Candida Morvillo per corriere.it
lapo elkann
Alla fine, c’è un momento in cui Lapo Elkann volta la testa per nascondermi le lacrime che stanno arrivando. Lo vedo serrare la faccia, come a scacciarle via. In quell’istante, è un ragazzo di 43 anni seduto nella cucina di casa, a Milano, maglietta bianca e jeans. Sugli scaffali, decine di piccole Ferrari tutte in fila e nessun giocattolo che possa consolarlo.
Non succede mentre racconta dei giorni in cui voleva suicidarsi, anche se ne sta parlando per la prima volta, né quando ripercorre i tanti accidenti della sua vita: gli abusi in collegio, il finto rapimento a New York, l’overdose e il coma nella Torino della sua Fiat a casa del trans Patrizia, l’incidente a Tel Aviv e di nuovo il coma... Del passato, parla senza emozione. In tre ore d’intervista, ripete forse trenta volte che il passato è alle spalle e conta invece costruire il presente e il futuro.
Il bene che vuole fare con la Onlus Laps
lapo elkann gianni agnelli
Ogni cosa in lui, ogni pensiero, ogni parola pronunciata a velocità triplicata è proiettata verso il bene che vuole fare con la sua Onlus Laps, in soccorso dei bambini che, come è successo a lui, soffrono di dislessia e disturbi dell’apprendimento, e di quelli abusati e di chi soffre di dipendenze e discriminazioni o di quei «buchi emotivi» che, confessa, sono ancora la sua battaglia quotidiana.
LAPO ELKANN NEVER GIVE UP
Però, nell’istante in cui la sua voce s’inceppa, in cui lui stesso s’inceppa, non stiamo parlando del passato, ma di sua madre, di Margherita Agnelli e di un non detto che è un adesso di beghe legali per storie di testamenti ed eredità.
lapo elkann 3
Lapo volta il viso altrove e il torrente di parole si ferma quando gli chiedo qual è il problema di fondo con lei. Silenzio e piccole Ferrari che sembrano roteare tutto intorno. Ora, Lapo parla al rallentatore: «Prima di rispondere, ci voglio pensare cautamente». Prima di lasciarlo rispondere, bisogna ripercorrere l’intervista dall’inizio.
La sua vita è fatta di tanti «prima» e «dopo», qual è il momento in cui sente di volersi dedicare agli altri?
«Ero nel carcere di Nisida, un ragazzino, arrestato a undici anni, mi fa: Lapo, Lapo, sei figo! Chiedo perché. E lui: perché pippavi e andavi a prostitute. Mi sono sentito rabbrividire.
lapo elkann and family
Era un baby killer della camorra, aveva ucciso tre persone. Gli ho chiesto che avrebbe fatto se uno gli avesse dato un’opportunità e mi ha risposto: io, se torno al quartiere, mi do sei mesi di vita, m’importa solo di farmi e di andare a donne. Mi sono sentito male. Mi sono detto: adesso, con tutta la fortuna e i privilegi che hai, ti dai una mossa e vedi di fare la differenza».
La sta facendo?
lapo elkann
«Ero già una macchina che andava forte, ma in questa pandemia ho avuto la fortuna di avere accanto una donna che mi ha messo le ruote motrici e che, come me, sente il bisogno di restituire».
Parla di Joana Lemos, la sua fidanzata portoghese?
«Ha vinto la Parigi-Dakar, sa che vuole dire cavalcare le dune e quindi avere a che fare con una persona non facile: io non sono molle, non sono inattivo. Durante il lockdown, abbiamo fatto la campagna Never Give Up per la Croce Rossa, abbiamo portato gli igienizzanti a Locri, due ambulanze per i disabili in Sicilia, abbiamo distribuito le pizze a Napoli, i pasti a Milano, le mascherine negli ospedali, siamo andati ad aiutare in Spagna e in Portogallo».
lapo elkann
Joana ha cinque anni più di lei ed è così diversa dalle sue ex, come entra nella sua vita?
«Ero in un ristorante e ho visto uno sguardo che era una forza della natura. Poi, ho visto anche il resto e mi è piaciuta in tutto. Ci ho provato subito in modo lapesco e mi è andata male».
In «modo lapesco»?
«Le ho scritto un messaggio: ti voglio. La volevo molto prima che lei volesse me. Non ha risposto. Ho dovuto ricominciare in modo lapesco-romantico: costruire un rapporto dove ci si conosce, si vedono nello sguardo passioni, valori, la voglia di presente e di futuro. Lei ha molte cose mie: determinazione, costanza, caparbietà, bontà, generosità.
lapo elkann marchionne
Come me, dà così tanto agli altri che a fine giornata può essere sfinita. È una donna che mi porta su ed è la prima che non sta con me per la visibilità o i soldi. Non ci nascondiamo niente. Abbiamo i codici del telefono l’uno dell’altro. È probabilmente la prima volta che non sono birichino, non guardo altrove e non ho più il complesso del seduttore».
Il complesso del seduttore?
lapo elkann con joana lemos alle baleari
«Prima, ero insicuro e la mia donna doveva piacere agli altri e, quasi quasi, non piaceva a me. Joana, invece, piace a me. Con lei, voglio costruire».
«Costruire» che significa?
«Costruire una vita, vedo una prospettiva lunga. Se arrivassero figli, sarei felice».
Quali altri complessi ha?
lapo elkann margherita
«Nella mia educazione, c’è stato il machismo: ho sofferto per smettere di considerarlo vincente, accettare le mie debolezze e imparare a chiedere aiuto.
Ci sono riuscito grazie all’amore della mia fidanzata e dei miei fratelli e nipoti. Ho imparato ad amarmi. Non ero orgoglioso di me. Colpa dell’insicurezza dell’infanzia: se soffri di Adhd, di disturbo da deficit di attenzione e iperattività, e anche di dislessia, ti senti di meno e vuoi dimostrare di essere di più».
Quando ha capito che il machismo era un disvalore?
«Da tanto. Post incidente a Torino. Ma metterlo in pratica è stato diverso dal capirlo. Tutti i giorni è una battaglia. Ho buchi emotivi che colmavo con iperattività, iperprogettualità e con le sostanze. Io non ho mai usato le sostanze per divertimento, ma sempre per autodistruzione, per non sentire i vuoti. Oggi, quei vuoti li accetto e li so gestire».
La prima volta con una sostanza?
Giovanni Agnelli con Lapo e John Elkann
«Non posso chiamare “sostanza” un essere umano, ma la prima volta è stata una prostituta. Dopo essere stato abusato, ero confuso, non sapevo se ero etero, mi chiedevo se ero io colpevole.
Col sesso a pagamento, avevo il controllo, sapevo quello che stava succedendo. Ma questo ha incrementato il buco e ha portato a uno scalare di problematiche, perché il passo successivo sono gli spinelli e via via peggiorando. Il mio problema non è una “sostanza” in sé, ma il fatto che non so limitarmi. Posso lasciare la coca, ma diventare ossessivo-compulsivo o work alcoholic e lavorare 14 ore al giorno.
lapo elkann e emanuele filiberto
L’intensità è una forma di sostanza, una dipendenza. Il demone è lì, non dorme, devi sempre domarlo. Da vent’anni, faccio un’ora al giorno con i narcotici anonimi, ho completato “i 12 passi” quattro volte. La sobrietà è il mio orgoglio più grande, perché, senza, non ho niente, rischio di perdere le mie aziende, le persone che amo, me stesso».
lapo elkann e bernie ecclestone
Perché una terapia di gruppo quando potrebbe avere i migliori terapisti?
«Ho provato anche i Rehab a cinque stelle, ma se stai male non conta se sei ricco, povero, se hai l’Aids: sei uguale agli altri. Il mio gruppo di narcotici anonimi è in America: lo preferisco perché lì si parla di soluzioni, non di problemi».
Cos’è successo a Tel Aviv un anno fa?
«È stato un incidente, ricordo solo che sono stato in coma sei giorni, mi sono svegliato e ho avuto shock forti: ero in un ospedale di emergenza, ho visto persone morire, ho perso i capelli per alopecia, ho avuto uno stress post traumatico e 15 operazioni ai polmoni».
In questa inclinazione all’autodistruzione, c’è mai stato il pensiero di farla finita?
lapo e alain elkann
lapo
«A New York, dove ho vissuto per un po’ dopo l’incidente di Torino. Abitavo al 33esimo piano: la tentazione di buttarmi era continua. Non ho avuto il coraggio e l’amore per la vita è stato più forte».
Al suo esordio da brand manager in Fiat riuscì a far tornare simpatica l’azienda con le sue felpe e spingendo per lanciare la 500, ma dopo l’overdose lasciò. La Fiat le manca?
«Io per la Fiat sarei salito sul ring contro Mike Tyson e non l’ho mai lasciata, resto azionista e le resto grato. Mi ha permesso di imparare da tanti grandi, come Sergio Marchionne che mi ha dato svariati calci nel didietro insegnandomi a mordere il freno. Amo la Fiat perché amavo mio nonno e, quando è morto, ho giurato che avrei dato tutto per quest’azienda. Ero con lui in America quando si è curato. Poi, ha deciso di tornare a morire in Italia e io, per seguirlo, ho lasciato Henry Kissinger, con cui lavoravo».
lapo elkann con joana lemos alle baleari 1
Era accanto a lui quando è mancato?
«Non si poteva, però so che è morto con un sorriso. Per me, è stato come perdere un faro. Sono andato in paranoia perché non si trovava un carro funebre Fiat. Ho fatto di tutto per farlo fabbricare in tempo. E con la morte di mio nonno ho imparato anche che quando le cose vanno male la gente ti volta le spalle.
Al funerale, ho visto molti tramare, fare giochi di potere. Ho riconosciuto sciacalli negli occhi di banchieri, di persone della finanza e della politica. È una cosa che ho vissuto con la mia anima e il mio cuore. Era stato Kissinger a insegnarmi a leggere negli occhi delle persone».
lapo elkann con joana lemos alle baleari
Che altro ha imparato da lui?
«Tanto, e soprattutto ero con Kissinger dopo l’11 settembre 2001 e, dall’America, ho imparato il motto united we stand, divided we fall. Uniti stiamo in piedi, divisi cadiamo. Lo applico anche alla mia Onlus: ora, il progetto è sostenere altre associazioni che lo meritano, creare un’Hub della solidarietà. Se posso mettere a disposizione la mia visibilità, io ci sono».
LAPO ELKANN A VERISSIMO 1
Dice «united we stand divided we fall» e penso ai tre bambini di «Magari», il film diretto da sua sorella Ginevra. Eravate così voi due e John? Spersi, in balia di adulti problematici, unitissimi?
«Mio fratello, come nel film, ha avuto un ruolo difficile perché doveva fare da mediatore fra mio padre e mia madre e infatti è uno da situazioni complesse, lo dimostra costantemente.
Mia sorella ha dovuto sopportare un fratellino rompiscatole e iperattivo, ma era sempre con me. L’amore che ho per loro è indistruttibile. Andrò a vivere a Torino per stare più vicino a John e, se dovessi rinunciare a soldi o aziende per i miei fratelli, lo farei perché hanno dovuto supportarmi e subirmi, hanno sofferto e affrontato difficoltà per colpa mia e non mi hanno mai giudicato. Siamo uniti non per le aziende, ma per l’amore che ci lega e perché ci accettiamo come siamo. Sono importanti per me, come è importante mio padre».
LAPO ELKANN A VERISSIMO
Che padre è stato Alain Elkann?
«Ha avuto un ruolo due volte difficile perché nostra madre ci portò in Brasile senza dirglielo e perché competeva con un nonno superuomo, che era la Ferrari, la Juve. Papà è uno scrittore e a me affascinava più Del Piero che un romanzo, però papà c’è sempre stato».
Tre fratelli uniti contro cosa?
«Uniti “per” qualcosa: per confrontarci, per fare. Abbiamo caratteristiche diverse che possono renderci utili l’un l’altro. Poi, ci sono stati percorsi durissimi di sofferenza: un figlio che affronta le conseguenze di scelte irragionevoli e incomprensibili di una madre ne soffre. Non conosco un figlio che non ne soffrirebbe. Ma questo non è il luogo per parlarne, ci sono persone che se ne stanno occupando, perché purtroppo non è possibile dialogare con mia madre, avendoci io provato un milione di volte».
Parla delle guerre sull’eredità di famiglia?
«Sono cose che si affrontano nelle sedi preposte, per scelta sua».
kissinger e agnelli
Questo rapporto difficile fa più male ora o faceva più male da bambino?
«Fortunatamente, e molto tristemente, mi ci sono abituato. Ho dovuto imparare a proteggermi. Ci convivo accettandolo: mi rendo conto che mia madre ha visioni contorte e illogiche di come stanno i fatti».
Qual è il problema di fondo con sua madre?
(Silenzio. Pausa. «Ci voglio pensare cautamente». Silenzio). «In primis, io non sono in grado di carpire e capire che infanzia ha avuto, ma ho capito con tristezza che è autodistruttiva e autolesionista e fa prevalere cose che io non farei prevalere su quello che dovrebbe essere una famiglia. Lei ha diviso la famiglia in due. Nel futuro, amerei che non ci fossero battaglie, ma le vuole lei e, se c’è da difenderci, ci difenderemo. È una scelta sua e io me ne rammarico».
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Che vede, se guarda avanti?
«Il piacere di lavorare nelle mie aziende, in Italia Independent, in Garage Italia, in Independent Ideas, ma sempre più solo da azionista e da creativo, visto che ormai hanno una guida forte, così da seguire sempre più progetti che aiutino a migliorare il mondo attorno a me e il mondo dentro di me. Ora, per la prima volta, guardo avanti e vedo una vita senza più montagne russe».
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