Rosita Rijtano per “Repubblica.it”
MEITU SELFIE
Usa tecnologie d'avanguardia, come il riconoscimento facciale e la modellazione in 3D. Ma non ha a cuore le sorti dell'umanità. Perché l'obiettivo è rendere tutti "belli, belli in modo assurdo" al pari di Ben Stiller nel film Zoolander, se non persino di più. Almeno in quell'ossessione contemporanea che sono gli autoscatti da smartphone.
Così Meitu, compagnia cinese che sviluppa applicazioni ad hoc per ritoccare selfie e video a regola d'arte, ha conquistato la Cina. E adesso punta oltre: tenta una scalata planetaria. Dalla sua parte ci sono novecento impiegati, uffici a Santa Monica e Palo Alto, programmi d'espansione in America Latina, Medio Oriente, Europa e Asia Pacifica.
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Un successo iper vertiginoso, supportato - pare - da solidi numeri: secondo i dati aziendali, infatti, le creazioni dell'impresa sono state scaricate ben un miliardo di volte, contano 270 milioni di utenti attivi mensili, per un totale di 3.9 miliardi d'istantanee messe a punto ogni mese. Ritmo di crescita? Duecento milioni di nuovi fan al dì.
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Promettente. A tal punto che, stando a quanto rivela il Wall Street Journal, venerdì scorso la società ha fatto richiesta di quotarsi alla borsa di Hong Kong e potrebbe rastrellare nell'Ipo, cioè l'offerta pubblica iniziale, dai 500 milioni al miliardo di dollari. Chiaro, non siamo ai livelli record di Alibaba, il pachiderma dell'e-commerce che al suo debutto a Wall Street valeva oltre 230 miliardi di dollari, eppure si tratta di una somma niente male.
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Pensare che la storia di quest'astro nascente della galassia hi-tech inizia nel 2008, quando - annota il Washington Post - la parola selfie deve ancora essere inserita nel dizionario d'inglese di Oxford (eletta parola dell'anno nel 2013) e Meitu è un processore desktop d'immagini ispirato a Picasa di Google. A forgiarlo sono in due, Cai Wensheng e Wu Xinhong, e hanno in mente un proposito molto differente: semplificare la modifica delle foto di paesaggi.
La vicenda, però, prende un'altra piega. Presto il team si rende conto che i fruitori del prodotto sono interessati a modificare, e rendere perfetti, i propri volti piuttosto che i paesaggi. Da bravi uomini d'affari decidono d'adeguarsi alla domanda. Si cambia rotta. "Abbiamo riconosciuto e ottimizzato una buona idea", ha raccontato Bei Gou, ex fotografo ritrattista e ora vice presidente della compagnia.
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Fino ad affinare una serie di app specializzate, disponibili gratuitamente su Google Play e l'Apple store. Dei veri "filtri di bellezza" che vengono addirittura definiti dalle più giovani con l'appellativo di "zipai shenqi", tradotto blandamente: "strumenti divini per selfie". Qualche esempio: MeituPic, Meipai, SelfieCity, BeautyCam, BeautyPlus e Airbrush. Si va dal "trucco" per rendere più chiara la pelle a quello per ridurre il mento, passando per l'ingrandimento degli occhi e uno smartphone (costo base di circa 300 euro) con superfici specchiate e una fotocamera frontale da 21 megapixel ideale, neanche a dirlo, proprio per i selfie.
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"Meitu si colloca nell'intersezione di due forze esplosive", spiega sempre al Wall Street Journal Jeffrey Towson professore alla Peking University di Pechino. Una è l'aumento di naviganti della Repubblica Popolare, che oggi rappresentano il 20 per cento degli internauti mondiali, dovuto a smartphone sempre più accessibili.
L'altra fa leva sull'ascesa delle donne cinesi che, scrive la giornalista di Forbes Yue Wang, da secoli sono "ossessionate dagli occhi grandi e la pelle perfetta"; al punto che appena ventenni iniziano a farsi iniezioni di botox o a viaggiare in Corea del Sud per interventi chirurgici. Un'app che risolve ogni problema estetico con un paio di click non poteva che essere la benvenuta.
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CAI WENSHENG
Il successo di Meitu è di sicuro il miglior emblema del fenomeno. Ma la tendenza è stata notata anche da altri giganti della tecnologia. Huawei, per esempio, ha integrato in alcuni dei propri telefonini un filtro bellezza che, tra le altre cose, elimina le rughe. Mentre Asus ha dotato lo smartphone ZenFone Selfie, presentato al Computex 2015, di una sorta di pochette per i cosmetici: il programma ZenUI Beautification, deputato al trucco in tempo reale.
E al di fuori dei confini asiatici? C'è da dire che i selfie impazzano anche da noi. Basti pensare ai 730 milioni scattati ogni anno dagli italiani o al successo degli effetti vintage dell'app Retrica. Apparire al meglio è desiderio comune. E se c'è il rischio che gli "strumenti divini" di Meitu non siano graditi, visto che i canoni orientali sono dissimili dai nostri, in alternativa possiamo sempre ricorrere alle decine di applicazioni che affollano tanto il negozio digitale di Google, quanto quello della Mela.
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Alcune offrono dei filtri, altre trasformano il cellulare in magici bisturi, matite e pennelli da cipria. Giusto per menzionarne alcune: Facetune (l'app che "ti aiuta ad avere un aspetto da star", per citare il New York Times); YouCam Perfect; Perfect365; Retrica o Makeup Genius, ideata dalla L'Oréal, che permette di provare diversi make-up. Così, promettono, saremo bellissimi. Anche se gli amici potrebbero continuare a pensarla diversamente.