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    LA VENEZIA DEI GIUSTI - ‘EX LIBRIS’ DI WISEMAN È UN INNO ALLA VITA E ALLA CULTURA CHE È L’ESATTO OPPOSTO DELLA TROMBONATA AUTOCELEBRATIVA DI AI WEIWEI - PIUTTOSTO BELLO, FORTEMENTE POLITICO, CON UNA GRANDE SCENEGGIATURA E DUE INTERPRETI MERAVIGLIOSI COME FRANCES MCDORMAND E WOODY HARRELSON: ‘TRE MANIFESTI A EBBING, MISSOURI’


     
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    Marco Giusti per Dagospia

     

    frederick wiseman frederick wiseman

    Venezia. Netta divisione tra critici italiani e stranieri, come avevamo intuito, su The Leisure Seekers di Paolo Virzì. Mereghetti&Morreale lo difendono mentre ai critici stranieri non piace. Meglio. Perché quando un film spacca in due la critica nasce un dibattito critico e il pubblico ci va per crearsi un’opinione. Speriamo…

     

    Vi dico subito che Ex Libris, quarantunesimo documentario di Frederick Wiseman, tre ore dottissime dedicate non tanto alla Biblioteca Pubblica di New York, ma alla vita, alla cultura che si produce e che nasce dentro e attorno alla Biblioteca di New York come a qualsiasi altra biblioteca pubblica di tutto il mondo, è un’opera monumentale, giustamente inserita nel concorso, che andrebbe assolutamente premiata.

    ex libris frederick wiseman ex libris frederick wiseman

     

    Wiseman costruisce con una ingegneria alla Howard Hawks un film complicatissimo da montare dove tutti tasselli devono combaciare per produrre esattamente l’idea sulla quale sta lavorando, cioè di una spazio culturale che diventa materia organica, produce vita, idee, teatro, musica, cinema. Una specie di inno alla vita e alla cultura dell’uomo che è l’esatto opposto della trombonata autocelebrativa di Ai Weiwei. Lentamente il film ti avvolge con un dosaggio perfetto di momenti di momenti di commedia, di dibattito politico, di performance che devi seguire come un unico racconto.

    tre manifesti a ebbing missouri tre manifesti a ebbing missouri

     

    Piuttosto bello, fortemente politico, con una grande sceneggiatura e due interpreti meravigliosi come Frances McDormand e Woody Harrelson, anche il film americano in concorso visto stamattina, Three Billboards Outside Ebbing, Missouri, scritto e diretto dall’irlandese Martin McDonagh, cioè il regista di In Bruges e dello strampalato Seven Psycopaths. Mildred Hayes, cioè Frances McDormand, cerca di smuovere il capo della polizia locale, Woody Harrelson, per far luce sull’omicidio e lo stupro di sua figlia Angela. Così compra tre cartelloni pubblicitari di una strada di campagna per puntare il dito proprio sulla polizia.

    tre manifesti a ebbing missouri tre manifesti a ebbing missouri

     

    Non si metterà contro tanto il capo, che ha un tumore al pancreas e i giorni contati, quanto il suo svitato aiuto Dixon, Sam Rockwell, già protagonista di Seven Psycopaths, gay represso con mamma, con fama di torturatore di neri. L’idea dei manifesti smuoverà però fin troppi interesse nella cittadina di Ebbing, facendo uscire il razzismo di alcuni e l’umanità di altri.

     

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    McDonagh gioca coi suo personaggi senza le subtarantinate del film precedente, ma con una giusta dose di commedia sofisticata e di battute esplosive, coinvolgendo nell’orrore della vicenda le ultime vicende di Charlottesville, l’omofobia, la guerra, le matrici del suprematismo bianco.

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    Frances McDormand domina ogni scena e sarà difficile non prenderla in considerazione per un premio maggiore. Per McDonagh è il ritorno alle promesse di un cinema di serie A che prometteva con In Bruges. Grande musica di Carter Burwell che unisce temi irlandesi, “The Last Rose of Summer” di Thomas Moore, a “The Day They Drove Old Doxie Down” di Joan Baez a Townes Van Zandt.

     

     

     

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