Francesco Borgonovo per "la Verità"
johnny cash
Quando gli chiedevano perché vestisse sempre di nero, Johnny Cash rispondeva in tre modi diversi: il nero resiste meglio allo sporco; il nero si abbina a tutti i colori; il nero va bene per andare in chiesa, e il mio primo concerto è stato in una chiesa.
Nel brano Man in Black, scritto appositamente per il suo show televisivo nei primi anni Settanta, fornì tuttavia una spiegazione più esaustiva: «Indosso il nero per i poveri e gli emarginati / che vivono nel lato senza speranza e affamato della città/ Lo uso per il prigioniero che ha da tempo pagato per il suo crimine/ Ma è lì perché è una vittima dei tempi /Indosso il nero per coloro che non hanno mai letto/ o ascoltato le parole che disse Gesù/ sulla via per la felicità tramite amore e carità».
johnny cash
Riporta Steve Turner (autore della bella biografia Johnny Cash edita da Feltrinelli) che dopo quella canzone presero a domandargli: «Sei per caso diventato un radicale?». E Johnny replicava: «No, certo che no. Guardo la cosa dall' altra prospettiva. Sto solo cercando di essere un buon cristiano».
La teologia di Cash sta probabilmente tutta qui, in questa parabola dell' uomo in nero che canta per i diseredati, i poveri, i disagiati e gli addolorati. Tutte figure in cui il mito della musica americana, suo malgrado, si riconosceva. Il suo rapporto con la fede fu un prendersi e lasciarsi, e ogni volta il ritorno alla chiesa era motivato dal bisogno di un abbraccio accogliente e curativo da parte di Gesù. Il messaggio cristiano, in ogni caso, ha sempre innervato la sua musica, anche nei momenti in cui Johnny si teneva alla larga dalle navate. Come noto, i canti religiosi facevano parte della sua formazione, e sotto i cieli del natio Arkansas le parole della Bibbia entravano nelle orecchie da ogni parte, portare dal vento.
johnny cash cover
A un certo punto, il sentimento sotterranea divenne pubblica esplosione. Nel 1970, in una tramissione televisiva, Cash scandì il suo credo: «Per tutta la vita ho creduto all' esistenza di due forze potenti: la forza del bene e quella del male [...] o se volete la forza di Dio e quella del demonio. Ora, la forza di Dio è naturalmente la numero uno, la più potente, benché la numero due, il diavolo, abbia la meglio una volta ogni tanto. E quando cerca di avere la meglio può essere molto cattivo con voi. Ai miei tempi l' ho combattuto, ho resistito, ho tirato fuori gli artigli, l' ho preso a calci».
Era la descrizione di un combattimento spirituale, insomma. E Johnny l' aveva affrontato davvero mentre la dipendenza dalle droghe gli annebbiava la mente e gli infiacchiva il corpo: il Male lo stava assalendo, e vinceva. Forse è per questo che Cash si è fatto così tanto rapire dalla figura religiosa che più di tutte ha affrontato il tema della battaglia dello spirito, della lotta corpo a corpo contro il demonio: San Paolo.
Il musicista americano ne era così affascinato da decidere di dedicargli un romanzo, l' unico che abbia mai scritto, intitolato L' uomo in bianco, ora pubblicato in italiano dalle edizioni Piano B (sarà in libreria il 3 dicembre).
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Non fu un parto facile.
Agli inizi dei Settanta, Johnny era nel pieno del suo fervore religioso. Si era messo a frequentare l' ex musicista e predicatore Jimmy Snow, fondatore della Assembly of God (che persino Elvis a un certo punto seguì). Niente a che vedere con i battisti tra cui Cash era cresciuto, ma funzionava. Nel 1971 la superstar arrivò a prostrarsi davanti all' altare nel corso di una celebrazione. «Finora ho vissuto per il diavolo», disse, «da oggi in poi vivrò per il Signore».
Seguirono sistematiche incisioni di gospel, le esibizioni nei programmi di «Jesus rock», un film sulla vita di Cristo (Gospel Road), che fu girato sul lago di Tiberiade con June Carter, adorata moglie di Johnny, nei panni di Maria Maddalena. I fan liberal di Cash non apprezzavano la svolta «mistica», i conservatori lo adoravano, Nixon lo invitò a suonare alla Casa Bianca.
Ma il combattimento spirituale non era ancora finito. Quando iniziò a scrivere il romanzo su San Paolo, gli anni Settanta erano agli sgoccioli. E il rapporto del cantante con il mondo cristiano stava per andare in pezzi, assieme alla sua vita privata. Entrare in chiesa per lui era un impresa: anche lì lo assalivano i fan molesti. Soprattutto, le pillole erano rientrate nelle sue giornate e avevano a poco a poco sostituito il cibo dello spirito.
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«Non ho mai perso la fede in quel periodo», dirà poi Cash, «ma ho perso il contatto con Dio perché chi è dipendente in modo cronico da droghe o alcol diventa molto egoista». Quando riuscì finalmente a liberarsi del demonio che gli mordeva il cuore, gli anni Ottanta erano già iniziati. Il romanzo su Paolo, L' uomo in bianco, sarebbe uscito nel 1986, quasi dieci anni dopo l' inizio della stesura. Per tutto il tempo, Johnny si era documentato, aveva letto e meditato testi di teologia, ma era troppo stordito per scrivere.
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Il manoscritto lo riprese in mano al Betty Ford Center, dopo due mesi di disintossicazione, nel 1983. Lo ultimò nei due anni successivi, alternando scrittura e studio. «Quando morì Ezra Carter, il padre di June, mi lasciò la sua biblioteca storico-religiosa», racconta Cash nella lunga introduzione al romanzo. «Mi aveva parlato delle sue letture preferite, dei libri sui padri della chiesa, dei concili post niceno e ante niceno. Prima di morire continuava a dirmi: "Devi leggere Giuseppe Flavio, e Plinio, e Svetonio, e Gibbons, e Tacito".
Iniziai con Giuseppe Flavio e lo trovai lento, faticoso e difficile da leggere, ma più leggevo e più mi sentivo coinvolto: vedevo il mondo romano come lo dovevano vedere i primi cristiani. Alla fine li lessi tutti e ne comprai molti altri, relativi alla Giudea del Primo secolo. E quei vecchi libri polverosi tornarono in vita».
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Sotto gli occhi del drogato redento, i testi storici avevano ripreso vita. Una vita vera, di carne e sangue.
Perché in qualche modo la conversione di Saulo/ Paolo coincideva con la rinascita di Johnny Cash dopo l' annegamento nella dipendenza.
«Se in questo libro neppure un granello di verità sarà illuminato, sarà comunque servito al suo scopo», dice Johnny. «Mi ha fatto tornare allo studio della Bibbia, alla meditazione, a rifletterci e a parlarne, per la gran parte di questi ultimi dieci anni. A parte questo, in ogni caso, è qualcosa che dovevo fare. Vi prego di comprendere che io credo. Io credo che la Bibbia, l' intera Bibbia, sia l' infallibile e indiscutibile Parola di Dio. Sono stato attento a non prendermi alcuna libertà con quelle parole eterne.
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Laddove la parola si fa silenziosa, e per il bene della mia storia, a volte ho seguito i punti di vista tradizionali. Altre cose, alcuni personaggi, alcune conversazioni, alcuni eventi sono il frutto della mia fervida e a volte stramba immaginazione. Vorrei suggerire umilmente che alcune delle cose che ho scritto in questo libro, forse, sono il risultato di un piccolo fremito del grande magazzino della genialità di Dio».
johhny cash conferenza 1969
L' uomo in nero e l' uomo in bianco, alla fine, si sono incontrati. Dopo tutto, come Cash ci tiene a rimarcare, anche San Paolo aveva cantato in carcere. Proprio come Johnny quando si era messo a intonare Folsom prison blues davanti ai detenuti di Saint Quentin: gli emarginati a cui dedicava i suoi abiti scuri.
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