DAGOREPORT
Federico Rampini per corriere.it - Estratti
JOE BIDEN
Un presuntuoso egomaniaco. Divorato dalla vanità. Sordo ai consigli dei suoi alleati e collaboratori. Incapace di mettere gli interessi della nazione al di sopra dei suoi obiettivi personali. Ricordate queste accuse? Erano e sono tuttora rivolte dai democratici a Donald Trump.
Adesso però queste formule hanno un suono sinistro. Sembrano applicarsi anche a Joe Biden, alla sua testardaggine, all’ostinazione con cui respinge il coro di inviti a ritirarsi (cui si aggiunge ora una misura ancora più concreta: il «congelamento» di 90 milioni di dollari da parte dei donatori Dem «se il suo nome resterà sulla scheda»).
JOE BIDEN
Uno dei maggiori regali che il presidente sta facendo al suo rivale, è proprio questo. Il ritratto dell’arroganza e dell’autoreferenzialità, i repubblicani possono applicarlo al vecchio Joe. Ormai è impossibile sostenere che lui sia il candidato più adatto a sconfiggere Trump. Se resta in gara è perché pensa a se stesso, non all’interesse supremo dell’America, neppure a quello del partito democratico.
joe biden barack obama
Lo spettacolo è desolante, la cocciuta resistenza di un Biden assediato è uno scenario ideale per Trump. Fa quasi dimenticare l’enorme vulnerabilità dello stesso repubblicano: dopo Biden, The Donald è il candidato più impopolare nella storia degli Stati Uniti. Dopo Biden, appunto.
(...) Poi c’è la questione dell’affluenza al voto. Le vittorie spesso vanno a chi riesce a mobilitare meglio la propria base e a portarla alle urne, in un paese dove la partecipazione è piuttosto bassa (Barack Obama nel 2008 fece l’ultimo «miracolo» in quel senso). Per compensare la delusione sul comportamento di Biden la sinistra dovrà bombardare la sua base di allarmi sulla democrazia in pericolo, sull’autoritarismo alle porte. Può darsi che ci riesca ancora. Di sicuro sarebbe più facile con un altro candidato.
george clooney joe biden julia roberts barack obama
Un altro regalo fatto a Trump riguarda il bilancio dell’ultimo quadriennio. Un Biden così invecchiato e affaticato presta il fianco all’accusa: avete affidato le sorti dell’America e del mondo in mano a un uomo inaffidabile, vacillante. Non parlateci di senso della responsabilità. I democratici consentono al campo avverso di riesumare le polemiche contro il Deep State, la «cupola tecno-burocratica» che aggira la sovranità popolare e governa senza rendere conti a nessuno: sono questi apparati ad avere manipolato ed eterodiretto la «mummia Biden», diranno i propagandisti del Grand Old Party.
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La speranza resta ancora di un ritiro in extremis, se la pressione su Biden continua a crescere e magari convince qualche familiare. Manca un mese alla convention democratica di Chicago, ultimo atto formale per ratificare la candidatura alla Casa Bianca. Certo, più si aspetta e più l’eventuale sostituta o sostituto avrà a sua volta una missione difficile, dovendo «improvvisare» una campagna sull’ultimo rettilineo prima del traguardo.
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