Elena Marisol Brandolini per “il Messaggero”
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«Da oggi la Colombia cambia, è un'altra», esordisce così il neo-presidente della Colombia Gustavo Petro nella sera di domenica, mentre elettori e militanti si riversano sulle vie di Bogotá e del paese per festeggiare il primo presidente di sinistra della storia colombiana. Le urne gli hanno appena attribuito una vittoria chiara sul suo antagonista Rodolfo Hernández, il settantasettenne imprenditore del settore delle costruzioni anche detto il Trump colombiano, che attraverso un abile uso delle reti sociali si era imposto al primo turno sul candidato della destra tradizionale con un discorso venato di populismo d'estrema destra.
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Entrambi i candidati giunti al ballottaggio di domenica erano espressione del cambio e del rifiuto dell'establishment, ma di un cambio fondato su modelli opposti. Perché quello di Petro, come ha spiegato nel suo primo discorso da presidente, vuole costruire «una politica dell'amore, lasciando indietro l'odio».
IL LEADER
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«Le elezioni mostrano due Colombie, ma noi vogliamo che la Colombia sia una. E perciò abbiamo bisogno dell'amore come di una politica del dialogo e della comprensione reciproca», ha spiegato il leader progressista, circondato dai suoi collaboratori, da tre dei suoi cinque figli, dalla moglie. A fianco di Francia Márquez, l'attivista per i diritti umani e delle donne e per la difesa dell'ambiente, che si è appena convertita nella prima vicepresidente afro colombiana del paese e che dal palco poco prima aveva affermato come impegno la riconciliazione della nazione, «per la pace, senza paura e con allegria».
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La sua candidatura ha rappresentato il valore aggiunto della campagna elettorale del Pacto Histórico, la coalizione con cui le sinistre hanno vinto, conquistando il voto delle donne, della comunità nera e del collettivo Lgtbi che hanno votato Petro perché c'era lei. Petro conclude il suo discorso assicurando che «non utilizzeremo il potere per distruggere l'avversario», ma che il governo del paese «farà della Colombia una potenza mondiale della vita, basata sulla pace, la giustizia sociale e la giustizia ambientale».
IL VOTO
Gustavo Petro
La vittoria di Petro, che pure era arrivato primo al ballottaggio, è stata incerta fino all'ultimo, fino al momento dello scrutinio quando si è visto che la distanza da Hernández aumentava a ogni aggiornamento. Petro ha vinto al Nord e al Sud del paese, sulla costa del Pacifico e nella capitale. Ha saputo consolidare il voto del primo turno e, soprattutto, è riuscito nell'impresa che ormai in Europa è così difficile per la sinistra: quella di allargare il consenso, mobilitando l'elettorato di riferimento, fino ad aumentare la partecipazione al voto di tre punti, oltre un milione di votanti in più.
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Del nuovo presidente dicono che sia testardo, distratto, tanto da non guidare un'automobile e riservato, anche se negli incontri pubblici dà il meglio di sé. È la terza volta che prova a diventare presidente, ha un'esperienza politica istituzionale ultraventennale come parlamentare e sindaco di Bogotá, ha un breve passato di guerrigliero in gioventù. La sua oratoria è fatta di parole chiare che arrivano al cuore e al cervello delle persone.
TORTURATO IN CARCERE
Gustavo Petro
Nato nell'aprile del 1960 in Ciénaga de Oro, un paese del Caribe, figlio di una coppia di insegnanti, Gustavo Petro frequenta la stessa scuola di preti in cui studiò Gabriel García Márquez. Perciò, quando a 17 anni entra nel movimento guerrigliero M-19, assume come nome di battaglia quello di Aureliano, il personaggio centrale di Cent' anni di solitudine. Finisce in carcere e viene torturato dai militari, poi nel 1990, quando il M-19 firma la pace con il governo, ritorna alla vita civile.
Nel 1991 viene eletto al Congresso, ma deve rifugiarsi in Europa per non essere assassinato come ex-guerrigliero. Ed è nel vecchio continente che scopre l'ambientalismo, convincendosi che il Sudamerica deve abbandonare il modello di sviluppo estrattivista. Tornato in patria, nel 1998, si prepara a diventare l'oppositore implacabile del presidente conservatore Álvaro Uribe.
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Il suo passato gli è valso una ostilità che gli aveva finora impedito di andare oltre nella carriera politica. Ma questa volta il todos contra Petro non ha funzionato e Petro vuole girare pagina. Perché il cambio che propone non è per vendicarsi, ma per relegare l'odio a un'epoca del passato.
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