Marco Consoli per “la Stampa”
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«Ricordo solo le pareti di velluto rosso, la vernice nera lucida, le lingue voraci». Björn Andrésen, 66 anni, attore svedese diventato una celebrità istantanea nel 71 per il ruolo di Tadzio in Morte a Venezia, ricorda così la sera dopo la première al festival di Cannes in cui, per festeggiare, Luchino Visconti e il suo clan lo portarono in un gay club. Solo che lui era minorenne. È una delle rivelazioni di The Most Beautiful Boy in the World, documentario appena presentato al Sundance Film Festival, in cui Kristina Lindström e Kristian Petri raccontano la vita di quello che fu definito dallo stesso Visconti «il ragazzo più bello del mondo».
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Bello Björn era bello, e fu scelto dopo una ricerca del regista in tutta Europa, «ma quella definizione - dice Petri - rispecchiava più che altro l' ego dell' autore: sei bello solo perché ti ho ripreso io». Tanto che Visconti, nella conferenza stampa a Cannes, ritrovata da Petri negli archivi Rai di Roma, affermò che Björn, a 16 anni, era ormai vecchio, quindi non più appetibile, fra le risate dei giornalisti in sala. «Penso che fosse un commento sincero, che oggettificava il ragazzo - dice Lindström - ma che visto con lo sguardo di oggi risulta intollerabile».
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«Björn ci ha raccontato di essersi sentito abusato e sfruttato - prosegue Petri -. Era insicuro fin dal momento in cui Visconti, durante il provino, cui lui stesso dedicò un documentario (Alla ricerca di Tadzio, ndr.), gli chiese di andare a comprare con la direttrice del casting un costume da bagno per fare foto seminudo. Quando gli ho chiesto cosa ci fosse nel suo sguardo, Björn mi ha detto: una gran rabbia».
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L' effetto di quella popolarità planetaria fu deleterio: Andrésen andò in Giappone, dove fu addirittura drogato per realizzare video, spot e persino un disco, ispirando tra l' altro l' autrice di manga Riyoko Ikeda per il volto di Lady Oscar. «Diventare così famosi ha un effetto dirompente soprattutto se sei un ragazzino e non hai il giusto supporto da parte degli adulti - commenta Lindström -. Nel caso di Björn non c' era solo l' attenzione e gli sguardi della gente, ma anche il desiderio e la lussuria: la gente lo invitava alle feste e gli faceva regali per ottenere un certo tipo di favori».
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Nell' indagare lungo 5 anni la vita di Andrésen, che ha poi fatto il musicista come desiderava da bambino, e l' attore come voleva sua nonna, apparendo ad esempio di recente in Midsommar - Il villaggio dei dannati, Petri e Lindström hanno scoperto di più. «Dopo un po' che giravamo ha iniziato a parlarci della scomparsa e della morte di sua madre, avvenuta quando era bambino - spiega Petri - e così abbiamo ricollegato tutto». «Se fosse stata ancora viva probabilmente la sua vita sarebbe andata in una direzione diversa - dice Lindström - penso che Visconti lo scelse anche perché aveva una profonda tristezza nello sguardo».
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Tormentato dai demoni della morte della persona che amava di più e travolto dalla fama piovutagli addosso per essere stato scelto da un maestro del cinema, Andrésen è sprofondato nella dipendenza dall' alcol e attraversato vita e carriera tra alti e bassi, aggravati dalla tragedia della perdita di uno dei due figli; riducendosi a vivere in un appartamento sporco e disordinato al punto di essere quasi sfrattato di casa. «Quando abbiamo girato alcune scene del documentario in quello che oggi rimane dello splendido Hotel des Bains di Morte a Venezia - dice Petri - Björn si è guardato intorno e poi ridendo mi ha detto: questo posto è un relitto, proprio come me».
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