Gabriele Rosana per “Salute - il Messaggero”
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Attenzione alla tentazione di portare a casa dalle vacanze un piccolo rettile sudamericano o un pipistrello asiatico. Il traffico di animali esotici è tra le cause all'origine della diffusione delle zoonosi, cioè le malattie che si trasmettono dagli animali all'uomo.
Il salto di specie (in inglese spillover) è un processo naturale per cui un patogeno degli animali diventa in grado di riprodursi e trasmettersi fra gli umani. Dalla rabbia all'ebola, dall'influenza aviaria fino, in tempi più recenti, al Covid-19 e al vaiolo delle scimmie, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, a oggi sono oltre 200 le infezioni di questo tipo conosciute.
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Come riconosciuto anche dalla Dichiarazione di Roma, approvata un anno fa dal Global Health Summit convocato dalla Commissione europea e dall'Italia, allora presidente di turno del G20, l'Ue abbraccia l'approccio One Health, che si fonda sulla presa d'atto che la salute dell'uomo, degli animali, del mondo vegetale e dell'ambiente sono legate indissolubilmente. Come conseguenza, le malattie più contagiose sono causate per l'appunto dal salto di specie, e deforestazione ed erosione della biodiversità finiscono per essere all'origine di innumerevoli emergenze sanitarie.
L'ISTANZA
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Il rischio di nuove patologie emergenti è sempre in agguato. Tanto che un gruppo di quattro Stati membri dell'Unione europea Lituania, Lussemburgo, Cipro e Malta si è attivato per chiedere a Bruxelles una stretta sugli animali domestici. Il documento è stato condiviso con gli altri governi all'ultima riunione dei ministri dell'Agricoltura e prevede la creazione di una lista per indicare tassativamente quali sono le specie consentite tra le mura di casa: tutte quelle escluse sarebbero da considerare, al contrario, proibite.
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Un giro di vite potenzialmente imponente, visto che secondo i gruppi animalisti nell'Unione europea almeno 100 milioni di animali domestici non sono gatti, cani o canarini. La preoccupazione dei quattro governi non è solo per le condizioni in cui questi animali vengono trasportati o allevati, o per il pericolo per l'incolumità delle persone che talvolta finiscono per rappresentare, ma anche e precisamente per evitare una Wuhan europea: in più del 70% dei casi di spillover, infatti, il salto avviene a partire da specie selvatiche. «Se diventano animali domestici si legge nel documento congiunto la marcata vicinanza ai proprietari aumenta nettamente i rischi di trasmissione».
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Non è la prima volta che l'Unione europea si occupa di salto di specie. Il tema è arrivato sul tavolo delle istituzioni Ue già quasi vent' anni fa: è del 2003, infatti, la direttiva che istituisce un meccanismo di monitoraggio del rischio di zoonosi e lo scambio delle informazioni rilevanti fra le autorità sanitarie e veterinarie dei Paesi europei per tenere sotto controllo i focolai.
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L'ultimo report One Health è di dicembre 2021, mentre a fine maggio il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) ha diffuso una prima valutazione dopo l'esplosione di contagi da vaiolo delle scimmie nella regione, per ora limitati alle infezioni da uomo a uomo e senza il coinvolgimento degli animali. A proposito di monkeypox, Bruxelles non s' è fatta trovare impreparata dall'emergenza e ha fatto tesoro della lezione appresa con il Covid-19.
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Hera, l'Autorità per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie, creata dall'Ue un anno fa come eredità dell'immenso sforzo congiunto fatto durante la pandemia, è al lavoro con gli Stati membri e le case farmaceutiche per l'acquisto comune di vaccini e terapie antivirali per prevenire e trattare il vaiolo delle scimmie, come confermato a Bruxelles.
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Secondo alcune anticipazioni della stampa svedese, si tratterebbe del vaccino Imvanex della danese Bavarian Nordic e del farmaco antivirale Tecovirimat dell'americana Siga Technologies. Una volta ordinati, i vaccini (si parla di circa 50mila dosi per il primo ordine) saranno poi ripartiti fra i Ventisette secondo il sistema proporzionale sperimentato già con i farmaci anti-Covid. La somministrazione, tuttavia, precisano fonti Ue, sarà «limitata a casi molto specifici»: trasmissibilità e rischi «non sono infatti comparabili con quelli della pandemia».
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