Wilma Petenzi per il corriere.it
LAURA ZILIANI E LE FIGLIE
Era tornata a casa, a Temù, per la «festa della mamma» da trascorrere con le figlie. Oggi, a un anno di distanza, nella stessa identica ricorrenza, due delle tre figlie sono in carcere con l’accusa di averla uccisa: prima sedata, poi soffocata e sepolta in riva al fiume.
E dodici mesi dopo quella notte dell’8 maggio di premeditato orrore le figlie della vittima hanno ricevuto la notifica della chiusura indagini. Per la Procura di Brescia non ci sono dubbi: a uccidere Laura Ziliani, ex vigilessa di 55 anni, sono state la figlia maggiore Silvia Zani, insieme alla minore Paola e con l’aiuto di Mirto Milani, fidanzato della prima, ma amante di entrambe.
MIRTO MILANI, IL FIDANZATO DELLA FIGLIA MAGGIORE DI LAURA ZILIANI
Il «trio criminale»
Al «trio criminale» (così li definì il gip Alessandra Sabatucci) il sostituto procuratore Cati Bressanelli contesta l’omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e l’occultamento del cadavere.
Non restano dubbi all’accusa sulle modalità dell’omicidio. La ricostruzione è ampiamente supportata dalle 103 pagine della relazione del medico legale Andrea Verzelletti, consulente del pm, che ha effettuato l’autopsia. Gli esami tossicologici hanno evidenziato tracce importanti ma «insufficienti a cagionare il decesso diretto» di ansiolitici: la vittima - questa la ricostruzione dell’accusa - prima è stata stordita con benzodiazepine e poi soffocata.
le figlie di laura ziliani
A causa dei farmaci l’ex vigilessa non sarebbe stata in grado di difendersi, sarebbe stata praticamente tramortita quando è stata soffocata «in modo non violento», scrive ancora il medico legale nella sua relazione. L’assenza di fratture o lesioni importanti al volto inducono a pensare che la donna sia stata soffocata con un cuscino.
Poi il corpo è stato sepolto lungo l’argine del fiume Oglio. E solo una piena del corso d’acqua ha riportato alla luce il corpo, la mattina dell’8 agosto, tre mesi dopo la denuncia di scomparsa fatta ai carabinieri proprio dalle figlie accusate di averla uccisa.
una delle figlie di laura ziliani
Il depistaggio
Era stata cercata a lungo l’ex vigilessa, appassionata di escursioni in montagna, sempre pronta a salire sulle sue amate vette. Ma il giorno della morte aveva disdetto una gita con gli amici perché voleva festeggiare con le sue figliole. Silvia e Paola avevano anche preparato una torta, ma il dolce è rimasto in frigorifero, una sorta di alibi da mostrare a una vicina - ci pensò Mirto - per rafforzare il senso di angosciosa attesa e allontanare qualsiasi possibile sospetto.
mirto milani
Avevano anche pianto le figlie chiedendo aiuto: «È uscita per un’escursione, deve esserle capitato qualcosa». Ma Ziliani, sempre prudente nelle sue uscite - soprattutto dopo la morte del marito nel 2012 travolto da una valanga -, non aveva portato né il cellulare né l’orologio con il gps.
Il 23 maggio nei boschi fuori Temù, viene trovata una scarpa da trekking dell’ex vigilessa, due giorni dopo il ritrovamento della calzatura gemella, ma un passante riferisce ai carabinieri di aver visto aggirarsi in zona un ragazzo e una ragazza. Ritrovamenti anomali, la Procura comincia a nutrire sospetti sul trio: il passaggio della loro auto è rilevato sia il 23 che il 25 da telecamere poste sulla strada che da Brescia porta all’alta Valcamonica.
SILVIA ZANI
«Piano premeditato»
La piena dell’Oglio fa ritrovare il corpo vestito solo con biancheria intima, un abbigliamento decisamente incompatibile con un’escursione in montagna. Tutti gli indizi portano a Silvia e Paola Zani e a Mirto Milani.
Un delitto «frutto di un piano a lungo premeditato», scrisse il gip. Per il pm avevano già provato a uccidere la madre, ma senza riuscirci. Un mese dopo il bis. Per appropriarsi del patrimonio di famiglia. Ora la Procura è pronta a chiedere il rinvio a giudizio.
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