Jacopo Iacoboni per www.lastampa.it
bandiera bianca sul carro armato russo
La conversazione tra i due russi sull’andamento della guerra – diffusa dagli ucraini e rilanciata nei canali di blogger militari ucraini dimostratisi fin qui più che affidabili – è una delle intercettazioni finite all’attenzione dei servizi occidentali. Un russo parla, e dall’altra parte del telefono risponde un soldato russo sul fronte di Kherson, nel sud dell’Ucraina, dove l’avanzata delle truppe di Kyiv è diventata sempre meno contenibile per i russi.
Una telefonata che merita di essere riportata, nel giorno in cui altri report parlano di “sfondamento” in altri quattro villaggi dell’area settentrionale dell’oblast di Kherson. «Ho sentito che vi stanno di nuovo circondando, è vero, fratello?». «Ci stiamo ritirando, ogni altro giorno ci ritiriamo. Non c’è logistica, non c’è niente. Gli ucraini ci stanno distruggendo (dice l’equivalente di “fucking”)».
TELEFONATA SOLDATO RUSSO KHERSON
«Per quanti chilometri state arretrando». «Beh, per almeno quindici altri chilometri che abbiamo dato via ai “tedeschi”», dice il soldato (non si capisce da questa conversazione a cosa si riferisca con “tedeschi”. Forse alla convinzione dei russi, fin qui non verificata indipendentemente, che ci siano anche soldati non ucraini che combattono assieme all’esercito regolare). «So che siete circondati dalla direzione del Dnipro». «Sì, è così».
controffensiva ucraina nella regione di kherson 2
Proprio martedì scorso sir Jeremy Fleming, capo del GCHQ britannico, l’uomo che presiede a tutte le intercettazioni ambientali, digitali e telefoniche britanniche, si era concesso una valutazione molto precisa sullo stato delle truppe russe in Ucraina: «Le forze russe sono esauste. L'uso di prigionieri per rinforzare, e ora la mobilitazione di decine di migliaia di soldati di leva inesperti, parlano di una situazione disperata». Fleming ha anche spiegato che non risultano evidenze segnali, al momento, di manovre nucleari dei russi, e se queste manovre ci fossero, l’intelligence britannica è convinta che riuscirebbe ad accorgersene.
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Adesso escono da fonte ucraina altre intercettazioni su soldati russi, che sembrano confermare la diagnosi sullo stato disastroso delle truppe russe anche al sud. La conversazione tra russi (diffusa dagli ucraini) prosegue così: «Ma che cos’è, una tattica? Perché fate così, Sanya? Io non capisco cazzo». «L’intera linea del fronte si sta ritirando. Ci stanno spingendo». «Ma in che modo?». «In tutti i modi, artiglieria, aviazione, ci stanno fottendo». «Ma scusa, noi non abbiamo artiglieria, aviazione? non capisco, cazzo». «Abbiamo, ma troppo poco. Non a sufficienza».
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«A Severodonetsk stanno avanzando, qui dove sei tu stanno avanzando, ma che cazzo succede?». Il soldato russo risponde così: «Chi cazzo lo sa! Sono choccato anch’io. Non stiamo mangiando, non ci stiamo lavando, ci stiamo nascondendo in piante da foresta come dei barboni. Ieri abbiamo cambiato posizione due volte… con queste pale del cazzo… tutto quello che fai è scavare come una talpa».
«Quando finisce il tuo contratto?». «Il 22 ottobre». «In questo caso sarai qui a Irkutsk il 5 novembre». Il soldato ride amaramente: «Sì, se sopravvivo». «Dimmi Sanya, ma se vi accerchiano come fate?». «Ci hanno accerchiato tre volte, ma siamo sempre riusciti ad arretrare ancora. Però rimaniamo sempre nella sacca». «Ma non avete abbastanza armi e veicoli? E soldati?». La risposta del soldato a contratto è lapidaria: «L’artiglieria ucraina ci sta sterminando».
«Ma non abbiamo niente?». «Non abbastanza. Ci sparano continuamente addosso, e non riusciamo ad alzare nemmeno le teste. E’ come se ci sparassero addosso da tutte le direzioni. Carri armati, missili grad, “Uragans”, elicotteri, mortai, howitzer, qualunque cosa. I loro howitzer ci stanno massacrando così duro che mezza foresta salta su. Per salvarsi la gente abbandona di tutto, Ags, mitragliatrici, e vaffanculo».
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L’interlocutore è quasi più sconvolto del soldato al fronte: «Chi, cazzo, fa questo?». «I nostri». «I nostri?!? Abbandonano e scappano?». «Certo». La conclusione è lapidaria: «Che inferno del cazzo».
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