Fabrizio d’Esposito per il “Fatto quotidiano”
giorgio napolitano
Sono ore cupissime al Quirinale. Nere come le nubi del cielo romano alle cinque del pomeriggio, quando Giorgio Napolitano risponde così ai magistrati di Palermo: “Prendo atto dell’odierna ordinanza della Corte d’assise di Palermo. Non ho alcuna difficoltà a rendere al più presto testimonianza, secondo modalità da definire, sulle circostanze oggetto del capitolo di prova ammesso”. È una nota che nelle interpretazioni ufficiali dovrebbe trasmettere “la massima tranquillità” del monarca del Quirinale. Ma non è così. Negli ambienti vicini al capo dello Stato si captano “preoccupazione” e “timori”.
I TIMORI PER LE DOMANDE E LO STRESS PER IL FISICO
Nicola Mancino
Il primo timore riguarderebbe addirittura la “tenuta fisica” dell’ottantanovenne presidente durante la testimonianza. Proprio ieri mattina, a Palermo, è stato sentito Ciriaco De Mita e sul Colle è stato notato il “modo sprezzante” in cui sarebbe stato trattato l’ex leader democristiano.
Il secondo timore è quello maggiore. La Corte di Palermo nell’ordinanza mette in evidenza questo passaggio: “La differenza la possono fare le domande non tanto quello che il teste crede di sapere”. Le domande, appunto. La sintesi ruvida ed estrema è stata questa tra chi circonda il presidente: “Vuoi vedere che Napolitano entra testimone ed esce indagato?”. E ad alimentare il clima fosco è anche la circostanza inedita: è la prima volta che accade una cosa del genere.
IL DISCORSO AL CSM È LA VENDETTA CONTRO LE TOGHE
Pochi minuti più tardi, al Quirinale si è svolta, come recita la lunga dizione pomposa, la “cerimonia di commiato dei componenti il Consiglio superiore della magistratura uscenti e di presentazione dei nuovi consiglieri”. Napolitano è presidente del Csm e nel suo discorso si può rintracciare un’altra “risposta” allo “sfregio” palermitano, quando piazza nel cappello introduttivo “le nuove ragioni di attualità e non rinviabilità dei problemi della riforma della giustizia”.
CIRIACO DE MITA
In pratica, questo “è un nodo essenziale da sciogliere per ridare dinamismo e competitività all’economia”. Dopo l’attacco sull’articolo 18, ecco quindi la giustizia da riformare. Anche a maggioranza. L’antico togliattiano comunista ricorda il contrastato dibattito alla Costituente sulla figura del vicepresidente del Csm per dire che “non si temeva di decidere anche con uno stretto margine di maggioranza”. A completare il quadro dei “segnali” inviati sono le dure critiche al funzionamento del Csm, alle “logiche spartitorie”, al correntismo politico-giudiziario delle toghe.
LA CACCIA GROSSA E LA SUCCESSIONE A GENNAIO
La chiamata di Palermo segue di un giorno il riferimento finale dell’ormai noto editoriale di Ferruccio de Bortoli sul primo numero del Corsera formato tabloid. Di tutti i messaggi debortoliani quello che tiene più banco, sia dentro il recinto del patto del Nazareno sia fuori tra gli avversari del renzusconismo, è l’esplicito rimando alla successione di Napolitano all’inizio del prossimo anno. Su questa “scadenza” nessuno più nutre dubbi.
SILVIO BERLUSCONI ALLUSCITA DALLA SACRA FAMIGLIA DI CESANO BOSCONE
È questa l’incognita grande come un macigno che pesa sui futuri scenari. Da un lato la monarchia renziana con Berlusconi nell’insolita veste di secondo. Dall’altro i vari poteri che temono una “testa di legno” al Quirinale agli ordini della dittatura renzusconiana. La sostanza è questa. Ieri, mettendo insieme questo quadro, sono stati in molti a prendere atto che è cominciata “la caccia grossa”.
Obiettivo: la sostituzione di Napolitano. Da lì discende la soluzione del rebus del voto anticipato. E sbaglia chi legge “l’attacco di Palermo” a Napolitano come un avviso allo stesso Renzi. È l’opposto. L’indebolimento del re al tramonto rafforza il patto del Nazareno. Piuttosto il ritrovato interventismo di Napolitano, dall’articolo 18 alla giustizia, è da mettere in collegamento con le autorevolissime telefonate europee che chiedono “garanzie” sul premier. L’aiuto di queste settimane deve essere letto in maniera duplice. Oltre all’obbligo e alla responsabilità di fare da “baby sitter” a Renzi, c’è la voglia di accelerare alcuni dossier decisivi per poi dire addio tra gennaio e febbraio.
matteo renzi
UN “UOMO STREMATO” DAL RENZUSCONISMO
Chi descrive lo stato d’animo di Napolitano, tratteggia “un uomo stremato e insofferente”. E la vicenda della mancata elezione dei due giudici costituzionali in quota Parlamento ha fatto aumentare il suo pessimismo. Così, quella nota del 17 settembre scorso, proprio a proposito delle fumate nere su Bruno e Violante, va intesa anche come un avvertimento ai renzusconiani: “Non siete stati capaci di eleggere due giudici e pretendere di eleggere il mio successore?”.
Ferruccio De Bortoli