Paolo Tomaselli per il "Corriere della Sera"
locatelli
Per continuare a fare sogni d' oro assieme a questa Italia, cosa c' è di meglio di un romanzo di formazione prima di spegnere la luce? O magari una serie tv. «Il gioco del Loca» potrebbe essere un buon titolo, anche se «La Vida Loca» ha quella vena di follia estiva che sta innervando anche la Nazionale di Mancini.
La carriera ancora giovane di Manuel Locatelli ha toccato mercoledì il suo punto più alto - per adesso - grazie alla formidabile doppietta alla Svizzera: una scena madre che è rimasta negli occhi, tra echi tardelliani («ha dimostrato di essere un campione» dice l' eroe del Mundial e speranze per un futuro brillante, all' Europeo e oltre.
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Tra le pagine chiare e le pagine scure che hanno portato fino a qui, ci sono però anche dubbi, un' autocritica profonda e tante lacrime. Più da telenovela vecchio stile, per la verità. Ma in fondo Manuel, giocatore moderno e ancora da esplorare in tutte le sue potenzialità, è un ragazzo all' antica, che viene da quel ramo del lago di Como ed è cresciuto a Pescate, paesino citato anche nel 37° capitolo dei Promessi Sposi, come luogo di passaggio di Renzo.
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Locatelli, o come dicevan tutti Loca, non si fece molto aspettare , parafrasando Manzoni: non si è mosso da casa prima dei 17 anni, quando è andato nel convitto del Milan, che lo ha strappato dodicenne all' Atalanta, non senza frizioni tra i club. Prima c' era stato l' oratorio, con il padre bancario-allenatore e il fratello maggiore Mattia. Un quadro ideale per crescere, completato da una mamma casalinga e da una sorella con due lauree, in russo e pedagogia.
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Il quadro però viene battuto subito come un capolavoro d' autore, all' asta delle grandi illusioni: 22 ottobre 2016, Manuel a San Siro segna un gol bellissimo e decisivo alla Juve, incassa i complimenti di Buffon e finisce su una nuvola.
Nessuno lo tira giù, la caduta fa male, ma la rivincita adesso ha un sapore speciale, perché dopo l' esplosione in azzurro c' è all' orizzonte il grande salto, probabilmente alla Juve.
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Nel calcio italiano - ultimo fra i grandi campionati per numero di ragazzi che giocano nel club nel quale sono cresciuti - Locatelli sembrava l' eccezione che conferma la regola. Ma si fa presto a dire predestinato, soprattutto se c' è l' investitura di Silvio Berlusconi, che allo sbarbato di Lecco, quando era ancora nelle giovanili, aveva dedicato parole precise: «Mi hanno parlato molto bene di te. Complimenti, ma sappi che noi ti vogliamo prima ottimo studente e bravo figliuolo e poi calciatore di Serie A».
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«Le aspettative erano alle stelle, non ero pronto anche per demeriti miei. Avevo vissuto tutto troppo velocemente» ha raccontato Manuel alla Gazzetta . Dopo la terza stagione in prima squadra (e solo un altro gol segnato) il Milan non crede in lui e lo cede al Sassuolo, per un totale di 14 milioni. Il ragazzo non nasconde le lacrime, condivise con la fidanzata storica Thessa Lacovich, laureata in Media Advertising. Non sono però le prime in famiglia, perché quando il padre vede arrivare i primi stipendi si mette a piangere, ma non di gioia: «Questi soldi possono essere la tua rovina».
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Le fondamenta in casa Locatelli sono molto solide. E l' ex predestinato con il mito di Pirlo e Kroos rinasce in una provincia ricca, tranquilla e competente. Manuel si fortifica nel fisico e nella forza mentale e trova un allenatore giovane con le idee chiare e tanta personalità. Una guida, insomma: «De Zerbi mi ha cambiato la vita: grazie a lui mi sono staccato di dosso l' etichetta di incompiuto».
Però non è stata una procedura indolore: «Mi ha fatto fare delle panchine di fila reagivo male, stavo col muso, mi allenavo male. Sbagliavo».
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Insomma, come ha sintetizzato un altro maestro come Arrigo Sacchi tempo fa: «Locatelli ci ha messo due anni a recuperare la modestia dopo il bel gol alla Juve all' esordio nel Milan». Il c.t.
Mancini, esperto di giovani purosangue da esaltare, puntava su Manuel dopo l' Europeo. La pandemia ha fatto slittare di un anno la manifestazione e a settembre contro l' Olanda ad Amsterdam «Loca» ha debuttato in azzurro, mostrando la personalità di un veterano.
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Poi il gol alla Bulgaria a marzo e la notte magica con la Svizzera: era dai tempi di Bulgarelli a Cile 1962, che un centrocampista azzurro non segnava una doppietta in un grande torneo. Nel ritiro di fine maggio in Sardegna, Manuel ha ricevuto il premio intitolato al vecchio campione. Perché alla fine, nel gioco del Loca, tutto torna.
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