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    LA SVOLTA DI CAIRO IN RCS - COMUNICATO DEL CDR: “SOLO TRA I GIORNALISTI, 75 PREPENSIONAMENTI E CASSA INTEGRAZIONE PER 24 MESI (PER NON PARLARE DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI RICHIESTI PER IMPIEGATI, POLIGRAFICI, OPERAI) - UN’URGENZA MOTIVATA DA UN’AZIENDA IN ROSSO? NIENTE AFFATTO. SOLO NEL 2018, L’UTILE È STATO DI 85 MILIONI DI EURO. MOTIVO IN PIÙ PER NON ATTINGERE ALLE CASSE DELLO STATO”


     
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    urbano cairo foto mezzelani gmt3 urbano cairo foto mezzelani gmt3

    Il comunicato del cdr del Corriere:  

    Ieri pomeriggio il Cdr del Corriere della Sera ha incontrato l'azienda che ha ufficialmente presentato il documento che avvia la procedura per i prepensionamenti, con accesso ai contributi statali. Si tratta di un documento irricevibile, in quanto, testualmente, «comporterà per il Corriere della Sera una riorganizzazione del lavoro dalla quale conseguiranno 50 esuberi su un organico complessivo di 354 giornalisti».

     

    Di fatto l'azienda ci prospetta un taglio del 15% del corpo redazionale. Un obiettivo inaccettabile perché comporterebbe un drastico impoverimento del giornale. Se poi il numero di 50 esuberi non dovesse essere raggiunto, la ricaduta economica per l'intera redazione sarebbe pesantissima.

     

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    Questo in un'azienda che lo scorso anno ha distribuito dividendi per oltre 30 milioni. A fronte di questi tagli, Rcs prevede investimenti irrisori e di dubbia natura. Inoltre non viene confermato in maniera chiara ed esplicita il cambio del sistema editoriale, annunciato «entro il 2020» in una precedente riunione. In caso di prepensionamenti, infine, si parla di ingressi di «nuove figure legate al mondo digitale», lasciando dunque intendere che possano essere non giornalisti.

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    Prospettiva che il Cdr rigetta con forza.

    Il piano punta su una nuova «riorganizzazione aziendale con vocazione al digitale» che non lascia immaginare, nemmeno in linea teorica, le possibili ricadute economiche in grado di invertire il trend negativo di ricavi editoriali e pubblicitari.  

     

    Il Comitato di redazione del Corriere della Sera

     

    COMUNICATO DEL CDR DI RCS PERIODICI SULLA RICHIESTA DI STATO DI CRISI DA PARTE DI CAIRO

     

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    E alla fine, anche l’imprenditore italiano con la migliore reputazione online - così assicura la classifica di Reputation Science - per fare cassa chiede i soldi allo Stato.

     

    Urbano Cairo, presidente e amministratore delegato di Rcs Mediagroup, che il 19 dicembre scorso arringava i giornalisti nelle sale della mensa aziendale dicendo «quando sono arrivato i dipendenti del gruppo erano 3.300 e tanti sono ancora oggi: l’unico imprenditore che non manda a casa nessuno sono io!», una manciata di giorni dopo chiede lo stato di crisi.

     

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    Sulla carta la formula appare più elegante, “riorganizzazione per lo sviluppo digitale”, ma la sostanza è quella: solo tra i giornalisti del gruppo, Cairo chiede 75 prepensionamenti e cassa integrazione per 24 mesi (per non parlare degli ammortizzatori sociali richiesti per impiegati, poligrafici, operai). Una decisione verso la quale i giornalisti di Rcs Periodici ribadiscono la loro assoluta contrarietà.

     

    Un’urgenza motivata da un’azienda in rosso? Niente affatto.

    Solo nel 2018, l’utile di Rcs Mediagroup è stato di 85 milioni di euro; Cairo ha erogato premi ai dirigenti di prima fascia, distribuito dividendi a sé e ai suoi azionisti per 31 milioni e, presumibilmente, farà altrettanto nel 2020. È vero, i ricavi netti del 2019 appaiono in flessione (-5,5%), ma, come dichiarano gli stessi manager di Rcs, «l’azienda ha fatto meglio del mercato». Motivo in più per non attingere alle casse dello Stato.

     

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    Uno sguardo al passato. Solo nelle redazioni dei Periodici Rcs sono stati attivati stati di crisi ininterrotti dal 2009 al 2018. Abbiamo assistito al taglio di oltre un terzo dei giornalisti, il tutto accompagnato da solidarietà e cassa integrazione fino al 30% e da un ferreo piano di smaltimento ferie. Sacrifici, questi, affrontati dai giornalisti della Periodici con senso di responsabilità e di fiducia nel risanamento e nella buona gestione dell’azienda. E invece no.

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    Nell’era Cairo, al primo segnale di contrazione dei ricavi, si torna ad attingere alle casse dello Stato e alle tasche dei dipendenti. Con il rischio che il cosiddetto “piano di riorganizzazione per lo sviluppo digitale” si traduca in un mero implemento di attività sui social network e apra ancor più la porta alla commistione tra informazione e pubblicità.

    sede rcs via san marco milano sede rcs via san marco milano

     

    Spiace constatare che quello che pareva l’imprenditore più coraggioso e innovativo, l’unico editore “puro” del panorama italiano, anziché investire sulla professionalità dei giornalisti e sull’autorevolezza delle testate del gruppo, si limiti a ricorrere alla riduzione del costo del lavoro. E che la sua idea di sviluppo (digitale o meno) sia una banale richiesta di tagli, sostenuti dai fondi pubblici.

     

    Milano, 6 febbraio 2020

    Il Cdr dei Periodici Rcs Mediagroup

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