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    LA SPIA CHE VENNE DAL FREDDO – SE NE VA A 89 ANNI JOHN LE CARRÉ, IL MAESTRO DEI ROMANZI DI SPIONAGGIO - DA BIMBO MALTRATTATO A SCRITTORE E SPIA, LA SUA INCREDIBILE VITA: “MIO PADRE ERA UN IMBROGLIONE, UN AVANZO DI GALERA. PICCHIAVA SELVAGGIAMENTE MIA MADRE, CHE MI ABBANDONO’ QUANDO AVEVA 5 ANNI. PER QUESTO NON SONO STATO NÉ UN MARITO NÉ UN PADRE MODELLO” - CRITICO DELL' ESTABLISHMENT INGLESE, LE CARRÉ ERA UN UOMO DI SINISTRA E NON AVEVA UNA VISIONE MANICHEA DELLA GUERRA FREDDA – IL SUO CAPOLAVORO "LA SPIA CHE VENNE DAL FREDDO", LA “TRILOGIA DI KARLA” E LE SUE BATTAGLIE ANTI-BREXIT


     
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    Antonio Carioti per il “Corriere della sera”

     

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    Sarebbe non solo riduttivo, ma profondamente ingiusto, confinare il romanziere inglese John le Carré, scomparso all' età di 89 anni, nell' ambito della letteratura di genere, considerarlo in sostanza l' alternativa colta e sofisticata, nell' ambito delle storie di spionaggio, a Ian Fleming e al suo 007.

     

    Bisogna invece riconoscere che David Cornwell (questo era il suo vero nome), è stato in assoluto uno degli autori di lingua inglese più importanti nella seconda metà del Novecento.

     

    L' efficacia del suo periodare, l' accurata introspezione psicologica, la capacità di costruire intrecci complessi e sorprendenti, in cui nulla è come sembra, ne facevano un narratore di prim' ordine. Ottimo conoscitore dell' universo spietato e cinico dei servizi segreti, di cui (come peraltro Fleming) aveva fatto parte, le Carré ne aveva fornito un quadro realistico, lontanissimo dall' eroismo patinato di James Bond, ma al tempo stesso attraente per la massa dei lettori, che avevano premiato il suo talento sin dal suo primo bestseller mondiale del 1963, La spia che venne dal freddo (Longanesi, 1964).

     

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    Critico dell' establishment inglese, le Carré era un uomo di sinistra e non aveva una visione manichea della guerra fredda: era stato tra l' altro invitato a Mosca in epoca gorbacioviana, anche se nei suoi romanzi più famosi alla fine il servizio segreto britannico prevale su quello sovietico. Dopo la caduta dell' Urss aveva dichiarato che a quel punto bisognava «combattere i mali del capitalismo». E in seguito si era schierato con la massima energia contro la Brexit, posizione che si rifletteva già nel romanzo Un passato da spia (Mondadori, 2017) e poi in La spia corre sul campo (Mondadori, 2019).

    David Cornwell era nato in Inghilterra, nella cittadina meridionale di Poole, il 19 ottobre 1931. I suoi genitori si erano separati quando era bambino e non aveva più rivisto la madre fino all' età di 21 anni. Assai difficile era stato poi il suo rapporto con il padre Ronald Cornwell.

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    A un certo punto era intervenuta la ribellione del ragazzo, che era riuscito a farsi mandare a studiare in Svizzera. Fu una svolta: sia perché a Berna si era manifestata la sua passione per la cultura tedesca, che caratterizza anche il personaggio di maggior spicco dei suoi romanzi, George Smiley; sia perché proprio nella capitale elvetica, pullulante di spie, era avvenuta l' iniziazione al mondo dei servizi segreti.

     

    Mentre lavorava in Germania per l' intelligence sotto copertura diplomatica, aveva scritto e pubblicato nel 1961 il suo primo romanzo, Chiamata per il morto (Feltrinelli, 1965). Qui entra in scena subito Smiley, individuo pingue e sgraziato, sempre vestito con abiti di taglio scadente, umiliato dalla moglie infedele e dai capi arroganti, ma dotato a profusione di intuito, memoria e capacità investigative. È lui che risolve il primo intrigo.

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    La fama planetaria e l' agiatezza per l' autore inglese, che scrive sotto pseudonimo come si conviene a un diplomatico (e per di più agente segreto), arriva nel 1963 con La spia che venne dal freddo . Un bestseller che in Gran Bretagna vende mezzo milione di copie in tre mesi e negli Stati Uniti rimane in testa alla classifica per 43 settimane consecutive.

     

    Nel 1965 ne viene tratto un film omonimo con l' attore Richard Burton. Nel romanzo Smiley ha stavolta un ruolo secondario, ma il protagonista Alec Leamas, vittima di una intricata girandola d' inganni nella Berlino del Muro, ne condivide il grigiore di fondo.

     

    L' affermazione come romanziere aveva consentito a le Carré di chiudere la sua carriera al servizio della Corona e di dedicarsi soltanto alla scrittura. Un' attività che aveva toccato l' apice con la cosiddetta «trilogia di Karla», dal nome in codice del capo dei servizi segreti sovietici che è il rivale di Smiley in una lunga partita a scacchi destinata a dipanarsi appunto per tre libri di enorme successo: La talpa (Rizzoli, 1975), L' onorevole scolaro (Rizzoli, 1978) e Tutti gli uomini di Smiley (Rizzoli, 1980).

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    Il duello passa attraverso diverse fasi: viene scoperto un insospettabile infiltrato del Kgb, la cosiddetta «talpa», al vertice dell' intelligence britannica; Smiley passa da momenti di grande difficoltà ad altri in cui si ritrova alla guida del «Circus» (nome convenzionale che le Carré usa per il servizio segreto del suo Paese).

     

    Alla fine del terzo romanzo Karla è in trappola e si consegna sconfitto al suo avversario di sempre.

     

    Smiley avrebbe fatto un' altra fugace apparizione nel romanzo Il visitatore segreto (Mondadori, 1991), per poi tornare di nuovo, a molti anni di distanza, nel libro del 2017 Un passato da spia .

    JOHN LE CARRE JOHN LE CARRE

     

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    I giudizi sulla seconda parte dell' opera di le Carré variavano: alcuni ritenevano che con romanzi come La spia perfetta (Mondadori, 1986) e La casa Russia (Mondadori, 1989), l' autore avesse raggiunto la piena maturità; altri erano più critici, ritenevano che fosse entrato in una fase involutiva. Ma non gli si poteva certo contestare un eccezionale primato. Nessun altro aveva saputo raccontare con tanta efficacia l' atmosfera ambigua e soffocante dell' ambiente spionistico.

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