Estratto dell'articolo di Elvira Serra per il "Corriere della Sera"
santo versace
Santo Versace, qual è il suo primo ricordo?
«Quando ho cominciato a lavorare con mio padre: avevo sei anni».
Non è possibile.
«Ero io che lo sfinivo, volevo andare in negozio con lui a tutti i costi e quando ho compiuto 6 anni come regalo mi disse: adesso sei grande, puoi venire».
Cosa faceva?
«Tanto per cominciare imparai le tabelline del 36, perché il carbone costava 36 lire al chilo: 36-72-108-144-180-216-252-288-324. Poi impalavo e spalavo, copiavo i grandi. Così sono cresciuto di sana e robusta costituzione!».
Un’altra immagine della sua infanzia?
«La morte di mia sorella Tinuccia, avevo quasi 9 anni. Io e Gianni eravamo stati mandati dai parenti. Il feretro fu trasportato dai cavalli, a quei tempi non si usavano le auto: noi camminavamo a piedi dietro la bara bianca. Era il 1953».
Due anni dopo è nata Donatella.
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«Un dono che ha riempito un vuoto. Quando aveva 5 anni io giocavo a pallacanestro in serie B, quando mi sono iscritto all’università lei aveva 8 anni, quando mi sono laureato in Economia e commercio lei era in terza media: fu l’unica presente della mia famiglia, quel giorno, me l’ero portata dietro a Messina».
E Gianni dov’era?
«Lui aveva convinto nostra madre ad aprire la boutique a Reggio Calabria. Faceva di tutto: il buyer, il commesso, il capo operativo. Era il miglior venditore».
Quest’anno, a dicembre, compirà 80 anni.
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«No, ne compio 20 per la quarta volta».
Certo. Ha fatto tante cose: di quale è più orgoglioso?
«I primi 32 anni sono stato a Reggio, dove avevo aperto uno studio da commercialista. Era una vita fantastica, ancora con la famiglia. Però l’esperienza più significativa è stata senz’altro creare un’azienda dal nulla a livello mondiale e poi difenderla, dopo la morte di Gianni».
L’idea della casa di moda fu sua.
«Dissi a Gianni che avremmo fatto meglio di Yves Saint Laurent. Carlo Tivioli, il suo compagno di allora, replicò che ero un pazzo».
Le top model come le vedeva?
«Costosissime! Io ero sempre lì a litigare sui costi, sui prezzi, su tutto. Ma era fantastico! Era un momento particolare, la follia che attraversava la famosa Milano da bere, della creatività, del design. Stava cambiando l’immagine dell’Italia nel mondo, Der Spiegel ci raffigurava in copertina con gli spaghetti e la P38».
carla bruni claudia schiffer donatella versace naomi capbell
C’erano Naomi Campbell, Linda Evangelista, Cindy Crawford e Christy Turlington.
«Costavano 15 mila dollari a sfilata. Ma quando le chiamavi apposta per un evento dovevi pensare a tutto: aereo in first class, hotel di lusso per cinque notti... Alla fine il cachet lievitava».
Con gli altri stilisti vi facevate la guerra?
«Era bello avere dei competitor così forti, perché ti spronavano a dare il massimo. Ma ognuno poi pensava a sé, non stava a guardare gli altri».
Che ricordi ha con loro?
santo e donatella versace
«Quello indelebile con Valentino e Giammetti è del giorno in cui è stato ucciso Gianni. Io, Donatella ed Emanuela Schmeidler siamo corsi a Ciampino per prendere l’aereo privato e li abbiamo trovati lì all’aeroporto per abbracciarci».
E di Giorgio Armani cosa dice?
«Semmai cosa ha detto lui di me!».
Che a Gianni invidiava suo fratello Santo.
«Lo scorso anno l’ho incontrato due volte: a Milano, alla presentazione del film The Inside Story of Italian Fashion, e a Venezia, alla sua sfilata. In entrambe le occasioni ero con mia moglie Francesca. Negli anni 90 dai calendari delle sfilate ti rendevi conto che Milano era forte per i suoi due alfieri: Gianni apriva e Armani chiudeva […] ».
donatella versace elton john gianni versace
Dov’è adesso il famoso manichino di Lady D?
«Questo bisogna chiederlo alla Versace. Sarà negli archivi...».
Della Principessa Triste ha un’immagine privata?
«Lei che mi tiene la mano per mezz’ora in via del Gesù per consolarmi, il giorno della cerimonia funebre in Duomo. Mentre con Elton John, a parte le foto fatte a New York nella sua casa, è incancellabile il ricordo del funerale mentre piangeva, prima di cantare con Sting. In seguito fece un concerto straordinario a Riga, dove andai anch’io, e il giorno dopo un quotidiano titolò a 8 colonne con le sue parole: “Santo io ti amo”».
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Quel 15 luglio 1997 aveva cambiato tutto.
«Non riuscivo a credere che fosse morto. È toccato a me il riconoscimento all’ospedale, non ci volevano far entrare. Poi, quando ho toccato la testa di Gianni, ho ritratto la mano piena di sangue: lì ho capito che non c’era più. Ho spinto io la bara dentro il forno crematorio: mi restituirono un sacchetto di cenere così piccolo».
[…] È sempre stato un uomo di fede?
«Da ragazzo ero boyscout. Da adulto mi sono allontanato. Soprattutto dopo quello che è successo a Gianni mi sono un po’ perso. Ma grazie a Francesca ho ritrovato la fede: andiamo a messa tutte le domeniche e nei giorni festivi. Si lavora per il paradiso, lo si cerca per tutti i parenti».
Anche per Donatella?
«Lei è la prima: è mia sorella».
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Quando l’ha vista l’ultima volta?
«Mi appello al Quinto Emendamento».
Possiamo considerare il suo rammarico più grande non aver compiuto la fusione con Gucci?
«È la cosa che mi ha addolorato di più, dopo la morte di Gianni. Eravamo pronti. Sarebbe nato un gruppo fantastico, avremmo avuto il tempo e la forza di farlo crescere: con lui ci sarebbero stati Tom Ford e Domenico De Sole. Era un punto di partenza, non di arrivo».
[…] Porta il suo nome la legge sull’etichettatura del Made in Italy, licenziata durante la sua esperienza parlamentare dal 2008 al 2013.
«La legge l’abbiamo voluta per dimostrare all’Europa che l’Italia era compatta nella difesa dei valori della manualità, anche se non poteva essere applicata, perché quelle questioni sono di competenza europea. Era un segnale».
Avrebbe voluto fare di più, da deputato?
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«Forse mi ha penalizzato l’inesperienza, il pensare in maniera aziendale. Ma stavo viaggiando verso il divorzio, e poi lavoravo da battitore libero, ero ingombrante, avevo troppi problemi. Oggi sarei maturo».
Le piacerebbe tornare in Parlamento?
«Ma no. Però mi piace continuare a parlare di politica da cittadino libero».
[…]
Francesca De Stefano le ha ridato il sorriso.
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«Abbiamo aspettato luglio scorso per sposarci in chiesa: se avessi saputo che sarebbe stato così emozionante lo avrei fatto prima!».
[…] Che padre è stato?
«Forse potevo essere più severo, ho lasciato ai miei figli molta libertà. Noi, invece, ci siamo dovuti conquistare tutto».
Le dispiace che non lavorino in Versace?
«Sì, soprattutto per Francesca, che aveva interesse e potenziale. Come ho spiegato nel libro Fratelli, se Gianni fosse stato ancora vivo avrebbe di sicuro lavorato al suo fianco».
donatella, gianni e santo versace nel 1994 SANTO E DONATELLA AI FUNERALI DI GIANNI VERSACE elton john ai funerali di gianni versace, enl 1997 gianni donatella et SANTO versace x santo versace francesca de stefano santo versace foto di bacco santo versace foto di bacco (2)