già un' impresa così com' è, è già una storia, anzi è storia e basta. Perché forse al Mondiale russo la Siria alla fine non ci arriverà, visto che lo spareggio con l' Australia sarà un ostacolo durissimo da scavalcare, e nemmeno l' ultimo, ma il fatto di esser arrivati fin qui è già di per sé un piccolo grande capolavoro per una selezione di esuli che da sei anni a questa parte gioca ogni benedetta partita in trasferta e che ha perso qualcosa come 38 giocatori, ammazzati nella guerra civile.
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«Il Mondiale sarebbe un sogno per noi e un omaggio per i nostri morti» spiegò il vice commissario tecnico Tarek Jabban - stipendio mensile 100 dollari - in un' intervista alla Bbc qualche tempo fa, quando l' obiettivo sembrava davvero un azzardo e niente più. Grazie al pareggio per 2-2 di ieri a Teheran contro l' Iran già qualificato, ora la Nazionale numero 80 del ranking Fifa s' è infatti guadagnata il diritto di giocarsi il playoff contro la terza classificata del gruppo B, appunto l' Australia.
Ma è solo il primo ostacolo: la vincente se la vedrà poi con la quarta della zona centro-America, una fra Usa, Honduras o Panama. Il gol che ha tenuto in vita il sogno della Nazionale di Damasco lo ha segnato Omar Al Somah al 93', come in un film. La rete ha reso inutile il punto conquistato dall' Uzbekistan con la Corea del Sud, che va ai Mondiali come seconda: gli uzbeki hanno chiuso il gruppo a quota 13 ma la differenza reti ha premiato i siriani.
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Eliminata invece la Cina del c.t. Marcello Lippi, arrivato in autunno a situazione quasi compromessa: il 2-1 in Qatar non è bastato, niente Mondiale per un movimento che dopo le follie di un anno fa sembra in fase di stallo economico ma anche tecnico.
«Ora daremo tutto per realizzare il nostro sogno» ha dichiarato a fine partita il c.t. siriano Ayman Hakeem, simbolo di una squadra costretta dal 2011 a giocare le partite interne a settemila chilometri da Damasco, allo stadio Hang Jebat di Malacca, Malesia, dopo che gli Stati vicini si sono rifiutati di ospitarla.
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Fino a prima della guerra civile il calcio siriano aveva una sua dignità, oggi invece quasi tutti i migliori sono tutti scappati all' estero, molti in Cina, altri in Kuwait, in Libano.
Qualcuno invece non c' è più, come lo stopper Jihad Qassab, arrestato nel 2014 e poi sparito nel nulla. Un campionato ufficiale in realtà esiste ma sono in molti a esser convinti si tratti solo di una strategia di Assad per dare una parvenza di normalità alla dittatura. Come se fosse possibile.
LIPPI