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    LA STORIA SI RIPETE IN FARSA. ANZI IN FERSEN (JACQUES) - LE FOLLIE DEL POETA FRANCESE NELLA VILLA DA SOGNO A CAPRI: MESSE NERE E PROCESSIONI DI FANCIULLI IGNUDI TRA CUI IL SUO "ADONE", NINO CESARINI - IL BARONE CREDEVA DI ESSERE UN NOVELLO D'ANNUNZIO, MA ERA SOLO UN GAY AFFAMATO DI RAGAZZINI - QUELLA VOLTA CHE ABUSÒ DI TROPPA COCAINA DISCIOLTA NELLO CHAMPAGNE E…


     
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    Alessandro Cantoni per “Libero quotidiano”

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    Vi sono luoghi noti con tesori per lo più ignoti. Uno di questi è Capri che è stata rifugio per intellettuali come Axel Munthe, oltre che di governatori romani. Tra di essi va annoverato l' imperatore Tiberio, uomo dal temperamento schivo e solitario. Al subbuglio dell' Urbe, prediligeva la quiete e il silenzio, forse convincendosi che soltanto dal completo distacco la mente possa partorire immensi progetti. Tiberio non differiva in questo da Vittorio Emanuele III, anch' egli ritiratosi a Villa Savoia senza avere mai messo piede al Quirinale o nei salotti dell' élite romana.

     

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    Ma, insomma, Villa Iovis (o di Giove), nonché il suo palazzo, è piuttosto frequentata, persino dal turista distratto e non ancora del tutto incosciente. Vi è però un' altra splendida Villa, la cui storia è legata ad un uomo vissuto a fine Ottocento, precisamente a cavallo tra il 1880 ed il 1923. Il nome risulta altisonante: Jacques d' Adelswärd Fersen. Un barone francese che scelse di spirare tra le splendide buganville isolane. In realtà, la sua morte avvenne in modo molto meno poetico (abusò di troppa cocaina disciolta nello champagne).

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    Fersen fu sicuramente un megalomane, ma non banale o meschino. Credette di essere un novello D' Annunzio, senza mai raggiungere le vette di una lirica tanto eccelsa. Tuttavia, non bisogna disdegnare la profondità delle sue Chansons légères.

     

    Stabilì il suo rifugio peccaminoso a Villa Lysis, un complesso monumentale di stile e impostazione neoclassica. Il barone Fersen fu un uomo di gusto, ma predilesse la sobrietà dei marmi di Carrara all' horror vacui dannunziano. Guardò con ammirazione agli esteti come Wilde, di cui condivise le debolezze. Non scelse mai di rifugiarsi dietro la maschera di Apollo. Da animale a sangue caldo quale era, il suo modello ideale non somigliò certo a quel Gustav Aschenbach, celebrato nel romanzo di Thomas Mann.

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    Fersen era un pagano e ogni giorno immolava una vittima sacrificale a Bacco, Dio dell' ebbrezza e caro a Rimbaud e Verlaine.

     

    Non si può dire che fosse un tipo sobrio. Era intelligente, e perciò temuto dai suoi rivali, ai quali concesse numerosi pretesti per burlarsi di lui. Non accettò mai di conformarsi o piegarsi alla morale piccolo borghese del suo tempo. Come Pasolini ebbe una doppia vita. Fine intellettuale durante il giorno, Fersen aveva il potere di trasformarsi in cacciatore di ragazzi di vita. Non fu tanto questo a destare scandalo e condurlo alla rovina, quanto quel suo istinto tribale e grottesco. Volle Capri come suo rifugio. Fece costruire Villa Lysis grazie ai soldi ricevuti in eredità, in quanto non ebbe lavorato un solo giorno in vita sua. Il poeta scrittore non scelse l' esilio.

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    Lo subì. Ma intanto laggiù un nuovo mondo prendeva vita tra le stanze segrete di quella dimora. Tra i fumeggi dell' oppio si innalzavano canti tribali agli dèi del vizio, al limite tra sublimità e follia. Egli solo seppe cosa accadde, ma certamente intere processioni di fanciulli ignudi posarono per lui in una sorta di tableau vivant mitologico. Tra questi non mancò mai il suo Adone, Nino Cesarini, immolato in una posa scultorea da Paul Hoecker nel 1904.

     

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     Gli scandali di cui venne accusato furono forse caricati di una certa enfasi, ma sappiamo che nel 1903 circolarono accuse circa il fatto che il barone avesse celebrato messe nere (o rosa, come disse scherzosamente qualcuno) nella sua casa al 18 Avenue de Friedland. Tali riti prevedevano atti sessuali a sfondo religioso e blasfemo.

     

    Non sappiamo se ciò sia vero, ma non possiamo escluderlo vista la bizzarria del personaggio. Lo stesso Wilde ricevette tale accusa pochi mesi prima. Per prendersi gioco di tali accuse, Fersen scrisse Lord Lyllian, una delle sue opere più riuscite, nonché una storia di intrighi amorosi e clandestini. Fu un grande letterato, un uomo mancato e fragile.

     

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    Condannato dalla morale pubblica, di lui non resta più traccia nei manuali. Il suo nome è scolpito nei marmi di Capri. La sua vita si riassume nell' effigie che campeggia sulla trabeazione della villa: amori et dolori sacrum.

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