VALERIA SOLESIN
Caterina Soffici per il “Fatto Quotidiano”
Valeria Solesin non è un' eroina. È solo una povera ragazza che ha avuto la sfortuna di trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato. Però ne stanno facendo un santino e una martire nazionale.
Una cosa che probabilmente, se un po' si è capito il tipo, le avrebbe fatto orrore. "Beato il paese che non ha bisogno di eroi", mai detto sembra più adeguato al caso.
Il dolore della famiglia e del fidanzato sarebbero solo da rispettare e da comprendere. A loro è concesso dire e fare ogni cosa. Agli altri no. Con i fiumi di retorica di questi giorni si potrebbe riempire un affluente del Po. "Ciao Valeria, grazie" lo può scrivere Gino Strada, perché ringrazia per conto di Emergency una giovane volontaria che ha lavorato con loro, prima a Venezia e poi aiutando i clochard parigini.
VALERIA SOLESIN
Ma gli altri, perché mai devono ringraziare Valeria? Sarebbe da psicanalizzare un paese che ha bisogno di identificarsi in una giovane ricercatrice universitaria, costretta a emigrare per poter continuare a fare ciò che amava.
L' amica Elena, anche lei espatriata in Germania, ieri durante la cerimonia funebre ha raccontato una delle loro ultime telefonate, dove Valeria esprimeva il suo dubbio "se fare la sociologa a Parigi o mangiare la pizza a Napoli".
È il dilemma di una generazione alla quale non è stata data un' altra scelta: fare la sociologa a Napoli e andare a Parigi (in vacanza) per mangiare una crepes.
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Forse è per questo che la morte di Valeria Solesin è diventata il grande sfogatoio delle frustrazioni di una generazione intera e delle loro famiglie. I gufi li chiamano "cervelli in fuga", i renziani "generazione Erasmus".
Ma comunque tu li chiami, questo rimangono: giovani che hanno dovuto lasciare l' Italia per lavorare. E sicuramente non è un caso che una ragazza impegnata come Valeria studiasse e mettesse a confronto la condizione della donna tra lavoro e famiglia, un altro dei campi dove l' Italia non se la passa proprio benissimo, in termini di pari opportunità e di aiuti alle madri lavoratrici, soprattutto se paragonata a quelle della Francia.
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Mentre da un lato ne facciamo un simbolo (simbolo di cosa?), dall' altro la sua storia viene spolpata dagli sciacalli mediatici, che sguazzano nei dettagli macabri della sua morte, tra le braccia del fidanzato, spiegando quanti minuti può durare l' agonia di un dissanguato, da dove è entrato il proiettile, dove è uscito e altri particolari da catalogare come voyeurismo e non certo come informazione.
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Per non parlare degli altri sciacalli, il premier Renzi in primis, che hanno usato la salma di Valeria Solesin per postare i loro tweet e fare la passerella di fronte alle telecamere. Per non parlare dei rappresentanti dello Stato, Boldrini e Mattarella. Lo stesso Stato che ha contribuito a finanziare l' Isis con i riscatti milionari pagati per liberare gli ostaggi italiani e che continua a fare affari con certi paesi amici dei massacratori.
VALERIA SOLESIN CON IL FRATELLO
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Per non parlar della Rai, il servizio pubblico nazionale, che ha visto bene di mandare telecamere e inviati per la diretta del funerale su Rai1, mentre la sera dell' attentato non si è sognato di modificare la programmazione e chi voleva capire cosa stesse succedendo a Parigi doveva affidarsi a Mentana su La7 (o a un qualsiasi altro canale straniero di news).
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